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L’Altopiano svizzero è un agglomerato urbano

Vista aerea su un insediamento
Muri nell'Altopiano svizzero. Noë Flum / 13 Photo

Solo una piccola porzione del territorio svizzero si presta allo sfruttamento agricolo e alla costruzione di edifici. Il resto è montagna. Per questo la striscia mediana di territorio relativamente pianeggiante si è trasformata progressivamente in un unico agglomerato urbano. Ne conseguono inevitabili conflitti, che la pianificazione urbana è chiamata a risolvere.

In Svizzera non ci sono megalopoli, eppure oltre l’80% della popolazione vive in condizioni urbane. Com’è possibile?

La risposta è semplice: la maggioranza della popolazione vive nell’Altopiano. Tutto si concentra in questa striscia di territorio fertile e piuttosto pianeggiante, chiusa tra le Alpi e il Giura: insediamenti, posti di lavoro, industria e agricoltura. A causa delle montagne, solo un terzo del territorio svizzero è abitabile. Il resto è occupato da laghi, fiumi, ghiacciai, rocce e pietraie.

Kai Reusser / swissinfo.ch


La densità di popolazione nell’Altopiano è una delle più elevate d’Europa. “Oggi si può definire l’Altopiano un grande insediamento”, osserva Alain Griffel, professore di diritto all’università di Zurigo, esperto di pianificazione territoriale e diritto edilizio e ambientale.

Conflitti in uno spazio limitato

Poiché l’agricoltura e gli abitati devono spartirsi uno spazio limitato fra le montagne, i conflitti sono inevitabili. L’agricoltura utilizza pesticidi che finiscono nella falda freatica e quindi nell’acqua potabile degli abitanti. L’allacciamento degli insediamenti frammenta le ultime grandi superfici non edificate. Le conversioni in aree edificabili spesso non tengono conto della qualità agricola dei terreni. Anche l’aumento di edifici fuori dalle aree edificabili sono un sintomo dei crescenti conflitti. La pianificazione territoriale cerca di porvi rimedio.

Nell’ambito di una serie vogliamo esaminare le attuali questioni di pianificazione del territorio in Svizzera. 

“Il federalismo è una sfida per la pianificazione territoriale, perché i problemi e quindi anche le condizioni quadro variano molto da un cantone all’altro”, dice Damian Jerjen, direttore di EspaceSuisse, l’associazione svizzera dedicata alla pianificazione territoriale. La Svizzera ha adottato solo nel 1980una legge nazionale sulla gestione del territorio, che distingue le aree edificabili da quelle non edificabili.

I comuni hanno però creato zone edificabili molto generose, provocando nell’Altopiano e anche in alcuni cantoni alpini come il Vallese forti problemi di urbanismo selvaggio. La democrazia diretta ha fatto il resto: poiché in Svizzera la popolazione e i gruppi di interesse partecipano alle decisioni sulla pianificazione territoriale, si arriva spesso a compromessi mediocri. Il risultato è un patchwork caotico: zone edilizie, agricole e industriali si intersecano senza ordine apparente.

Stop all’urbanismo selvaggio, ma a che prezzo?

Con la revisione della legge nel 2014 c’è stato un cambio di paradigma: in futuro la Svizzera vuole densificare gli abitati. “Dobbiamo gestire in modo oculato gli edifici esistenti, perché non ci saranno quasi più nuove zone edilizie”, dice Jerjen. “Dobbiamo rinnovare, densificare e ampliare quel che già esiste.”

Il tema darà molto filo da torcere alla Svizzera nei prossimi anni, ritiene Jerjen. “Lo sviluppo all’interno delle attuali zone edificabili è una sfida”, dice. “Si pone la questione di come garantire spazi abitativi di qualità e spazi liberi attraenti nonostante la densificazione.”

Anche Griffel riconosce che nel passato c’è stato uno sviluppo problematico. “La pianificazione del territorio e il relativo diritto in Svizzera sono stati a lungo un ambito trascurato”, dice. “Con la revisione del 2014 si è però innescata una dinamica positiva. C’è stato un ripensamento.” Il professore guarda perciò al futuro con moderato ottimismo.

La Svizzera dispone di una legge nazionale sulla pianificazione del territorio basato su un uso oculato del suolo e sulla distinzione tra terreni edificabili e non edificabili solo dal 1980.

Nel 2013 gli elettori hanno sostenuto una revisione di legge che intendeva frenare l’espansione urbana. Le zone edificabili che superano la domanda prevista per i prossimi 15 anni sono state riattribuite alle zone agricole o alle zone di protezione.

Il territorio è suddiviso in zone di vita, di lavoro, di agricoltura e di conservazione della natura. In una zona residenziale, ad esempio, non è consentito l’allevamento di bestiame o la gestione industriale. Al contrario, nelle zone agricole non possono essere costruiti complessi residenziali.

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