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L’aiuto umanitario come scuola di vita

Gabriella Bernasconi Walker in Iran durante l'elezione Irachena out-of-country, in qualità di electoral adviser. swissinfo.ch

Delegata del CICR, consulente, formatrice e osservatrice elettorale per l'UE o l'OSCE in Europa, Asia, Africa e America latina. Poche persone hanno alle spalle una così grande esperienza nel campo umanitario, come Gabriella Bernasconi Walker. E ancora oggi la ticinese non ha perso il suo entusiasmo.

Aeroporto di Sarajevo, Bosnia-Erzegovina. La sua voce echeggia al ritiro bagagli intenta a salutare un collega incontrato in giro per il mondo. E la riconosci subito sia che parli in inglese, in francese, in spagnolo o in italiano.

Gabriella Bernasconi Walker ti contagia col suo entusiasmo e la sua simpatia. Tutti la conoscono e tutti chiedono consigli a questa 58 enne ticinese nata a Mendrisio, che, quando non è in missione in qualche angolo del pianeta, vive a Castel San Pietro con la sua famiglia, circondata da molti amici.

Per molti anni impegnata nelle emergenze umanitarie con il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), ora lavora come consulente di alcune grandi organizzazioni internazionali e compie missioni all’estero più brevi, anche per non allontanarsi troppo a lungo dal suo amato Ticino.

Swissinfo.ch l’ha incontrata a Sarajevo dove stava svolgendo una missione di osservazione elettorale per conto dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). E pronta ad analizzare le proposte per un prossimo viaggio di lavoro.

swissinfo.ch: Che cosa l’ha spinta a “mettersi in marcia” nella sua lunga attività in ambito umanitario?

G.B.W.: Da bambina avevo un desiderio: viaggiare. L’idea di andare oltre gli orizzonti a me famigliari mi piaceva molto. E la mia passione era studiare le cartine geografiche di paesi e continenti. Insomma andare a scoprire con i miei propri occhi era il mio grande desiderio. Durante i miei studi a Ginevra, frequentando persone di ogni provenienza, venni a contatto con culture diverse scoprendo che in fondo non erano molte le differenze tra un popolo e l’altro.

swissinfo.ch: Dove e in quanti paesi ha lavorato?

G.B.W.: Svolsi la mia prima missione con la Croce Rossa Internazionale (CICR) in Sri Lanka col compito di visitare i prigionieri al termine del conflitto. Da lì passai in Thailandia dove lavoravo nei campi profughi Kmers sulla frontiera. E poi in Bosnia, durante la guerra. E ancora in Kenya operando per il Sudan ed infine in Israele (Palestina).

Dopo 10 anni sul campo impegnata nell’emergenza, ora lavoro come consulente elettorale per diverse organizzazioni. Sono stata in una ventina di paesi, tra ex Jugoslavia, Caucaso, Asia, America latina e Medio oriente.

swissinfo.ch: Tra questi paesi ce n’è uno che le è rimasto più dentro?

G.B.W.: E’ difficile dire quale sia il paese che mi ha toccato di più. Sono stata bene in Iran per la dolcezza e l’accoglienza che quel popolo dedica ai suoi ospiti, cosi come mi sento assai bene nei Balcani dove sono ritornata per diverse volte. Ma amo anche andare in America latina e in Africa.

swissinfo.ch: Oggi che non fa più missioni di lungo periodo, in che cosa consistono le sue consulenze con organismi internazionali?

G.B.W.: Attualmente svolgo delle consulenze presso le commissioni elettorali, e le missioni a cui prendo parte sono di tre tipi. A volte parto come consulente per la formazione. Durante un periodo determinato, fungo da consigliera elettorale in seno alla Commissione centrale in un certo paese con il compito di aiutarli ad organizzare la loro formazione interna. Altre volte invece sono chiamata ad organizzare la formazione, dirigendo cosi un team di formatori internazionali.

In Nepal per esempio sono rimasta 6 mesi e il mio compito era quello di dare consigli su come si organizza una formazione elettorale. In questi due casi, una volta nel paese, dovevo fare riferimento alle leggi elettorali che, trasformate in procedure, venivano integrate in manuali di formazione pratici e in corsi di formazione.

La terza attività che svolgo in questo ambito è quella di osservatrice elettorale in seno a missioni organizzate dall’UE o dall’OSCE, alla quale la Svizzera prende parte. Come questa in Bosnia. Oltre a ciò occasionalmente ho preso parte a missioni di valutazione di un processo elettorale, come per esempio in Mauritania nel 2009, insieme a quattro colleghi di diverse nazionalità. In quel caso abbiamo dovuto rendere un rapporto per il segretario generale dell’ONU.

swissinfo.ch: Ha mai vissuto momenti brutti o di rischio per l’incolumità?

G.B.W.: Una volta in Congo, poco prima delle elezioni, ho vissuto una brutta avventura: la nostra macchina è stata attaccata e fermata da una folla di rivoltosi armati di bastoni e pietre. Un fatto legato alla violenza elettorale ma, chi doveva provvedere alla nostra sicurezza, non si era attivato a dovere. Nei paesi africani, e soprattutto in Congo, le elezioni sono vissute in maniera molto cruenta anche perché la gente non ha nulla da perdere e i candidati sfruttano questo disagio. E poi gli occidentali sono visti ancora come dei colonizzatori.

swissinfo.ch: Il fatto di provenire da un paese neutrale le da una patente di imparzialità quando si trova in determinati contesti bellici o di contrasti elettorali?

G.B.W.: Sicuramente la tradizione di neutralità del nostro paese è utile e viene vista in modo positivo. In diverse occasioni, in particolare in alcuni paesi, mi è capitato di essere un interlocutore importante proprio grazie alla mia nazionalità svizzera. La stessa considerazione che non hanno altri operatori umanitari o osservatori elettorali di paesi europei o occidentali.

swissinfo.ch: Qual è il ruolo della Svizzera in ambito internazionale?

G.B.W.: La Svizzera svolge un ruolo importante e potrebbe fare in campo diplomatico ancora di più. Per esempio facendosi promotrice di una convenzione per impedire la guerra o i conflitti bellici promuovendo trattati bi o multilaterali e poi facendoli rispettare davanti ad organi preposti.

Oppure penso anche alla possibilità di introdurre in tutti i paesi una regola internazionale o un trattato che stabilisca l’obbligo del certificato penale per i candidati alle elezioni, in modo da evitare che concorrano candidati conosciuti per le loro attività illecite o addirittura per essersi macchiati di sangue.

swissinfo.ch: Cosa si sentirebbe di dire a coloro che vorrebbero avvicinarsi a questa professione?

G.B.W.: Sicuramente lavorare nell’ambito umanitario è una grande opportunità sotto molti punti di vista. Ai giovani ripeto spesso che, nel mondo, ci sono tante diseguaglianze e non c’è modo migliore di capirle se non quello di toccarle con mano viaggiando e magari conoscendo prima la storia, la politica, la situazione sociale dei paesi che si visitano. Andare a vivere con altre culture e in situazioni socio-politiche diverse è certamente una buona scuola di vita. E poi, fondamentale, è il rispetto dell’altro.

Residente a Castel San Pietro, nel canton Ticino, Gabriella Bernasconi Walker, ha seguito una formazione sociale a Ginevra, prima di completare il suo percorso formativo presso l’Istituto di Studi per lo Sviluppo dell’Università di Ginevra (IUED).

Al termine degli studi ha iniziato la sua carriera in campo umanitario, quale delegata del Comitato internazionale della Croce rossa (CICR).

In seguito ha lavorato come osservatrice, formatrice e consulente elettorale, su mandato dell’Unione europea, dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e delle Nazioni unite.

In tale ambito è stata attiva nell’ex Jugoslavia (Serbia, Montenegro, Macedonia, Kosovo, Bosnia), nel Caucaso (Georgia, Armenia), in Africa (RFC, Ethiopia, Mauritania), Asia (Nepal, Bangladesh), America Latina (Peru, Venezuela) e Medio Oriente (Iran, Afghanistan, Tajikistan, Azerbaidjan).

Sarajevo

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