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L’aiuto svizzero in un paese che si rialza

L'ONG svizzera si occupa anche di tramandare le danze tradizionali swissinfo.ch

Dopo il genocidio del 1994 e i suoi 800.000 morti, il Ruanda sta cercando di risollevarsi. L'organizzazione svizzera "Insieme per la pace" partecipa allo sforzo.

Una superficie come il Piemonte, una popolazione pari più o meno a quella svizzera, di cui la metà è composta di minorenni. Prima la guerra e poi il genocidio hanno stravolto la struttura sociale del paese africano.

L’associazone umanitaria svizzera “Insieme per la Pace” ha sede a pochi chilometri da Lugano, in Ticino. L’omonima italiana giunse in Ruanda in pieno genocidio: nell’aprile del 1994 Mariapia Fanfani e Gabriella Caldelari prestarono i primi soccorsi e portarono in Italia un centinaio di bambini feriti che necessitava di cure urgenti.
Gabriella ha poi continuato a tornare regolarmente in Ruanda e da 11 anni ormai opera sul territorio.

Povertà e dignità

In ottobre sono stata laggiù con lei, nei foyers dove 600 orfani, grazie ai padrinati organizzati dall’associazione, vanno a scuola e conducono una vita povera ma dignitosa.
Insieme, abbiamo visitato anche le diverse attività produttive (in ambito agricolo, d’allevamento o d’artigianato, come la panetteria, i laboratori di cucito, di ricamo, il saponificio, ecc ) che nel corso degli anni Gabriella ha realizzato attorno a Kigali, la capitale, coinvolgendo soprattutto le vedove.

L’acqua

“Insieme per la Pace” sussidia pure progetti che avvicinano l’acqua alla popolazione, sia promuovendone di propri, sia partecipando a quelli governativi.
Per non citare che il più recente, l’Associazione sta portando a termine l’acquedotto per il comune di Kanombe, una collina alla periferia della capitale.
L’acquedotto serve 11 villaggi, con 37mila persone. Conta 2 stazioni di pompaggio con 4 pompe e altrettanti motori, 12 cisterne di 50 metri cubi ciascuna; le sue condotte si propagano per più di 26 km e tutti quei 37mila abitanti percorrono oggi al massimo 1,5 km per attingere l’acqua che sgorga dalle 38 fontane. Prima, tra andare e tornare, ogni giorno camminavano anche fino a 30 km.

Una società basata sull’oralità

La rete sociale africana è un tessuto compatto, molto più fitto d’interazioni umane dirette che non il nostro. L’Africa ha una cultura orale, mentre quella occidentale è stata storicamente determinata dallo sviluppo della scrittura.
Il corpo, la presenza fisica e vicina dell’altro, la voce, sono gli elementi portanti della socialità in molti paesi africani. Garantiscono coesione alla collettività, ne costituiscono l’essenza.
La danza, espressione più comune, antica e sempre viva
In Ruanda, ogni occasione di festa viene sottolineata con le danze, basta un tamburo e una buona notizia. Tuttavia i passi, i movimenti rituali oggi rischiano di perdersi.
Venivano insegnati in famiglia, ma chi è rimasto orfano, da chi li impara? “Insieme per la pace”, che per i suoi progetti segue le direttive per uno sviluppo sostenibile, si preoccupa anche di mantenere le tradizioni e la cultura locale. I ragazzi dei foyer seguono così corsi di danza, i pochi anziani tramandano le conoscenze di medicina tradizionale.
Il corpo e poi la voce, dicevo. Per ore e ore i ruandesi possono stare insieme ad ascoltare chi parla, anche in piedi, anche senza cibo né acqua.
L’ho potuto osservare seguendo i processi popolari, le “gacaca” attualmente in corso in tutto il paese.
La voce ha avuto un ruolo importante anche nei regimi totalitari. All’inizio degli anni Novanta dai microfoni di Radio Milles Collines, la voce incitava al genocidio. Per anni l’emittente ha istigato gli hutu al massacro dei tutsi, l’altra etnia del Ruanda.
Con la complicità dei governanti, questo media ha fomentato e banalizzato il crimine. Un’oralità che ha dunque pure i suoi risvolti tragici.

C’è ancora molto da fare

Certo, non tutto – nel paese che sta ricostruendosi – è connotato positivamente. La partecipazione alla vita comunitaria sa infondere dignità anche ai più poveri e la soluzione di una giustizia dal basso (le “gacaca”) mi ha favorevolmente colpita.
Ma il Rwanda ha ancora enormi problemi da risolvere: l’estrema povertà, l’aids, la previdenza sociale, i costi della scuola, le prigioni affollate. La micro-criminalità esiste, ma c’è anche un marcato controllo sociale.
La giustizia ruandese può apparirci troppo severa: si va in prigione, si muore perfino sotto i colpi della polizia per aver rubato un materasso o una sedia. Ma non dimentichiamo che un materasso e una sedia sono, per la stragrande maggioranza dei ruandesi, tutto quanto una persona possiede. Molti non hanno neppure quello.

swissinfo, Elena Spoerl, Kigali

Insieme per la pace è un’associazione fondata in Ticino nel 1994, in seguito agli avvenimenti che sconvolsero il Ruanda.
Per i suoi progetti – adozioni a distanza, acquedotti, laboratori – si basa sulle direttive dell’Agenda 21 del Summit della Terra di Rio del 1992.
Per le donazioni, CCP 69-32616-5

La Direzione per lo sviluppo e la cooperazione svizzera (DSC) è presente in Ruanda con un programma speciale di quattro anni (2005-2008) che intende progressivamente estendere al Burundi e alla Repubblica democratica del Congo.

Secondo la DSC, nel paese africano la situazione è critica per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, il livello di democrazia e le relazioni con gli stati limitrofi.

Il budget totale del programma Grandi Laghi ammonta ad 8 milioni di franchi l’anno, di cui 5 milioni destinati al Ruanda e 3 milioni ad attività nella regione.

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