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L’accusa vuole chiedere oltre 20 anni per Schettino

L'ex comandante interrogato dai pm nel processo che si celebra a Grosseto per il naufragio della Costa Concordia. Un nuovo video depositato dalla Procura

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La Procura di Grosseto è intenzionata a chiedere oltre 20 anni di carcere per Francesco Schettino in relazione al naufragio della Concordia avvenuto il 13 gennaio 2012 davanti all’isola del Giglio in cui morirono 32 persone. Il procuratore Francesco Verusio lo ha riferito a margine del dibattimento in corso al Teatro Moderno di Grosseto dove si sta celebrando il processo a carico dell’ex comandante della Costa Crociere. Per i vari reati ai quali è chiamato a rispondere davanti ai giudici l’imputato potrebbe essere condannato fino a 22 anni di carcere.

Interrogato nell’udienza di martedì su richiesta dei pm, Francesco Schettino ha ribadito la sua strategia difensiva finalizzata ad evidenziare errori e carenze degli ufficiali che si trovavano in plancia la sera del 13 gennaio.

La versione di Schettino

L’imputato, in abito di grisaglia e occhiali scuri, è giunto al Teatro Moderno intorno alle 9.40, poco prima del collegio giudicante. Ai magistrati Schettino ha spiegato le ragioni che l’hanno portato ad avvicinarsi al Giglio: “Considerato anche l’aspetto commerciale volevo prendere tre piccioni con una fava”, vale a dire fare un piacere al maitre Antonello Tievoli, omaggiare l’isola e al comandante in pensione Mario Palombo che soggiorna spesso al Giglio e dare un valore aggiunto alla compagnia. La presenza in plancia dei passeggeri era infatti remunerata alla direzione commerciale con 50-60 euro.

L’inchino era un’abitudine

Del resto la navigazione sotto costa, il cosiddetto “inchino”, “si è sempre effettuata” e “il comandante ha la facoltà di tracciare la rotta ma non ha nessun obbligo di informare l’armatore”. In questo caso, “non essendo pianificata una pianificazione turistica come potrebbe essere in un golfo ma trattandosi di un’accostata non ho avvisato nessuno”.

Dopo aver assicurato il pubblico ministero Leopizzi sul fatto che vedeva bene il radar della nave nonostante portasse gli occhiali (“avevo le lenti a contatto”), il comandante ha chiamato in causa il timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin che aveva già commesso due errori consecutivi durante la manovra di avvicinamento al Giglio. “Non pensai di sostituirlo perché non immaginavo che fossimo in quel punto così vicini all’Isola del Giglio. Altrimenti l’avrei sostituito”, ha precisato Schettino.

Tratto in inganno dal mutismo in plancia

E riguardo alla circostanza che gli ufficiali non gli avessero segnalato che la Concordia si stesse dirigendo sugli scogli l’imputato ha commentato: “O siamo dei kamikaze o avevano tutti paura di parlare o un ufficiale mi ha detto una bugia e la carta nautica è sbagliata”. In questo senso ha asserito di essere stato tratto in inganno dal “mutismo generale” in plancia e di non essere stato distratto dalla telefonata di 30 secondi all’ex collega Palombo, né dall’ordine impartito al comandante in seconda Ciro Ambrosio di mettere il timone manuale mentre la nave procedeva a 15 nodi e mezzo verso l’isola.

Tra le nuove prove depositate negli scorsi giorni dalla Procura maremmana figura un video dei vigili del fuoco in cui si vede Francesco Schettino, in giacca e cravatta, in piedi presso un punto di imbarco di una scialuppa sul ponte esterno della nave, insieme ad alcuni passeggeri e marinai indaffarati.

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