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Kosovo, l’indipendenza non viola la legge

L’insegnante kosovaro-albanese Luljeta Rama presenta la nuova bandiera nazionale agli allievi. Keystone

La Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha riconosciuto valida la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo proclamata nel 2008. La Svizzera figura in prima fila tra i Paesi impegnati nel processo di sviluppo e di riconciliazione nel giovane Stato balcanico.

«La legge generale internazionale non contiene proibizioni all’indipendenza. Di conseguenza la dichiarazione non ha violato la legge generale internazionale», ha dichiarato giovedì il presidente della Corte internazionale di giustizia dell’Aja.

Stando ai giudici della Corte, la proclamazione di indipendenza del Kosovo è coerente anche con la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite in quanto quest’ultima non contiene proibizioni all’indipendenza.

Tale risoluzione era stata adottata il 10 giugno 1999 e aveva posto il Kosovo sotto l’amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite dopo che i bombardamenti Nato avevano posto fine a due anni di guerra.

Approvazione da Berna e Washington

Il Dipartimento degli affari esteri (DFAE) ha affermato che la decisione odierna della Corte di giustizia dell’ONU ha «un grande significato per la stabilizzazione duratura, per lo sviluppo democratico e socio- economico della regione».

Berna si augura che questo giudizio possa portare a «una soluzione consensuale a tutte le questioni pratiche poste dall’indipendenza del Kosovo».

La stessa posizione è stata ribadita anche dagli Stati uniti, che attraverso il portavoce del Dipartimento di Stato americano, P.J Crowley, hanno fatto sapere che appoggiano la sentenza: «La Corte ha stabilito che la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo è legale e noi sosteniamo questa sentenza».

Entusiasmo e rammarico

Come previsto, il giudizio consultivo della Corte non modifica la posizione della Serbia nella vertenza che la oppone al Kosovo. Presente all’Aja, il ministro degli esteri serbo, Vuk Jeremic, ha dichiarato che la Serbia non «riconoscerà mai» la proclamazione di indipendenza. Egli ha anche ricordato che in settembre la «parola passerà all’Assemblea generale dell’Onu», dove si giocherà la prossima partita, questa volta a livello politico, del contenzioso.

Anche Mosca, paladina delle rivendicazioni serbe, ha affermato che la decisione della Corte di giustizia all’Aja non costituisce «una base legale per l’indipendenza del Kosovo».

«Ci aspettiamo che la Serbia venga verso di noi per discussioni», è stato invece il primo commento del ministro degli esteri kosovaro, Skender Hyseni che ha poi invitato gli ultimi cinque Paesi europei a riconoscere la proclamazione del 17 febbraio 2008.

Il presidente del Kosovo ha dal canto suo affermato che con il verdetto sono stati dissipati gli ultimi dubbi sull’indipendenza del piccolo Stato balcanico.

Un giudizio atteso

Due anni e mezzo dopo la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo, la Corte internazionale di giustizia dell’Aja si è dunque pronunciata sulla legittimità della dichiarazione di Pristina.

Anche se il giudizio della Corte non ha carattere vincolante, è tuttavia fondamentale per il riconoscimento a livello internazionale del giovane Stato a maggioranza albanese. Il parere era inoltre particolarmente atteso perché crea un precedente e potrebbe avere importanti implicazioni per altre regioni che aspirano all’indipendenza.

Riconoscimento internazionale rallentato

Nel 2008, la popolazione del piccolo Stato balcanico aveva detto sì a grande maggioranza al referendum per l’indipendenza dalla Serbia, dopo che i colloqui internazionali sullo statuto della regione erano falliti. Pristina ha quindi proclamato la sua indipendenza unilaterale.

Dal canto suo, la Serbia non ha mai riconosciuto il nuovo giovane Stato e lo considera ancora come una sua provincia. Per questo motivo le autorità di Belgrado hanno chiesto all’ONU di incaricare la Corte internazionale di giustizia dell’Aja di giudicare la legittimità dell’indipendenza del Kosovo secondo il diritto internazionale.

Il 10 ottobre 2008, la risoluzione avanzata dalla Serbia è stata accettata dall’Assemblea generale delle Nazioni unite. Così, le autorità di Belgrado sono riuscite a rallentare il riconoscimento internazionale dello Stato del Kosovo, perché molti Paesi hanno atteso il parere della Corte internazionale di giustizia dell’Aja prima di esprimersi a loro volta sulla questione.

L’interesse elvetico

Finora, 69 Stati, fra cui 22 dei 27 Stati membri l’Ue, hanno riconosciuto lo statuto di indipendenza per l’ex provincia serba. Fra questi Paesi, la Svizzera figura in prima fila. Un mese dopo la dichiarazione di indipendenza del Paese balcanico, la ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey ha inaugurato a Pristina la nuova ambasciata svizzera.

Questa intraprendenza elvetica non sorprende. Infatti, la Confederazione è fra i Paesi che si sono impegnati maggiormente negli ultimi anni per sostenere il processo di riconciliazione e di sviluppo nel Kosovo e nell’Europa sudorientale. Dai 8,95 milioni di franchi nel 2006, questo sostegno è passato ai 17 milioni stanziati per il 2010. A questi si aggiungono i 50-60 milioni l’anno per sostenere i 220 soldati svizzeri attivi per la Forza multinazionale del Kosovo (KFOR).

La comunità kosovara in Svizzera

In Svizzera vivono tra i 170 e i 190mila kosovari, ossia circa il 10% della popolazione del piccolo Stato balcanico. Si tratta della più grande comunità di espatriati kosovari dopo quella residente in Germania.

Il legame particolare che lega la Svizzera e il Kosovo risale al 1965, quando Berna e Belgrado – capitale dell’ex Jugoslavia di cui l’ex provincia serba faceva parte – hanno siglato un accordo che ha portato nella Confederazione numerosi lavoratori kosovari, manodopera per l’economia elvetica.

Con il “modello dei tre cerchi”, all’inizio degli anni Novanta la politica di immigrazione in Svizzera è cambiata repentinamente per i lavoratori jugoslavi, cui era negato il diritto di accedere al mercato del lavoro elvetico. Durante la guerra civile nei Balcani, la Confederazione è diventata poi un approdo sicuro per molti rifugiati.

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La popolazione del Kosovo è di circa 2,1 milioni (stima del 2007), di cui il 93% è di religione mussulmana e il 5% serbo-ortodossa. La superficie dello Stato balcanico è di 10’887 km2 (Svizzera: 41’285 km2). Le lingue ufficiali sono albanese e serbo.

Dopo la Seconda guerra mondiale: la provincia del Kosovo gode di uno statuto di autonomia, ancorato nel 1974 nella Costituzione della Federazione jugoslava.

1989: il presidente serbo Slobodan Milosevic annulla lo statuto di autonomia e invia l’esercito in Kosovo per sedare le proteste.

1998: decine di migliaia di kosovari abbandonano le loro case in seguito ad un’offensiva condotta da Belgrado contro l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK).

1999: la Nato lancia una serie di attacchi aerei contro la Serbia per porre fine al conflitto tra le forze serbe e gli indipendentisti albanesi. Dopo due mesi e mezzo di bombardamenti, 50’000 soldati della Nato vengono stazionati in Kosovo e la provincia viene posta sotto il protettorato dell’Onu.

2007: il leader separatista Hashim Thaci vince le elezioni parlamentari e preannuncia la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo.

17 febbraio 2008: il primo ministro kosovaro Hashim Thaci dichiara il Kosovo uno Stato «indipendente, sovrano e democratico».

27 febbraio 2008: la Svizzera riconosce l’indipendenza del Kosovo e instaura relazioni diplomatiche e consolari con questo nuovo paese dei Balcani.

28 marzo 2008: la ministra degli esteri svizzera inaugura l’ambasciata elvetica a Pristina.

8 ottobre 2008: l’Assemblea generale dell’ONU ha approvato la risoluzione avanzata dalla Serbia di chiedere alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja una perizia sulla legittimità dell’indipendenza del Kosovo.

In Svizzera vivono da 170 a 190 mila espatriati kosovari, ossia quasi il 10% della popolazione residente in Kosovo. Si tratta della la più folta comunità di espatriati kosovari, dopo quella che si trova in Germania.

La Confederazione partecipa dal 1999 alla missione di pace delle truppe internazionali KFOR (Kosovo Force), guidate dalla Nato. Circa 220 soldati svizzeri della Swisscoy sono stazionati in Kosovo. Il loro impiego è stato prolungato dalle camere (Consiglio nazionale, Consiglio degli Stati) almeno fino al 2011.

La Svizzera figura tra i principali paesi donatori del Kosovo. La Direzione della cooperazione e dello sviluppo (DSC) e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno impiegato 13 milioni nel 2009 e hanno stanziato 17 milioni per il 2010 per i programmi nel Kosovo.

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