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Il sogno di Sirine

Il Senato italiano si appresta ad esaminare il disegno di legge sullo ius soli. Ma cosa significa per una giovane straniera nata in Italia acquisire la cittadinanza? Tvsvizzera.it ha incontrato la promessa del pugilato Sirine Chaarabi.

Sirine Charaabi è una promettente giovane pugile, già campionessa italiana, che passa la maggior parte del suo tempo in palestra a San Prisco, nella provincia di Caserta. Parla con un delicato accento campano ma non è ancora italiana. Sirine è nata in Tunisia, i suoi genitori l’hanno portata in Italia all’età di due anni, sporadicamente torna nel suo paese d’origine per le vacanze, ma la sua vita, gli studi e la passione per la boxe li ha vissuti in Italia.

Sirine ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica Italiana perché ha il sogno di partecipare al campionato del Mondo di pugilato femminile con la maglia della nazionale italiana. Sirine non può prendere parte alle gare internazionali fin quando non avrà ottenuto la cittadinanza italiana. 

Sirine spera che le istituzioni le riconoscano i meriti sportivi consentendole di gareggiare. Lo scorso maggio la giovane pugile ha compiuto diciotto anni e, come disposto dalla legge, una volta maggiorenne ha potuto fare richiesta per ottenere la cittadinanza italiana. Troppo tardi per poter partecipare a due gare importanti. Sirine ha già mancato il campionato d’Europa che si disputa in questi giorni in Bulgaria ed anche per i mondiali del prossimo autunno non si farà in tempo, a meno di un miracolo. L’iter burocratico per ottenere la cittadinanza italiana, una volta presentata la domanda, può durare da sette mesi a due anni. Per la maggior parte delle richieste si verifica la seconda ipotesi.

Sirine si allena da sola in palestra, o con atleti maschi, le sue amiche sono partite per gareggiare in Bulgaria. Si sente discriminata perché sente di essere italiana, intimamente lo è sempre stata. Tale è la consapevolezza della sua identità che quando la nazionale di pugilato tunisina le ha proposto di gareggiare con la maglia della Tunisia ha rifiutato.

Sirine è diventata portavoce di più di un milione di ‘nuovi italiani’ ragazze e ragazzi, bambine e bambini, che come lei vivono in difetto per via della cittadinanza. Figli di immigrati, nati in Italia o arrivati da piccoli, che frequentano le scuole italiane e che restano in attesa che gli vengano riconosciuti quei diritti di cui godono i loro coetanei italiani. In questo lasso di tempo, fino ai vent’anni di età, loro non possono partecipare a gite scolastiche all’estero, non hanno accesso al progetto Erasmus, non possono essere iscritti agli ordini professionali.

‘Ius soli temperato’

In Italia attualmente vige la regola dello ius sanguinis, ovvero la cittadinanza italiana è automatica solo per i figli dei cittadini italiani. Il Senato sta discutendo la legge indicata come ‘ius soli temperato’ che, se approvata, estenderebbe automaticamente questo diritto di cittadinanza ai figli di quegli immigrati che hanno posizione stabile e regolare in Italia da almeno cinque anni, a condizione che i bambini siano arrivati in Italia prima dei dodici anni di età, e che abbiano compiuto almeno un ciclo di studi nelle scuole italiane.

Nel 2004 la comunità di Sant’Egidio presentò la prima proposta di legge di iniziativa popolare sullo ius soli. Il testo attualmente in discussione è la sintesi di venti proposte di legge arrivate in parlamento nel corso degli anni, è stato scritto dalla maggioranza di centro sinistra. Questa legislatura sembrerebbe offrire le migliori condizioni per portarla all’approvazione. Il governo Gentiloni è disposto a porre la fiducia. La destra, il movimento 5 stelle e la Lega Nord sono fermamente contrari ed hanno presentato oltre 40.000 emendamenti per bloccarla.

Khalid Chaouki, deputato del Partito Democratico, è tra i promotori della legge. Lui stesso è figlio di immigrati ed è originario del Marocco. All’età di ventuno anni ha ottenuto la cittadinanza italiana ed ha potuto iscriversi all’albo italiano dei giornalisti. Per Khalid Chaouki, questa legge è più che mai necessaria: “Si tratta di colmare un ritardo legislativo e politico – afferma nel servizio. Bisogna superare i pregiudizi e riconoscere quello che è il futuro dell’Italia. Sono ragazzi che non tolgono diritti a nessuno. Anzi sono ragazzi che già oggi stanno dando un grande contributo alla società italiana”.

Di tutt’altre vedute è Gianmarco Centinaio, presidente del gruppo della Lega Nord al Senato. Centinaio considera i figli degli immigrati strettamente legati alla famiglia di origine, con le sue regole e tradizioni. Il senatore sostiene inoltre che, come prevede la legge odierna, il figlio di immigrati può decidere in seguito se acquisire anche la cittadinanza italiana, ma è necessario che abbia maturato le facoltà decisionali, ovvero che abbia raggiunto la maggiore età.


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