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Italiano in Svizzera: storia d’amore e indifferenza

La Svizzera? Un campo di studio stimolante per il linguista Bruno Moretti swissinfo.ch

L’italiano vola sulle ali della cultura e dell’emigrazione, un volo sostenuto dalla terza edizione della Settimana della lingua italiana nel mondo. Ma che italiano si parla nella Confederazione elvetica?

Con l’aiuto del linguista Bruno Moretti, swissinfo ha fatto il punto sulla situazione dell’italiano in Svizzera.

Italiano lingua di cultura. Italiano lingua della musica, della moda e perché no anche dello sport. Pare che in Giappone esista una trasmissione televisiva interamente dedicata al campionato italiano di serie A. Il titolo? «Calcio».

In un paesino delle Marche invece capita di incontrare molti coreani. Si fermano un anno, forse due, imparano la lingua e soprattutto il bel canto. Sembra che ai musicisti coreani il soggiorno in Italia sia indispensabile per trovare degli sbocchi professionali.

Ma l’italiano nel mondo non si è diffuso solo grazie al vettore della cultura. Non bisogna dimenticare i grandi flussi migratori che dall’Ottocento si sono protratti fino agli anni Settanta del secolo scorso.

Il passato però, si sa, non basta ad alimentare il futuro e allora ben vengano iniziative come la «Settimana della lingua italiana nel mondo», arrivata quest’anno alla terza edizione (20-25 ottobre), che si occupano per così dire delle pubbliche relazioni della lingua.

«Iniziative del genere agiscono soprattutto a livello sociale alto, tra chi già è interessato a determinate tematiche culturali», commenta Bruno Moretti, professore di linguistica italiana all’Università di Berna. «Ma possono avere anche delle ricadute più vaste. Constatare l’esistenza di una manifestazione ufficiale, costellata di grandi nomi, può contribuire a dar maggiore prestigio alla lingua italiana».

Italiano lingua del territorio

In Svizzera, paese dove l’italiano non è solo “importato” ma è presente sul territorio ed è riconosciuto come lingua nazionale, questo lavoro sull’immagine della lingua è particolarmente importante.

È importante per chi vive in Ticino e nel Grigioni italiano e spesso, a causa di parole derivate dal sistema istituzionale elvetico – introvabili nei vocabolari – di una pronuncia diversa dallo standard tv e di un attaccamento al dialetto relativamente forte, ha l’impressione di non parlare sufficientemente bene l’italiano.

«Nella Svizzera italiana c’è un senso d’inferiorità abbastanza diffuso nei confronti degli italofoni d’Italia», constata Moretti. «In realtà quando si fa notare alla gente che ci sono delle differenze anche tra le varie regioni italiane, che esistono diverse espressioni regionali per designare la stessa cosa e che queste espressioni non sono sempre comprese dagli altri italiani, allora capiscono che anche le loro parole sono legittime».

L’emigrazione e la sfida della famiglia



Ed è importante anche per i figli dell’emigrazione che in questo modo vedono valorizzate le proprie radici. «Nei decenni scorsi, l’immigrazione è arrivata a raddoppiare a livello demografico la presenza dell’italiano su suolo svizzero. I dati dell’ultimo censimento però indicano un calo dell’italiano fuori dal territorio italofono».

Un segno che le nuove generazioni si sono ormai adattate a parlare tedesco o francese dimenticando l’italiano dei loro genitori? «La situazione non è molto chiara,» commenta Moretti «certo l’italiano è calato nell’indicazione della lingua principale, ma questo non vuol necessariamente dire che le persone in questione non parlino più italiano».

Diversi studi hanno dimostrato che l’italiano è stato trasmesso bene alla seconda generazione. Ora la grande incognita è la terza generazione. «Al giorno d’oggi» fa notare l’italianista «la lotta per la difesa dell’italiano nei territori di lingua tedesca e francese si combatte nella famiglia, le vecchie glorie, la grande cultura non bastano».

Italiano lingua franca

L’emigrazione italiana in Svizzera ha portato con sé anche un fenomeno particolare. Nei settori in cui erano attivi molti lavoratori italiani, l’edilizia per esempio, la lingua di quest’ultimi si è diffusa anche fra gli altri lavoratori come lingua di comunicazione.

Spagnoli, portoghesi, ma anche turchi e jugoslavi, spesso prima del tedesco o del francese hanno imparato l’italiano. Da quando è stato studiato per la prima volta negli anni Settanta, il fenomeno dell’italiano come lingua franca è sempre stato dato per moribondo. In realtà ancora oggi è possibile trovare degli esempi che dimostrano la vitalità di questa lingua.

«Chi ha imparato l’italiano continua ad usarlo» constata Moretti. «Basta uscire dalla sede dell’Università di Berna ed è possibile entrare in un negozietto di alimentari gestito da un turco che parla molto bene l’italiano e l’ha imparato qui. È possibile andare al ristorante di fronte e constatare che i proprietari sono sì italiani, ma i camerieri sono jugoslavi, turchi, spagnoli e tutti parlano italiano».

Una politica linguistica bicefala

Anche se ben presente in Svizzera, l’italiano resta una lingua di minoranza, una lingua che in conseguenza del principio di territorialità è ben difesa e valorizzata in Ticino e nel Grigioni italiano ed è invece lasciata a sé stessa altrove.

«Se pensiamo all’italiano come lingua di minoranza di uno stato nazionale, possiamo senz’altro dire che l’italiano in Svizzera è una delle lingue di minoranza meglio tutelate al mondo. Basta pensare all’immenso investimento in mass media sul territorio di lingua italiana».

Sull’altro piatto della bilancia pesa la posizione molto debole dell’italiano nelle restanti regioni linguistiche del paese. I licei ad esempio mettono l’italiano sullo stesso piano di altre lingue straniere, con la conseguenza che inglese e spagnolo hanno di gran lunga superato l’italiano nelle preferenze degli allievi.

Si tratta di un’evoluzione dalla quale Bruno Moretti mette in guardia: «L’inglese come prima lingua straniera per tutti? È pericoloso prendere delle decisioni così radicali basandosi su informazioni incomplete. Il modello svizzero d’interazione tra le varie comunità linguistiche ha funzionato bene fino a poco tempo fa. Rovesciare tutto in un colpo solo e partire in una nuova direzione potrebbe rivelarsi un grave errore».

È innegabile che la politica linguistica svizzera sia caratterizzata da una forte tensione tra il concetto di lingua nel territorio e lingua fuori dal territorio. «Le lingue nazionali svizzere sono lingue che vivono e vengono tutelate all’interno dei loro rispettivi territori», conclude Moretti. «Nessuno si preoccupa dell’italiano al di fuori del territorio italofono e questo in fondo è il grande problema».

swissinfo, Doris Lucini

470’000 persone indicavano nel 2000 l’italiano come lingua principale (6,5%), circa la metà vive nel territorio italofono della Confederazione
Il 64% della popolazione indica il tedesco come lingua principale
Il 19,5% francese
Lo 0,5% romancio (la quarta lingua nazionale svizzera)
Il 9,5% un’altra lingua

L’italiano in Svizzera è una lingua di minoranza, presente tuttavia come lingua principale di determinati territori, Ticino e Grigioni italiano, e come lingua degli immigrati italiani nelle altre zone linguistiche della Confederazione.

Gli immigrati italiani hanno fatto della loro lingua una lingua franca, attraverso la quale comunicavano con migranti provenienti da altri paesi. Spagnoli, portoghesi, turchi arrivati in Svizzera imparavano spesso l’italiano prima del tedesco o del francese. Il fenomeno è in regresso, ma non è ancora morto.

Il principio di territorialità che governa la politica linguistica svizzera fa sì che al di fuori del territorio italofono l’italiano sia poco tutelato. Negli ultimi anni, con la riforma della maturità, l’italiano ha perso terreno nelle scuole della Svizzera tedesca e francese.

Sembra delinearsi un modello che vuole l’inglese come prima lingua straniera per tutti a scapito della comunicazione diretta tra le varie regioni linguistiche del paese.

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