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Italia: non paga l’Iva, Booking sotto inchiesta

Sotto inchiesta in Italia KEYSTONE/GAETAN BALLY sda-ats

(Keystone-ATS) La svolta all’indagine è venuta con una rogatoria all’Olanda e la richiesta d’incamerare documenti che circoscrivano nero su bianco qual è il giro d’affari di Booking.com in Italia.

L’ha inoltrata la Procura di Genova che ha messo sotto inchiesta per la prima volta il colosso dell’e-commerce, accusato di evadere l’Iva in Italia.

Gli investigatori stanno analizzando le transazioni concluse tramite l’agenzia di viaggi online, da chi propone case vacanza e non ha appunto una partita Iva. L’imposta, agli occhi degli inquirenti, è dovuta. La notizia è riportata da numerosi giornali italiani, tra cui Il Secolo XIX, La Repubblica, La Stampa e il Fatto quotidiano.

Ma mentre chi mette a disposizione l’ immobile può cavarsela dichiarando il ricavo al netto della commissione corrisposta a Booking, quest’ultimo secondo le accuse dovrebbe saldare proprio l’Iva – e proprio per le commissioni sulla mediazione ottenute dal partner italiano – che altrimenti sfugge all’erario.

L’input agli accertamenti, condotti dal pool reati economici del capoluogo ligure, è venuto durante l’estate, con l’audizione di centinaia di proprietari di alloggi perlopiù sul mare: una volta interpellati, hanno spiegato con chiarezza che dell’Iva non s’è mai curato nessuno.

L’azienda olandese, alla voce “tasse locali” del sito e nell’area destinata a ragguagliare i collaboratori sui principali dubbi, rimarca che “non applichiamo l’Iva ai nostri partner, ma calcoliamo la commissione sull’importo totale addebitato all’ospite”. Soprattutto, laddove restino perplessità sul tema, si rimanda a una consulenza delle “autorità locali” ed è evidente che la materia è considerata di esclusiva competenza italiana, non di chi opera dai Paesi Bassi.

Nell’ultimo triennio, in Italia, era stata la Procura di Milano a coordinare fascicoli di più ampio respiro sull’evasione di altri colossi web: Apple ha raggiunto un accordo con l’ Agenzia delle entrate nel 2015 per 318 milioni, nel 2017 hanno fatto pace con il Fisco Google con 306 milioni e Amazon con 100, nel novembre di quest’anno è stata la volta di Facebook, che ha chiuso la procedura a 106 milioni. I riflettori su Booking erano stati accesi poco prima di Natale pure dall’Antitrust.

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