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Iran: la Svizzera apre una breccia

Manifestazione in favore di prigionieri politici sulle strade di Theran Keystone

Una delegazione del Dipartimento degli affari esteri è rientrata dalla missione in Iran. Aperta una breccia in favore dei diritti umani.

Di ritorno a Berna, l’ambasciatore Peter Maurer, capo della delegazione, illustra i risultati a swissinfo.

La diplomazia elvetica si attiva anche in Medio Oriente. Una delegazione del Dipartimento federale degli affari esteri è infatti partita alla volta di Teheran. I dibattiti fra la delegazione elvetica e le autorità iraniane hanno toccato numerosi temi sensibili. La ratifica degli accordi internazionali sui diritti dell’uomo e la riforma del sistema penitenziario sono stati centrali.

I delegati, di ritorno a Berna, hanno espresso la loro soddisfazione per i risultati dei primi colloqui e contano di tornare in Iran nella prima metà del 2004.

swissinfo ha parlato con il responsabile della delegazione, l’ambasciatore Peter Maurer, sui risultati concreti di una missione particolare, volta ad avvicinare il paese musulmano agli standard internazionali.

swissinfo: Il viaggio ha voluto aprire un dialogo sui diritti umani. Quali contenuti avete voluto conferire all’incontro con un paese fortemente criticato per la sua situazione interna?

Con «dialogo» intendiamo la costruzione di un contatto continuo con le autorità iraniane per discutere apertamente la situazione.

In secondo luogo cerchiamo di favorire il contatto fra esperti dei due paesi che si occupano dei diritti umani. Pensiamo in primo luogo a specialisti che conoscono il sistema legislativo e l’esecuzione delle pene.

In terzo luogo, grazie a questi incontri, sceglieremo le soluzioni più efficaci per dare avvio ad una collaborazione che migliori la situazione.

Come quarta cosa, abbiamo cercato dei contatti che vogliamo mantenere per discutere sull’applicazione dei diritti umani.

swissinfo: come siete stati accolti dalle autorità iraniane?

Ha avuto un’impressione positiva della disponibilità dimostrata. Dobbiamo però renderci conto che parlare di diritti umani in Iran non è una cosa semplice. Ma anche lì si è coscienti che c’è lo spazio per migliorare.

Chi viene da fuori deve comunque fare molta attenzione. Le autorità sono molto sensibili al tono con cui si affrontano questi argomenti. Non deve sembrare un’accusa.

Ci siamo comunque accorti che molti temi che abbiamo messo sul tavolo, fanno già parte di un dibattito aperto nella società e negli ambienti politici iraniani.

Credo che la questione dei diritti umani sia un punto di disaccordo importante fra governo e parlamento, da una parte, e le autorità religiose, dall’altra.

swissinfo: Ritiene che la Svizzera sia credibile nel suo ruolo di osservatrice e partner per un dibattito tanto delicato con le autorità di Theran?

Siamo stati accolti con generosità e credo che le autorità iraniane si sentano più libere di parlare con un piccolo paese come la Svizzera, rispetto ad altri paesi occidentali più potenti.

È una questione di approccio. Noi siamo convinti che, grazie alle nostre buone relazioni, sia possibile aprire nuovi campi di collaborazione.

swissinfo: Cosa avete raggiunto concretamente?

Abbiamo concordato di elaborare insieme degli standard minimi, corrispondenti ai livelli internazionali, per le prigioni del paese. Prossimamente vogliamo definire i traguardi esatti di questo progetto.

Inoltre abbiamo concordato di mantenere un contatto costante con le autorità giudiziarie e quelle responsabili della detenzione per definire insieme i compiti futuri.

swissinfo: L’Iran è stato messo dagli Stati Uniti fra i paesi del cosiddetto «asse del male» e le agenzie internazionali indicano che il paese persegue attualmente un programma di sviluppo per armi atomiche. Che importanza ha questa immagine nell’accesso al dialogo?

Per me era chiaro che in questi due giorni di incontro anche il tema armi atomiche doveva essere discusso.

Certamente spero che si possa trovare un accordo con l’Agenzia internazionale dell’energia atomica. Se non si arriverà ad un accordo internazionale su questo tema, ci saranno sicuramente delle ripercussioni sul dialogo che tocca i diritti umani.

swissinfo: Perché impegnarsi proprio in Iran, un paese con grandi problemi sul piano della democrazia, intesa in senso occidentale?

L’Iran è un paese musulmano e un importante attore nella regione. A livello internazionale è inoltre uno dei paesi che dominano il Gruppo dei 77, l’unione di 77 paesi in via di sviluppo all’interno delle Nazioni Unite.

Credo che un dialogo sia di cruciale importanza per la comprensione della ricezione musulmana dei diritti umani. Questo ha un’importanza ben oltre i confini dell’Iran.

I progressi ottenuti in quel paese avranno un impatto anche negli altri paesi islamici e in generale per una discussione universale sul valore del rispetto della dignità e dei diritti di ogni individuo.

swissinfo, intervista a cura di Jonathan Summerton
(traduzione: Daniele Papacella)

Il dialogo tra Berna e Teheran si concentra sul problema dell’esecuzione delle pene: migliorare le condizioni detentive nelle carceri iraniane e la formazione del personale penitenziario, trovare forme alternative alle punizioni corporali.

Si è parlato inoltre di pena di morte. Non si crede in un’abolizione in tempi brevi. Positivo è ritenuto l’abbandono della lapidazione, mentre sulle amputazioni e la flagellazione non vi è dibattito.

L’Iran ha mostrato interesse per i tribunali arbitrali svizzeri. Mediante la ricerca di un accordo extragiudiziale tra le parti è possibile infatti evitare l’applicazione di pene draconiane.

Il dialogo tra i due Paesi proseguirà nel 2004 in Svizzera. Il traguardo è la ratifica della convenzione Onu contro la tortura e la discriminazione delle donne.

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