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“Roma, un ponte tra Svizzera e Unione Europea”

Buon vicinato? Keystone

Benedetto Della Vedova, sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri italiano, ha incontrato martedì a Berna Pascale Baeriswyl, segretario di Stato del Dipartimento federale degli esteri elvetico, e mercoledì a Bellinzona il presidente del governo ticinese Manuele Bertoli e i ministri cantonali Norman Gobbi e Claudio Zali. Il Corriere del Ticino gli ha posto alcune domande su situazione e prospettive dei rapporti italo-elvetici.


Quali sono i temi principali trattati nei suoi incontri a Berna e a Bellinzona?

«Quello con la Svizzera è per noi un rapporto privilegiato, consolidatosi in anni di proficua collaborazione sia bilaterale sia sulle tematiche europee, internazionali e multilaterali. La vicinanza geografica e la diffusione dell’italiano, lingua ufficiale della Confederazione, rendono intenso questo rapporto: a livello bilaterale, esso si sviluppa in un’articolata collaborazione transfrontaliera e in un dialogo strutturato in settori strategici come quelli finanziario, fiscale, energetico e dei trasporti. 

Benedetto Della Vedova Keystone

Inoltre, la prima comunità straniera in Svizzera è quella italiana e oltre 70.000 italiani varcano ogni giorno il confine per lavorare nei tre cantoni vicini. La mia visita a Berna e a Bellinzona intende testimoniare la specialità e l’intensità di questo rapporto. I temi di discussione non mancheranno: a quelli citati si aggiungeranno i temi della collaborazione economica e quelli europei, a cominciare dalla libera circolazione delle persone e dalle politiche migratorie».

L’intesa tra Svizzera e Italia del 2015 prevedeva anche una seconda parte (Road map) in cui erano presenti i capitoli legati a frontalieri, Campione, accesso delle banche svizzere al mercato italiano dei servizi finanziari. Su questi capitoli però accordi finali non sono stati ancora ufficializzati. Qual è dunque la situazione ora e cosa prevede al riguardo?

«La Road map si traduce in vari segmenti negoziali. Per ciò che riguarda l’accordo sulla tassazione dei frontalieri, il testo è stato “fissato” con la parafatura. In quella stessa sede l’Italia ha dichiarato, e la Svizzera ha preso nota, che la firma avrebbe seguito due condizioni: una soluzione “euro-compatibile” all’iniziativa popolare del 9 febbraio 2014 sull’immigrazione di massa e la cessazione delle discriminazioni verso i frontalieri italiani. Su questo secondo punto resta la questione del casellario giudiziale in Ticino, misura discriminatoria e contraria agli accordi con l’UE. È quindi l’Italia ad attendere delle determinazioni da parte svizzera. 

Quanto a Campione, il negoziato procede in modo costruttivo su diverse questioni tecniche. La questione dell’accesso al mercato finanziario italiano fa parte dell’ongoing dialogue annesso alla Road map, su cui continuare a lavorare in una prospettiva di più lungo termine, tenendo conto della normativa dell’UE».

Con il Canton Ticino ci sono alcuni motivi di polemica. Nel cantone è presente una critica sul numero attuale di frontalieri italiani indicato come eccessivo e l’Italia d’altro canto ha appunto espresso dissenso su alcune misure qui adottate. Ultimamente ci sono state poi anche le polemiche sulla chiusura notturna di alcuni valichi da parte svizzera. Qual è la sua opinione sui rapporti Ticino-Italia?

“Al Ticino ci uniscono intensi legami storici, economici, culturali e linguistici; tuttavia, dinanzi ai diffusi pregiudizi anti-italiani e a misure chiaramente discriminatorie, come quella del casellario giudiziale, non possiamo sottacere una certa insoddisfazione.” 

«Ci dispiace assistere alla enfatizzazione di elementi divisivi, laddove il cantone italofono potrebbe fare da “ponte” fra i due Paesi. Al Ticino ci uniscono intensi legami storici, economici, culturali e linguistici; tuttavia, dinanzi ai diffusi pregiudizi anti-italiani e a misure chiaramente discriminatorie, come quella del casellario giudiziale, non possiamo sottacere una certa insoddisfazione. 

Occorre superare l’immagine fuorviante che alcuni media ticinesi danno dell’Italia. La chiusura – peraltro unilaterale – dei valichi avviene tra l’entrata in vigore dell’Accordo di Polizia e la pubblicazione degli ottimi dati sulla sicurezza a Lugano: ci sembra una contraddizione ma non polemizziamo su questo. Il 20% delle esportazioni ticinesi è diretto verso l’Italia e la presenza italiana in termini di lavoratori e capitali è un punto forte dell’economia ticinese. A mio avviso, dobbiamo recuperare il senso della collaborazione anche industriale fra Lombardia, Piemonte e Ticino, che storicamente hanno tratto grande vantaggio dal loro legame. I nostri ministri degli Esteri ne potranno parlare in ottobre al Forum di dialogo bilaterale che non a caso quest’anno si terrà a Lugano».

Per quel che riguarda il versante degli accordi Unione europea-Svizzera, quale linea concretamente il Governo italiano intende seguire sul dossier Bruxelles-Berna?

«L’Italia è sempre stata molto attenta a comprendere le necessità svizzere e a farsene tramite presso le istituzioni europee. Per noi, così come per gli altri Paesi dell’UE, la libertà di circolazione rimane fondamentale, ma crediamo che lo sia anche per la maggioranza degli svizzeri. Abbiamo quindi apprezzato il testo legislativo adottato dall’Assemblea federale a fine 2016 e confidiamo che la legge verrà applicata in modo compatibile con la libera circolazione delle persone. In questa fase di emanazione da parte svizzera dei decreti attuativi della legge sugli stranieri, l’Italia vuole contribuire alla ricerca di soluzioni negoziate. Incoraggiamo dunque la Svizzera a continuare il dialogo con le istituzioni europee sulle questioni attualmente in sospeso, come confermato dai recenti colloqui a Roma tra il presidente del Consiglio Gentiloni e la presidente Leuthard. In questi mesi la UE e la Svizzera hanno dimostrato chiaramente di essere in grado di dialogare e di trovare soluzioni praticabili. Ciò fa ben sperare per i negoziati tra Bruxelles e Berna e l’Italia continuerà a fare la sua parte. 

Mi lasci concludere dicendo che Svizzera, Italia e UE avranno tanto più successo in termini di prosperità e sicurezza quanto più sapranno aprirsi e stringere la cooperazione, non il contrario».

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