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Le grandi orecchie di Leuk e i torbidi legami americani

Le antenne di Leuk sono in parte gestite dal Dipartimento della Difesa e in parte da una società che fa capo a una grande azienda americana. Keystone

La vicenda Datagate ha riportato sotto la luce dei riflettori la stazione satellitare di Leuk, in Vallese. Da anni si sospetta che l’azienda a cui appartiene collabori con l’intelligence americana. Anche se però si avverasse che questa società intercetta comunicazioni all’estero per conto della NSA, non vi sarebbe nulla di illegale.

Percorrendo la strada che da Briga conduce a Sion, in Vallese, è praticamente impossibile non notarle. Sul versante nord della Valle del Rodano, sul territorio del comune di Leuk, decine di enormi paraboliche bianche svettano nel cielo.

Dalle rivelazioni dell’ex collaboratore della CIA e della NSA Edward Snowden, le «grandi orecchie» di Leuk, come sono state soprannominate, sono decisamente tornate alla ribalta. «Sono certo che la Svizzera ha un accordo di scambio con la National Security Agency. Infatti gli americani sono molto coinvolti nella stazione [satellitare terrestre] di Leuk», ha ad esempio recentemente dichiarato a swissinfo.ch Duncan Campbell, giornalista investigativo inglese che per primo nel 1988 aveva svelato il programma di sorveglianza ECHELON.

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“Hanno distrutto il sistema”

Questo contenuto è stato pubblicato al Il giornalista e scrittore è stato consulente della rivista tedesca Der Spiegel nell’ultima indagine sulle installazioni per le intercettazioni della NSA, ai ripari da controlli grazie all’immunità diplomatica, che vengono utilizzate per effettuare massicci ascolti elettronici, di solito dai piani alti delle ambasciate degli Stati Uniti. Sulla base di un documento del 2010 fornito dall’ex…

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Più che di stazione bisogna parlare di stazioni. Il sito è infatti diviso in due aree. Una – la più piccola – è di proprietà della Confederazione. Le antenne, gestite dal Dipartimento federale della difesa (DDPS), fanno parte del sistema di spionaggio svizzero Onyx, che permette di intercettare le comunicazioni internazionali civili e militari che transitano via satellite.

A far sospettare che la NSA abbia un accesso diretto – e non indiretto tramite i servizi segreti svizzeri – alle «grandi orecchie» di Leuk è però soprattutto la seconda area. I 150’000 metri quadrati, ricoperti da oltre 50 antenne, sono di proprietà della Signalhorn SA, una società iscritta al registro di commercio svizzero appartenente alla Signalhorn Trusted Networks GmbH, con sede a Backnang, in Germania.

Tra il sito gestito dai militari e quello civile non vi è nessun legame, ci indica per e-mail il DDPS. L’unico collegamento è un «contratto di prestazione», tramite il quale la Signalhorn si occupa della manutenzione tecnica delle antenne del DDPS.

«Non abbiamo alcun contatto e non scambiamo dati con la NSA», ha ribadito a fine ottobre il ministro della difesa Ueli Maurer.

Affermazioni che non hanno convinto praticamente nessuno e che un documento pubblicato dal quotidiano spagnolo El Mundo sembra smentire in pieno: in questa lista stilata dagli Stati Uniti sul grado di cooperazione dei paesi alle attività della NSA, la Svizzera si trova nel secondo gruppo, alle spalle di Gran Bretagna, Australia, Canada e Nuova Zelanda.

L’ex ministro di giustizia e polizia Christoph Blocher, dello stesso partito di Ueli Maurer, ha dal canto suo dichiarato alla Schweiz am Sonntag: «È chiaro che la Svizzera collabora con i servizi di informazione americani».

Anche per il consigliere nazionale ecologista zurighese Balthasar Glättli esiste senza ombra di dubbio una cooperazione. «Già alcuni anni fa, il portavoce del Dipartimento della difesa aveva dichiarato a un settimanale che vi era una sorta di collaborazione tra servizi segreti svizzeri e stranieri. Ed è normale. Ciò che vorremmo sapere, però, è fino a dove si spinge questa cooperazione».

La Signalhorn si occupa di fornire «un’ampia gamma di servizi commerciali, come ad esempio accessi internet per uffici o reti per distributori di denaro o per i pagamenti con carte di credito in stazioni di servizio isolate». Oltre ad aziende che lavorano nel settore energetico e del trasporto marittimo, ha tra i suoi clienti delle società radiotelevive, come la European Broadcasting Union. «Forniamo anche un certo numero di servizi nel settore della difesa. Principalmente per le comunicazioni con le ambasciate per un certo numero di ministeri degli affari esteri», ci indica per iscritto Anver Anderson, responsabile delle vendite e della comunicazione presso la Signalhorn. Per questioni di discrezioni, l’azienda preferisce però non rivelare altre informazioni sui suoi clienti istituzionali.

La Signalhorn smentisce presunti legami con l’intelligence americana: «Per quanto ne sappiamo, la NSA non ha relazioni d’affari con nessun operatore satellitare commerciale. Sulla base di quello che abbiamo potuto apprendere dai media, questa agenzia utilizza solo infrastrutture di proprietà del governo per le sue attività di raccolta dei dati».

Una controversia decennale

Fondata nel febbraio 2012, la Signalhorn ha in realtà una lunga storia alle spalle. Nel 2000, quando rilevò l’infrastruttura di Leuk appartenente alla Swisscom, si chiamava Verestar. In seguito la società ha cambiato più volte nome. Il suo principale azionista è però sempre rimasto lo stesso: l’American Tower Corporation, uno dei pesi massimi nel settore delle telecomunicazioni wireless, il cui quartier generale si trova a Boston.

Già quando avvenne il passaggio di consegne, erano stati emessi non pochi dubbi sulla transazione. Si sospettava infatti che la stazione diventasse in realtà parte integrante del sistema ECHELON, il programma segreto di intercettazioni delle telecomunicazioni lanciato negli anni ’70 da Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda, sorta di predecessore del programma PRISM, rivelato da Edward Snowden.

All’epoca, era stata avanzata l’ipotesi che l’acquisto da parte di Verestar potesse iscriversi nel quadro del progetto Groundbreaker della NSA, ovvero l’esternalizzazione di alcune sue attività ad aziende private. Nel 2001, la rivista specializzata francese Le Monde du Renseignement aveva da parte sua citato un quadro della Swisscom, secondo il quale la NSA sarebbe intervenuta per favorire l’operazione, stimata in 100 milioni di franchi. Affermazioni poi smentite dall’allora portavoce del Dipartimento federale della difesa.

Nel 1997 il governo svizzero ha deciso di sviluppare un progetto di intercettazione delle comunicazioni internazionali civili e militari che transitano via satellite.

Il sistema, denominato Onyx, è entrato in funzione nel 2000 ed è pienamente operativo dal 2006. Si basa sulle antenne paraboliche ubicate nei siti di Zimmerwald (Berna), Heimenschwand (Berna) e Leuk (Vallese).

Il sistema funziona attraverso una lista di parole chiave, che permettono di filtrare le comunicazioni intercettate e di trovare con più facilità le informazioni che si cercano.

Nel 2009 sarebbe stato proprio grazie a un messaggio captato da Onyx che le autorità elvetiche sarebbero venute a conoscenza che la Libia era al corrente dei preparativi per l’operazione militare di esfiltrazione dei due ostaggi elvetici detenuti nel paese nordafricano.

Circolate, non c’è nulla da vedere

Rispondendo a diversi atti parlamentari, il governo svizzero aveva cercato di rassicurare, affermando che la ditta aveva un carattere prettamente commerciale, che non aveva mai avuto tra i suoi clienti la NSA e che il suo ruolo era soprattutto di trasferire dati, senza essere al corrente del contenuto degli stessi.

In seguito, delle antenne di Leuk non se n’è quasi più parlato. Fino a questi ultimi mesi, quando le operazioni di sorveglianza della NSA sono emerse in tutta la loro vastità.

E le zone d’ombra che attorniano la stazione vallesana e la società che la gestisce sono tornate a galla. In un articolo pubblicato a inizio novembre, la Schweiz am Sonntag cita un ex collaboratore di alto rango della NSA, il quale afferma che la ditta avrebbe lavorato appunto per la NSA.

Dai curriculum vitae di alcuni degli attuali dirigenti della Signalhorn emergono gli stretti legami di lavoro con il settore della difesa americano. Il CEO James Kubbernus, ad esempio, era fino a qualche mese fa responsabile di TrustComm, una grande azienda di telecomunicazioni che ha la sua sede in una base aerea militare in Texas. Il suo braccio destro Rick Minter è invece stato Chief operating officer della SES Government Solutions, una società specializzata nei satelliti e nelle telecomunicazioni militari, legata a doppio filo con il governo e l’esercito statunitensi.

Il DDPS dal canto suo non è preoccupato: «Non vi è nessun motivo di credere che questa azienda e la sua infrastruttura abbiano qualcosa a che vedere con PRISM». In dieci anni, la posizione delle autorità insomma non è cambiata, se non per il nome del programma di spionaggio.

Vuoto legislativo?

E anche se si avverasse che la Signalhorn compie effettivamente operazioni di intercettazione per conto di un servizio d’informazioni straniero, le autorità potrebbero intervenire solo nel caso in cui le comunicazioni partono o sono dirette in Svizzera. Se le intercettazioni concernono comunicazioni all’estero, «di fatto ciò non violerebbe nessuna legge svizzera», indica il DDPS.

«Non avere a disposizione mezzi giuridici per impedire di compiere questo genere di attività ad aziende che magari si rivelano poi essere filiali private di servizi di informazione stranieri è alquanto problematico», commenta Balthasar Glättli. «Entra in gioco la questione della neutralità svizzera», sottolinea il consigliere nazionale ecologista zurighese, membro della commissione della politica di sicurezza e autore di diversi interventi parlamentari in relazione allo scandalo Datagate.

Durante la prossima seduta, la commissione potrebbe procedere a un’audizione dei responsabili del Servizio delle attività informative della Confederazione. «Vogliamo che ci dicano chiaramente cosa sanno delle attività dei servizi segreti esteri in Svizzera. Sul tappeto vi sarà anche la questione di Leuk e se dovesse confermarsi che una società può procedere a simili intercettazioni all’estero in tutta legalità, a mio avviso vi è un problema di vuoto legislativo che va colmato».

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