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«Gli imprenditori svizzeri non sognano in grande»

Per Stéphane Garelli, molti imprenditori svizzeri si accontentano di un mercato di nicchia. stephanegarelli.com

La Svizzera non manca di talenti nel campo dell'innovazione e della promozione di nuove idee. Eppure i giovani imprenditori fanno fatica a lanciarsi, secondo il professore Stéphane Garelli, specializzato nella competitività economica mondiale.

Uno studio pubblicato a maggio dall’istituto di ricerche economiche KOF di Zurigo piazza la Svizzera al secondo posto nella classifica europea dei paesi più innovativi nei settori dell’industria e dei servizi. I ricercatori rilevano tuttavia un freno all’innovazione: la Svizzera ha ceduto il primato alla Danimarca e altri Stati europei stanno recuperando il distacco.

Stéphane Garelli dirige il Centro sulla competitività mondiale all’IMD, una scuola di management con sede a Losanna. Specialista della competitività economica mondiale, il professore ritiene che l’innovazione in Svizzera goda ancora di buona salute, anche se è poco probabile che il gigante del futuro veda la luce alle nostre latitudini.

swissinfo.ch: Secondo lo studio del KOF, la Svizzera sta indietreggiando nel campo dell’innovazione. Le sue ricerche confermano questo risultato?

Stéphane Garelli: No, per niente. Bisogna prima di tutto distinguere tra la ricerca fondamentale condotta dalle nostre università e il modo in cui questa viene trasformata dalle aziende in prodotti innovativi.

Uno dei punti forti della Svizzera è il fatto che non solo eccelle nel campo della ricerca, ma si distingue per gli scambi notevoli tra istituti accademici e aziende. La classifica del KOF piazza la Svizzera tra i migliori paesi al mondo, soprattutto quando si tratta di far passare l’innovazione dalla ricerca al mercato.

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swissinfo.ch: I brevetti sembrano essere principalmente nelle mani delle grandi multinazionali e il futuro non lascia intravedere l’emergere in Svizzera di un gigante come Google o Apple. In che modo si concretizza dunque l’innovazione?

S.G.: Penso sia uno dei problemi maggiori della Svizzera. Siamo tra i leader mondiali in materia di brevetti. Possiamo contare anche su numerose piccole e medie imprese (PMI) dinamiche e in questo settore siamo il secondo paese più competitivo, dietro alla Germania e davanti alla Svezia.

Il problema è che nessuna di queste PMI si sta espandendo, dunque continuiamo a puntare sulle grandi aziende. E in questo modo non costruiamo certo la Nestlé o la Novartis del domani.

L’ultimo studio realizzato dall’istituto di ricerche economiche KOF di Zurigo, su richiesta della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), ha preso in esame i dati relativi a 2’300 imprese.

I ricercatori fanno notare che diversi paesi europei – in particolare il Belgio e la Finlandia – hanno fatto importanti progressi negli ultimi dieci anni per quanto concerne la capacità d’innovazione.

In Svizzera, una prima fase di rallentamento dell’innovazione era già stata osservata nel 1990 nel settore dell’industria, seguita da una seconda fase nel settore dei servizi all’inizio del 2000.

La tendenza si è indebolita durante il periodo precedente la crisi, prima di riprendere il volo a causa della crisi economica mondiale e del franco forte.

Lo studio del KOF sottolinea che malgrado un netto miglioramento del clima d’innovazione, le imprese continuano a necessitare di personale nel settore della ricerca e sviluppo.

Una carenza che accentua ancor più le difficoltà di finanziamento incontrate da un crescente numero di società.

swissinfo.ch: Alla Svizzera non manca forse anche una tradizione nell’investimento di capitali a rischio?

S.G.: I capitali di rischio, o i “business angles”, esistono per le piccole aziende. Una volta però che raggiungono una certa soglia, è difficile ingrandirsi ulteriormente.

I finanziamenti non sono l’unica causa. È anche una questione di attitudine. Gran parte degli imprenditori in Svizzera sono contenti di avere un’azienda di nicchia che funziona molto bene, senza voler forzatamente diventare un gruppo mondiale.

Credo che in Svizzera la crescita di una società stia diventando un aspetto sempre meno importante per i giovani imprenditori. Preferiscono avere una ditta relativamente piccola che riescono a gestire senza dover andare negli Stati Uniti o in Cina.

swissinfo.ch: La causa sta nella mancanza di una cultura imprenditoriale in Svizzera oppure nel fatto che gli imprenditori non sognano in grande?

S.G.: Gli imprenditori svizzeri, in particolare quelli attivi nell’industria e nella manifattura, non sognano in grande. Credo che ciò si spieghi col fatto che viviamo in una società molto avanzata. La gente ritiene più importante l’equilibrio tra vita personale e professionale, rispetto a un investimento totale nel lavoro e alla ricerca di un successo mondiale.

Molti giovani sono reticenti a lanciarsi, a partire per gli Stati Uniti o la Cina. Sono soddisfatti delle condizioni di vita in Svizzera e una volta raggiunto un certo livello, non trovano interesse nell’espandersi.

swissinfo.ch: Quindi questi imprenditori dovrebbero rinunciare a una certa tranquillità per aver successo su grande scala?

S.G.: Negli Stati Uniti, le grandi storie di successo –  come Google, Apple o altre ancora – hanno mantenuto un legame con il territorio. Si sono ingrandite, pur restando nel mercato locale come la California (tra le prime dieci potenze economiche mondiali, ndr).

In Svizzera ciò è impossibile. Per raggiungere una certa statura, gli imprenditori non possono restare ancorati al territorio. Devono partire all’estero, viaggiare molto, elaborare una struttura di gestione complessa. Penso che la nuova generazione semplicemente non abbia voglia di muoversi in questo modo. Una volta raggiunto un certo livello, decidono di vendere oppure di concentrarsi su un mercato di nicchia.

swissinfo.ch: Come si spiega questa tendenza?

S.G.: Sono imprenditori, ma non credo che il loro obiettivo sia trasformarsi in manager. È in questa fase di crescita che la Svizzera è debole. Un imprenditore si diverte guadagnando bene e lavorando in un ambiente favorevole. Non vede dunque interesse a costruire un’azienda più grande, o la più grande al mondo. Gli americani invece hanno questo spirito di iniziativa, puntano sempre ad essere i numeri uno.

Noi viviamo in un piccolo paese, in una società ricca. Ma per costruire una multinazionale, sono necessarie grandi installazioni. E ciò non è facile da realizzare in Svizzera. Il modello sviluppato negli ultimi vent’anni consiste in un piccolo sito ad alto valore aggiunto come i quartieri generali o i centri di ricerca, che generano poca produzione.

Lo spirito imprenditoriale in Svizzera risponde più a una scelta di società che a una decisione economica.

swissinfo.ch: Tornando alla cultura imprenditoriale, si dice spesso che gli svizzeri hanno troppa paura di fallire. Anche la chiusura di una ditta è tecnicamente difficile.

S.G.: Edison diceva: “Non ho fallito, ho solo trovato 10’000 modi che non funzionano”.

Gli svizzeri non hanno questo tipo di attitudine. Siamo un paese di banche e assicurazioni, un paese tradizionalmente sfavorevole alla presa di rischio. Ciò sta cambiando. I giovani imprenditori sono pronti ad assumersi dei rischi, ma solo fino ad un certo punto.

Andare dritti al fallimento, anche se per ragioni perfettamente legittime, è tuttora considerato come uno smacco, un’impronta negativa nel percorso professionale.

(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)

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