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Una rivoluzione ogni tre mesi

Demonstration für die Abschaffung der Schweizer Armee 1989 auf dem Berner Bundesplatz.
La grande festa "Stop the Army" nel 1989 a Berna: anche giovanissimi, che ancora non potevano votare, scesero in piazza per sostenere l'iniziativa che chiedeva di abolire l'esercito. Con il 35,4% di sì, alle urne ottenne una quota di consensi superiore alle aspettative, che fece vacillare il mito dell'intoccabilità dell'esercito svizzero. Keystone

L'iniziativa popolare è un mezzo efficace per gli elettori di avviare cambiamenti, dal basso, contro la volontà del parlamento e del governo. Benché la maggior parte fallisca, spesso le iniziative hanno comunque un influsso decisivo sulla politica.

Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta. Qui, oltre a giornalisti interni della redazione, si esprimono anche autori esterni. Le loro posizioni non corrispondono necessariamente a quelle di swissinfo.ch.

Il 26 novembre 1989, la politica svizzera era sotto shock. Quel giorno, il popolo aveva votato su un’iniziativa che chiedeva l’abolizione dell’esercito. Certo, la proposta lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) era stata respinta.

Guardate in questa animazione come funziona un’iniziativa popolare

Tuttavia, la proporzione del sostegno ricevuto dall’iniziativa dai contenuti così radicali era sbalorditiva: quasi il 36 dei votanti si era espressa a favore della soppressione pura e semplice dell’esercito svizzero.

Per le élite militare e politica, la vittoria registrata nella votazione aveva un retrogusto di sconfitta. Da allora apparve chiaro che quell’esercito, considerato una “vacca sacra” durante la guerra fredda, non sarebbe più stato così intoccabile.

Cosicché, alla metà degli anni ’90, quando il GSsE presentò un’altra iniziativa che chiedeva di vietare l’esportazione di materiale bellico, il governo e il parlamento federali reagirono tempestivamente: giocando d’anticipo, rafforzarono le basi legali per l’esportazione di armi, al fine di tagliare l’erba sotto i piedi ai promotori. La strategia diede i suoi frutti: l’iniziativa fu respinta a schiacciante maggioranza. La quota di voti favorevoli questa volta si fermò a poco più del 20%.

Strumento radicale

Con l’iniziativa popolare, 100’000 elettori possono portare al voto popolare una modifica della Costituzione federale. Dal 1891, anno in cui questo strumento di democrazia diretta fu introdotto a livello federale, sono state lanciate più di 400 iniziative.

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Molte non sono mai arrivate alle urne, perché i promotori non sono riusciti a raccogliere il numero di firme necessarie o perché hanno ritirato la loro iniziativa prima della votazione. Al verdetto popolare finora ne sono state sottoposte 209: quasi il 90% è stato bocciato.

Tuttavia, come dimostrano quella per l’abolizione dell’esercito e quella per il divieto delle esportazioni di materiale bellico, anche le iniziative respinte possono avere un effetto. Per esempio, quando il parlamento oppone a un’iniziativa un controprogetto diretta, in modo che i votanti possano scegliere tra le due proposte (ma anche decidere di rifiutarle entrambe). Oppure quando il parlamento adotta una controproposta indiretta, sotto forma di modifica legislativa. O anche semplicemente discutendo pubblicamente un tema e rendere così consapevole la popolazione.

Ad esempio, l’Unione svizzera dei contadini ha lanciato una iniziativa “Per la sicurezza alimentare”, che voleva iscrivere nella Costituzione federale che la Confederazione avrebbe rafforzato l’approvvigionamento della popolazione con derrate alimentari di produzione indigena. Il parlamento ha elaborato un controprogetto che stabiliva semplicemente la Confederazione avrebbe dovuto preservare le basi della produzione agricola e promuovere un’agricoltura orientata al mercato ed efficiente sotto il profilo dello sfruttamento delle risorse.

Occorrerà ora vedere se quella modifica costituzionale, adottata dai votanti lo scorso settembre, avrà effetti concreti significativi. Comunque, con la sua iniziativa popolare, l’Unione svizzera dei contadini è riuscita a portare in primo piano del dibattito politico nazionale, per diversi anni, il tema della sovranità alimentare.

Serie “Toolbox”

In Svizzera c’è un sistema combinato di democrazia rappresentativa (indiretta) e democrazia diretta. Quest’ultima è sviluppata come in nessun altro paese. Lo dimostra, tra l’altro, l’elevato numero di votazioni federali svoltesi fino ad oggi: più di 620, un “record mondiale”.

In una serie di contributi per #DearDemocracy, Lukas Leuzinger esamina i più importanti e fondamentali strumenti, meccanismi e processi della democrazia diretta in Svizzera.

L’autore ha studiato scienze politiche all’università di Zurigo. Oggi lavora come giornalista e cogestisce il blog politico “Napoleon’s Nightmare”.

Intenti analoghi sono verosimilmente all’origine delle decisioni di lanciare iniziative popolari da parte di altre organizzazioni. Per esempio quella “Per cure infermieristiche fortiCollegamento esterno“, lanciata dall’Associazione svizzera infermiere e infermieri (ASI), che chiede la promozione della formazione e un’adeguata retribuzione del personale infermieristico, o l’iniziativa di Pro Velo “Per la promozione delle vie ciclabili e dei sentieri e percorsi pedonaliCollegamento esterno” che domanda la promozione di tali reti da parte della Confederazione

Perlomeno rispetto agli strumenti costituzionali della maggior parte delle democrazie occidentali, l’iniziativa popolare è uno strumento radicale. È uno strumento per avviare cambiamenti che emanano dal basso. I limiti di quanto è consentito in termini di contenuto sono relativamente ampi. Di fatto, spesso le iniziative prevedono cambiamenti molto fondamentali del diritto vigente, cosicché in generale ogni tre mesi c’è una mini rivoluzione al centro dei dibattiti.

Contro il volere delle autorità

Per loro stessa natura, le iniziative in linea di principio sono rivolte contro la volontà della maggioranza del governo e del parlamento, per i quali sono di conseguenza scomode. Le autorità devono sempre tener conto del fatto che il popolo potrebbe accettare un emendamento costituzionale che comprometterebbe i loro piani. Perciò spesso prendono in considerazione le preoccupazioni delle iniziative e cercano di impedirne l’adozione contrapponendo una soluzione che va meno lontano.

La giurista Gabriela Rohner ha esaminato tutte le iniziative popolari fino al 2010 e ha dimostrato che, benché ne siano state adottate poche, spesso hanno ottenuto almeno un parziale successo. Quasi la metà delle iniziative depositate con il numero necessario di firme ha portato a un cambiamento dell’ordinamento giuridico, sia direttamente attraverso l’adozione nella votazione popolare, sia –molto più frequentemente – indirettamente attraverso un controprogetto. Se si aggiungono le modifiche legislative, che non sono formalmente legate ad un’iniziativa popolare, ma il cui impulso è venuto da una di esse, il tasso di successo è ancora più elevato.

Criticata sin dall’inizio

Il nome iniziativa popolare implica che questo strumento è usato dal “popolo”, da cittadini comuni senza mandato politico. Effettivamente vi sono comitati che, senza il sostegno di un partito politico o di una grande organizzazione, ma con un argomento popolare e un grande impegno, riescono a portare alle urne un’iniziativa. E, in qualche caso, persino a farla approvare. Un esempio è l’iniziativa “per l’imprescrittibilità dei reati di pornografia infantileCollegamento esterno“, lanciata da un gruppo di cittadini, adottata nella votazione popolare del 30 novembre 2008.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le iniziative sono lanciate da gruppi d’interesse organizzati, partiti politici o altre organizzazioni della società civile. Nel recente passato, si è ripetutamente criticato l’abuso da parte dei partiti dell’uso delle iniziative quali strumenti di campagna elettorale. In generale, levano in continuazioni voci per denunciare l’eccessivo numero iniziative e reclamare condizioni più severe (per esempio un maggior numero di firme) per la loro riuscita.

In realtà, le critiche hanno sempre accompagnato l’iniziativa popolare, sin dalla sua nascita. Non è affatto sorprendente che ai politici non piaccia che delle decisioni politiche siano prese senza di loro. L’iniziativa popolare limita l’influsso dei rappresentanti eletti e dei lobbisti. Essa offre un ulteriore canale per inserire nel processo politico nuove proposte e interessi che altrimenti sarebbero stati ignorati. In questo modo, l’iniziativa popolare non solo consente a nuove idee di sfondare contro la resistenza di forze consolidate, ma rappresenta anche un importante strumento di integrazione politica.

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(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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