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Iniziativa sulle armi: avversari recuperano

In Svizzera ci sono più armi d'ordinanza militari nelle case che negli arsenali Reuters

L'iniziativa sulle armi divide e mobilita l'elettorato elvetico. A poco più di una settimana dal voto, il vantaggio dei sostenitori si assottiglia. La partita è ancora aperta, benché sembri delinearsi una vittoria degli oppositori in dirittura d'arrivo. La spaccatura fra i sessi permane.

Dopo una partenza fulminea, in cui hanno nettamente distaccato gli avversari, i promotori dell’iniziativa hanno accusato un calo di velocità, mentre gli antagonisti hanno ingranato una marcia in più. I fautori del sì sono ancora in testa, ma hanno il fiatone e sono tallonati da vicino dai propugnatori del no. Questi ultimi sembrano in grado di effettuare un sorpasso, con uno scatto decisivo nello sprint finale, e di imporsi al traguardo.

Una bocciatura popolare dell’iniziativa “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi” appare ora come “l’ipotesi più plausibile. Ma altri scenari non possono essere esclusi in assoluto”, ha detto mercoledì il responsabile dell’istituto gfs.bern Claude Longchamp, illustrando i risultati del secondo sondaggio sull’oggetto sottoposto a votazione federale il 13 febbraio.

Dalla nuova indagine demoscopica, condotta per conto della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR, è emersa una lieve maggioranza di sì: il 47%, contro il 45% di no e l’8% di indecisi. Rispetto all’inchiesta realizzata tre settimane prima, i sì sono calati di 5 punti percentuali, mentre i no sono progrediti di 6 punti percentuali. Il vantaggio dei sostenitori si è dunque sciolto come neve al sole, slittando da 13 a 2 punti percentuali.

In base a questo andamento e sulla scorta dell’esperienza accumulata in dieci anni di sondaggi sulle votazioni federali, Longchamp ritiene che lo scenario più probabile sia quello di un ulteriore rafforzamento delle opposizioni e un indebolimento del sostegno nella fase finale della campagna, che dovrebbe portare a un rifiuto nel voto popolare.

“L’evoluzione finora è stata quella classica, riscontrata nella maggior parte delle iniziative”, osserva l’esperto di sondaggi. È tipico che in partenza i favorevoli superino i contrari e che, con l’avanzare della campagna per la votazione, la situazione si inverta.

Forte coinvolgimento dell’elettorato

Nella fattispecie è evidente l’influsso che la campagna ha avuto sulla propensione alla mobilitazione. La quota di coloro che affermano che voteranno di sicuro è balzata dal 42 al 55%. “Un tasso eccezionalmente elevato”, rileva il responsabile del gfs.bern. Così come è “enorme” la proporzione di chi ritiene di essere bene informato sul tema: il 79%, contro il 58% registrato nel primo sondaggio, che già rappresentava un livello superiore alla media.

La mobilitazione è cresciuta presso i simpatizzanti di tutte le tendenze politiche. L’aumento è però più marcato fra gli elettori del Partito liberale radicale (+23 punti percentuali) e quelli dell’Unione democratica di centro (+21).

Nel corso della campagna si è rafforzata soprattutto la volontà di partecipazione di coloro che hanno reagito “quasi visceralmente” all’argomento prevalente degli oppositori, che appare anche sui manifesti, secondo cui l’iniziativa significherebbe la distruzione di valori tradizionali svizzeri, spiega Longchamp.

Tuttavia, anche l’argomento principale dei fautori dell’iniziativa, sulla pericolosità delle armi in casa, che sui cartelloni sono raffigurate come una minaccia per le famiglie, fa presa sull’opinione pubblica, puntualizza lo specialista di sondaggi. Pur avendo stimolato in minor misura la volontà di partecipazione dei propri sostenitori, questo argomento, assieme a quello della prevenzione dei suicidi, potrebbero ancora avere successo fra gli indecisi.

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Spaccatura città-campagna

I promotori dell’iniziativa cercano soprattutto di mobilitare le città, mentre gli oppositori mirano alla campagna. Dal sondaggio appare infatti chiaramente che nei grandi centri urbani prevalgono i sì all’iniziativa, allorché nelle regioni rurali dominano i no. Incertezza regna su come voteranno le piccole e medie città, soprattutto della Svizzera tedesca. Potrebbero anche essere queste a determinare l’esito dello scrutinio, dice Longchamp.

Non bisogna dimenticare che se la maggioranza dei votanti il 13 febbraio dicesse sì all’iniziativa, la partita non sarebbe necessariamente vinta dai fautori. Per l’approvazione, infatti, occorre anche la maggioranza dei cantoni. Su questo fattore al momento non si dispone di alcun dato. 

Fossato linguistico

A livello di regioni linguistiche, la novità nel secondo sondaggio viene dalla Svizzera italiana, dove si è registrato un capovolgimento di situazione rispetto all’indagine precedente. Tre settimane fa era qui che il sostegno all’iniziativa era il più forte, con il 59% di sì contro il 34% di no e il 7% di indecisi. Adesso, invece, nella Svizzera italiana si riscontra la maggiore opposizione, con il 50% di no, il 38% di sì e il 12% di indecisi.

Un ribaltamento spettacolare che, secondo Longchamp, dimostra chiaramente il ruolo avuto dalla campagna per la votazione. Quando era stato condotto il primo sondaggio, infatti, in Ticino la campagna non era praticamente ancora iniziata, rammenta il politologo.

I no sono passati in vantaggio, seppur in misura minore, anche nella Svizzera tedesca: il 48%, contro il 45% di sì e il 7% di indecisi. Nella Svizzera francese, invece, i sì hanno ancora la maggioranza assoluta: il 54%, contro il 36% di no e il 10% d’indecisi.

Il ruolo delle donne

Resta la divisione dei sessi. Pur avendo perso un po’ di terreno rispetto al primo sondaggio, l’iniziativa gode ancora della maggioranza assoluta dei favori delle donne: il 55% di sì, contro il 35% di no e il 10% di indecise. Al contrario, gli uomini la respingono, con il 54% di no, il 39% di sì e il 7% di indecisi.

Non vi sono invece differenze fra i sessi nel tasso di mobilitazione: ciò significa che il grado di coinvolgimento delle donne è chiaramente superiore alla media. Solitamente, infatti, la quota di partecipazione femminile è inferiore a quella maschile, precisa Longchamp.

Un’ulteriore crescita della mobilitazione delle donne nella fase finale della campagna, potrebbe anche far scaturire un sì dalle urne il 13 febbraio, riconosce il politologo.

Indipendentemente dall’influsso sull’esito del voto, un’alta partecipazione delle donne sarebbe il miglior modo per celebrare il 40° anniversario dell’approvazione dell’introduzione del suffragio femminile in Svizzera, che cade proprio qualche giorno prima: il 7 febbraio.

L’inchiesta demoscopica è stata realizzata in tutte le regioni linguistiche della Confederazione. Tra il 24 e il 28 gennaio 2011, l’istituto gfs.bern ha intervistato un campione rappresentativo di 1’209 aventi diritto di voto. Il margine di errore è del +/-2,9%. Per l’analisi sono state prese in esame solo le risposte di coloro (867) che si sono detti intenzionati a votare il 13 febbraio.

Alle persone intervistate è anche stato chiesto un pronostico sull’esito del voto. Il 45% pensa che l’iniziativa sarà bocciata, il 35% che sarà accettata, il 20% non ha alcuna opinione in merito.

L’iniziativa in sintesi chiede:

che chi vuole acquistare, detenere o usare armi da fuoco e munizioni debba fornire la prova di averne la necessità e le capacità;

che sia proibito detenere a scopi privati armi per il tiro a raffica e fucili a pompa;

che sia obbligatorio custodire le armi d’ordinanza militari in locali sicuri dell’esercito;

che le armi d’ordinanza dell’esercito non siano cedute ai militari prosciolti;

che la Confederazione tenga un

registro delle armi da fuoco.

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