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Un voto di sfiducia nei confronti del governo

Dal 1992 è la prima volta che il governo svizzero viene sconfessato dal popolo in una votazione sui rapporti con l'UE Reuters

Governo e partiti di centro-sinistra hanno trascurato troppo a lungo le paure e i problemi suscitati dalla libera circolazione delle persone: così la stampa elvetica spiega in buona parte il “sì” all’iniziativa contro l’immigrazione di massa, che minaccia ora i rapporti tra la Svizzera e l’UE.

“Una svolta”, una “cesura per la Svizzera”: così la Neue Zürcher Zeitung riassume lo storico evento di questa fine settimana. “Questa volta è molto di più di una sberla politica. Il ‘sì’ all’iniziativa ‘contro l’immigrazione di massa’ rappresenta una cesura, paragonabile a quella del 6 dicembre 1992, quando il popolo aveva respinto l’adesione allo Spazio economico europeo. Per la prima volta, in ambito di politica europea, il sovrano ha rifiutato di sostenere il governo”.

Non è ancora possibile valutare quali ripercussioni avrà questo verdetto popolare sulle relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea (UE), osserva il giornale zurighese. “Ma di certo non sarà positivo per la nostra economia e per il nostro benessere”. Come per la votazione sullo Spazio economico europeo non sarà però “l’Unione democratica di centro (UDC) ad assumersi la responsabilità di limitarne i danni”.

Christoph Blocher e il suo partito possono ora assaporare il trionfo, annota ancora la Neue Zürcher Zeitung. “Da anni Christoph Blocher batte il ritmo della politica estera, spingendo in avanti le forze borghesi e liberali. Queste ultime non sono riuscite con argomenti razionali a smorzare le inquietudini reali e le paure diffuse che molte persone nutrono di fronte al crescente numero di stranieri – che sia nel settore del lavoro, del mercato immobiliare, dell’infrastruttura dei trasporti o dell’educazione. Ha vinto la Svizzera orientata verso l’interno”.

Grande sfida

“È un sì che ci occuperà ancora a lungo”, prevede il Tages-Anzeiger . Il responso di questo scrutinio “diventerà una grande sfida per la Svizzera, molto di più di quello della votazione del 2009 contro la costruzione di nuovi minareti. Se il divieto dei minareti è un atto d’intolleranza religiosa, con effetti politici relativamente deboli, il ‘no’ alla libera circolazione delle persone costituisce un rifiuto parziale della globalizzazione e dell’integrazione europea”.

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Ora, la Svizzera “dovrà porre interamente su nuove basi i suoi rapporti con l’UE, tutti gli accordi esistenti o previsti dovranno essere rinegoziati. Si ritrova così in una pessima situazione di partenza: dovrà disdire l’accordo sulla libera circolazione delle persone, attivando la clausola ghigliottina”, rileva il quotidiano zurighese. La disdetta di un accordo comporta difatti la rottura di tutto il pacchetto di trattati bilaterali.

“Ma ancora più grave dell’incerto futuro nei rapporti con l’UE è il segnale di xenofobia trasmesso questo 9 febbraio 2014 dalla Svizzera al mondo. Frammentazione del paesaggio, dumping salariale, carico ambientale, pressione migratoria: molti di questi problemi, che hanno spinto a votare ‘sì’ anche al di fuori dell’UDC, sono reali. Ma non sono risolvibili all’interno delle frontiere etniche e nazionali, come il mito del ‘caso particolare svizzero’ vorrebbe far credere”.

Colossale voto di sfiducia

Il verdetto delle urne di questa domenica è stato “un colossale voto di sfiducia”, ritiene l’Aargauer Zeitung, chiedendosi “come è possibile che un solo partito riesca ad avere la meglio si tutti gli altri? Soprattutto che questa volta le organizzazioni economiche e i sindacati hanno combattuto mano nella mano. E con loro tutti i partiti di centro e di sinistra, i governi cantonali, i dirigenti aziendali. Se una coalizione così grande pone tutto il suo peso sulla bilancia e poi perde, ciò evidenzia una crisi di fiducia”.

Dal profilo politico è il governo a dover assumersi la responsabilità per questa perdita di fiducia, prosegue il foglio argoviese. “Prima della votazione sulla libera circolazione delle persone nel 2002 aveva respinto l’ipotesi di un aumento dell’immigrazione – le cose sono andate però diversamente. Poi ha ignorato il malcontento della popolazione – eppure le votazioni sui minareti e sull’iniziativa Minder avrebbero dovuto servire da campanello di allarme. Solo poche settimane prima della votazione il governo ha limitato l’accesso per gli immigrati al sistema sociale – ciò che avrebbe già potuto fare da molto tempo”.

Fattura salata

Anche per la Basler Zeitung, con questo voto il popolo svizzero ha voluto dire “basta” al governo. “I membri del Consiglio federale hanno ricevuto una fattura salata per le eccessive carenze nella politica d’immigrazione degli ultimi 20 anni, che in parte non hanno nulla a vedere con la libera circolazione delle persone, come dimostra la rabbia manifestata da molti cittadini svizzeri”.

“Un settore dell’asilo fuori controllo, scuole multiculturali in difficoltà, criminalità crescente, abusi nel campo della socialità: anche gli svizzeri svolgono un ruolo triste in tutti questi eccessi, ma gli stranieri sono sempre rappresentati in modo sovraproporzionale”, sostiene il quotidiano basilese, per il quale “la buona notizia di questa domenica leggendaria è che gli svizzeri hanno mostrato di essere decisi a costruire loro stessi il destino del loro paese”.

Entrato in vigore gradualmente dal 2002, l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE figura tra i punti fondamentali del primo pacchetto di trattati bilaterali.

Questo accordo garantisce ai cittadini svizzeri e a quelli dell’UE il diritto di lavorare e risiedere in ognuno dei paesi firmatari.

Il popolo svizzero si è già espresso tre volte su questioni relative alla libera circolazione delle persone. Nel maggio 2000, gli accordi bilaterali I sono stati approvati da una chiara maggioranza di cittadini.

Nel 2005, il popolo elvetico ha accettato di estendere gli accordi ai 10 paesi che hanno aderito nel 2004 all’UE.

Nel 2009 è stata accettata anche l’estensione dell’accordo ai due nuovi membri dell’UE, la Romania e la Bulgaria.

I rapporti tra la Svizzera e l’UE sono regolati da una ventina di accordi bilaterali e da un centinaio di altri trattati.

In caso di disdetta di un accordo, tutto il pacchetto di trattati bilaterali rischia di cadere.

Dimensione cardinale

Da parte sua, Le Temps si interroga sulle lezioni e le conseguenze di questo voto: “La Svizzera è probabilmente uno dei paesi più internazionalizzati al mondo, uno dei rari Stati globalizzati ed efficaci, per non dire furbi, nel suo approccio con il mondo. Con ogni evidenza ciò provoca una certa insicurezza presso una maggioranza della popolazione, in particolare quella delle campagne, che non capisce più la logica degli scambi e sembra percepire solo gli aspetti negativi che emergono in periodi di forte crescita”.

“Votando ‘sì’ all’iniziativa dell’UDC molti hanno creduto, un po’ ingenuamente, che si trattava soltanto di riprendere in mano l’immigrazione e non di un voto politico che minaccia l’insieme delle nostre relazioni con l’Europa. Scopriranno questa dimensione cardinale solo col passare dei mesi in un’incertezza che diventerà sempre più grande”, avverte il giornale romando.

Fondo di xenofobia

Come nello scrutinio del 1992 sullo Spazio economico europeo, anche questa volta si è creato un “Röstigraben”, un grande divario tra il voto espresso nella Svizzera tedesca e in quella francese, osserva la Tribune de Genève. “Ma, questa volta, il divario è ancora più grande tra città e campagna”.

Secondo il quotidiano ginevrino, è però “paradossale” il fatto che “le regioni più dinamiche e che quelle, come Ginevra, che accolgono il più gran numero di stranieri abbiano rifiutato (ad eccezione del canton Ticino) il ritorno al contingentamento della manodopera straniera, perché sanno ciò che le devono”.

Anche La Tribune de Genève cerca delle spiegazioni: “Dumping salariale, mancanza di controlli, crisi dell’alloggio, crisi della mobilità … Il malessere, dalle origini diverse, è profondo. Delle piaghe trascurate sia dalla Confederazione che dai Cantoni. E che l’UDC propone di cauterizzare con la sua iniziativa miracolo. Aggiungiamo a ciò un fondo di xenofobia abilmente riacceso durante la campagna e un voto di protesta contro un establishment che ha fallito. Quanto basta per strappare una piccola maggioranza”:

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Disagio quotidiano

Da parte sua, La Regione si sforza invece di trovare le ragioni del massiccio sì accordato nel Canton Ticino all’iniziativa dell’UDC: “Nell’urna il popolo sovrano, quello ticinese in prima linea, ha voluto segnalare il concreto disagio vissuto nel quotidiano dai residenti. Soprattutto per gli effetti sul mercato del lavoro generati dalla libera circolazione delle persone, con la sostituzione della manodopera indigena a favore di quella estera e un derivante fenomeno di dumping che le misure fiancheggiatrici non hanno attenuato”.

“Il tutto”, aggiunge il giornale ticinese, “è avvenuto ad una velocità molto alta che non ha dato il tempo al sistema sociale di respirare. Sicché, quando un Paese è messo in così poco tempo così tanto sotto pressione, non deve stupire se i cittadini tirano il freno a mano a loro disposizione. È il nostro (invidiato) sistema a democrazia diretta. Il messaggio uscito dalle urne è ora chiaro: trovate un’altra strada, questa è troppo dolorosa, la crescita economica non è tutto”.

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