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Votazioni federali del 29 novembre 2020

BNS, Credit Suisse e UBS investono miliardi negli armamenti

facciata della sede della Banca nazionale svizzera
La Banca nazionale svizzera (BNS) detiene azioni per un valore totale di circa 2,4 miliardi di dollari in 29 società che figurano tra le più grandi produttrici di armi statunitensi. © Keystone / Gaetan Bally

I grandi istituti finanziari svizzeri investono miliardi di dollari nel settore mondiale degli armamenti. Solo negli Stati Uniti, la banca centrale svizzera investe 2 miliardi. Il 29 novembre l'elettorato elvetico deciderà se porre fine o continuare a consentire questi finanziamenti.

I maggiori istituti finanziari svizzeri nel 2017 e nel 2018 hanno investito quasi 9 miliardi di dollari in società che producono armi nucleari. Questa cifra è indicata nell’ultimo rapporto Don’t bank on the bombsCollegamento esterno, pubblicato nel giugno 2019 dall’Ong pacifista olandese PAX, nell’ambito della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN).

Secondo questo rapporto “non esaustivo” (metodologia vedi nel riquadro), nove dei principali gruppi mondiali attivi nel campo delle armi nucleari ricevevano investimenti da quattro istituti finanziari elvetici: UBS, Credit Suisse, Banca nazionale svizzera (BNS, che è la banca centrale elvetica) e il gestore patrimoniale Fisch Asset Management.

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Azioni e/o obbligazioni rappresentavano la maggioranza di questi finanziamenti e tutti quelli della BNS e della Fisch Asset Management. Per Credit Suisse e UBS, una parte era costituita anche da prestiti (rispettivamente 507 milioni di franchi e 145 milioni di franchi), ha dichiarato a SWI a swissinfo.ch l’autrice principale del rapporto, Susi Snyder.

Il rapporto “Don’t bank on the bombs” fa il punto sugli investimenti effettuati dalle istituzioni finanziarie di tutto il mondo nei 18 maggiori produttori di armi nucleari. Sono considerati produttori di armi nucleari i gruppi che traggono redditi da tali attività, indipendentemente dalla quota di fatturato che rappresentano.

Vengono presi in considerazione solo gli istituti finanziari che detengono investimenti consistenti (almeno lo 0,5% del totale dei titoli emessi da società quotate in borsa). Gli autori affermano di limitarsi alle informazioni ufficiali di pubblico dominio. Ma “c’è ancora una forte mancanza di informazioni” su questo argomento, spiegano. Le cifre fornite nel rapporto sono quindi “una stima prudente del totale degli investimenti mondiali” in questo settore.

Il prossimo 29 novembre, gli svizzeri voteranno sull’iniziativa popolare “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellicoCollegamento esterno“, detta anche “iniziativa contro il commercio di armi”. Per i sostenitori, i dati forniti nel rapporto PAX mostrano che la legislazione federale vigente, che vieta formalmente solo il finanziamento diretto di armi proibite a livello internazionale (vedi riquadro), non è sufficiente.

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Il testo dell’iniziativa vieta qualsiasi finanziamento, diretto o indiretto, dei produttori internazionali di armi – comprese quelle convenzionali – da parte della banca centrale, delle fondazioni e dei fondi pensionistici.

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Concretamente, sarebbe loro vietato non soltanto accordare crediti ai produttori di armi, ma anche detenere azioni e prodotti finanziari legati a tali società. L’iniziativa non prende di mira direttamente le banche, ma chiede che la Confederazione si adoperi affinché ad esse siano applicate condizioni analoghe.

In Svizzera, la Legge federale sul materiale bellico (LMBCollegamento esterno) dal 2013 proibisce “il finanziamento diretto dello sviluppo, della fabbricazione o dell’acquisto di materiale bellico vietato” a livello internazionale. Si tratta di armi atomiche, biologiche e chimiche, mine antiuomo e munizioni a grappolo. Con “finanziamento diretto”, la legge intende “la concessione diretta di crediti, mutui, donazioni o vantaggi finanziari comparabili” destinati a coprire o anticipare i costi di tali attività.

Le partecipazioni a società impegnate in queste attività o l’acquisto di prodotti di investimento da esse emessi (vale a dire quello che la legge chiama “finanziamento indiretto”), sono proibite solo se lo scopo è di “eludere il divieto del finanziamento diretto”, ciò che è difficile da dimostrare. Il divieto non si applica al finanziamento di altre attività di queste società non collegate a materiale bellico proibito e nessuna disposizione riguarda le armi convenzionali.

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20 miliardi di investimenti della BNS?

Contattata da SWI swissinfo.ch, la BNS ha rifiutato di rilasciare qualsiasi commento sui dettagli o sull’importo complessivo dei suoi investimenti nel settore degli armamenti.

Ma la SEC (Securities and Exchange Commission), l’autorità di vigilanza del mercato azionario statunitense, ogni trimestre fornisce una panoramica del portafoglio azionario statunitense della BNS. E secondo la sua pubblicazione per il secondo trimestre del 2020Collegamento esterno, solo negli Stati Uniti, la gamma di posizioni della BNS appare più ampia di quanto mostra il rapporto PAX.

Alla fine di giugno, deteneva azioni in 29 delle 48 maggiori società americane di armi e difesa elencate dallo Stockholm International Peace Research InstituteCollegamento esterno (di cui 9 sono considerate dalla PAX attive nel campo delle armi atomiche) per un importo di quasi 2,4 miliardi di dollari.

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Contraria all’iniziativa, la banca centrale elvetica indica sul suo sitoCollegamento esterno Web che se l’iniziativa fosse accettata, dovrebbe escludere “oltre 300 società dal proprio portafoglio azionario, pari a circa l’11% del suo valore di mercato”. Secondo una stima del quotidiano Neue Zürcher Zeitung (NZZCollegamento esterno), ciò significa che a livello mondiale la BNS detiene partecipazioni per circa 20 miliardi di franchi nel commercio di armi in senso allargato.

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Liceità degli investimenti

Nella sua presa di posizione contro l’iniziativa, la BNS afferma inoltre che già oggi “si astiene completamente dall’investire in società che producono armi internazionalmente proscritte” e che, “in generale, non finanzia direttamente progetti o prodotti”.

Senza commentare i dettagli del rapporto PAX, pure le altre banche citate, anch’esse contrarie all’iniziativa in votazione popolare il 29 novembre, assicurano di non effettuare investimenti che violerebbero la Legge federale sul materiale bellico.

Sottolineano che per diversi gruppi elencati nel rapporto, l’armamento nucleare è solo un’attività tra le tante. “[Queste aziende] sono per lo più grandi conglomerati attivi principalmente in comparti non contestati, come la costruzione di aeromobili o l’elettronica”, ci ha risposto il Credit Suisse.

Per UBS, “l’approccio scelto dai critici è molto discutibile, perché esige che le società finanziarie non finanzino nemmeno importanti società dell’economia civile come Boeing e Airbus”.

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Benché sia meno risaputo, la produzione di missili nucleari è un’attività di questi gruppi, sottolinea l’Ong PAX, che difende il suo approccio. “È impossibile impedire a un gruppo di ridistribuire il capitale all’interno [delle sue diverse entità]”, e quindi garantire che “i servizi finanziari forniti a una società non saranno alla fine utilizzati per produrre armi atomiche o componenti chiavi”, spiega.

Investimenti svizzeri “nella fascia bassa”

Il Credit Suisse afferma inoltre di essere “nella fascia bassa delle banche mondiali in relazione al volume di finanziamento di questi conglomerati”. In effetti, i 9 miliardi investiti dai quattro istituti svizzeri rappresentano solo l’1,2% del totale degli investimenti mondiali nel settore delle armi nucleari, che secondo le stime PAX ammonta 748 miliardi di dollari.

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L’ONG identifica un totale di 325 istituzioni finanziarie di 28 paesi. Gli investimenti degli istituti americani (quasi 200) rappresentano più dei tre quarti del totale. I primi dieci investitori sono tutti statunitensi.

Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi

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