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Che intenzioni ha la Cina con le centrali idroelettriche svizzere?

DIga della centrale idroelettrica di Schiffenen
Un'azienda statale cinese, la State Grid, sembrerebbe interessata alle centrali idroelettriche svizzere. Keystone

Le infrastrutture strategiche in Svizzera vanno meglio protette da possibili acquisizioni di investitori provenienti dall’estero. È ciò che chiedono le Commissioni dell’energia delle due Camere del parlamento. L’approvvigionamento energetico rischierebbe altrimenti di essere in pericolo se, per esempio, le centrali idroelettriche finissero in mani estere?


Ad allarmare i parlamentari sono state le innumerevoli acquisizioni in Europa da parte di gruppi industriali statali cinesi. L’anno scorso, per esempio, Chemchina aveva comperato per 43 miliardi di dollari la multinazionale chimica basilese Syngenta. E l’impresa statale cinese State Grid sembra sia interessata a una partecipazione alle centrali idroelettriche dell’azienda elvetica Alpiq.

Le Commissioni dell’energia di Consiglio degli Stati (Camera dei cantoni) e Consiglio nazionale (Camera del popolo) hanno deciso di sostenere l’iniziativa parlamentare di Jacqueline BadranCollegamento esterno. Con il suo progetto di articolo di legge, la deputata socialista intende vietare la vendita di infrastrutture d’importanza vitale a investitori esteri per garantire il buon funzionamento del Paese.

Stando ai parlamentari delle due commissioni, le centrali idroelettriche, le reti di trasporto dell’energia e le reti del gas dovrebbero beneficiare di una particolare protezione.

Mani francesi sulla svizzera Alpiq

Il gruppo aziendale Alpiq, tra i principali attori del mercato energetico svizzero, ha di recente annunciato la vendita delle sue attività industriali alla società francese Bouygues Construction. Costo della transazione: 850 milioni di franchi.

«Tenuto conto della situazione difficile della produzione svizzera sul mercato libero, Alpiq non ha attualmente i mezzi finanziari per proseguire lo sviluppo delle attività di servizio e di ingegneria», ha indicato l’azienda.

Ma qual è l’opinione dell’autorità di regolazione?

Come giudica Matthias FingerCollegamento esterno l’idea delle Commissioni dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia? Finger è professore per la gestione delle industrie di rete presso il Politecnico federale di Losanna ed è membro dell’autorità di regolazione statale ElcomCollegamento esterno.

«La decisione non concerne l’autorità di regolazione. Noi vigiliamo sulla sicurezza dell’approvvigionamento elettrico», spiega Finger a swissinfo.ch.

L’acquisizione di progetti infrastrutturali strategici da parte di investitori esteri potrebbe mettere a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento? «È una domanda a cui deve rispondere la politica. Finora l’Elcom non ha mai ritenuto che la proprietà potesse essere un fattore che può condizionare la sicurezza dell’approvvigionamento».

È una questione che non si pone per quanto riguarda l’approvvigionamento elettrico. «Nella legge sull’approvvigionamento elettrico è già previsto che le reti ad alta tensione siano per lo più di proprietà svizzera».

Inoltre la maggior parte delle reti elettriche è in mano ad enti pubblici. Per quanto riguarda l’energia idroelettrica spetta alla popolazione decidere sull’assegnazione delle concessioni per l’utilizzazione delle forze idriche, quindi anche se possono essere cedute a investitori stranieri. «Secondo me, è un problema che non interessa le centrali atomiche poiché verranno comunque spente. Chi vuole mai investirvi ancora dei soldi?», si chiede l’esperto di infrastrutture del Politecnico di Losanna.

Anche la mano pubblica ha partecipazioni di maggioranza nelle principali aziende elettriche come Alpiq, Axpo e BKW. Ma quali interessi nutre un’impresa statale cinese per le centrali idroelettriche di Alpiq? Di certo non ha intenzione di delocalizzarle in Cina. E allora vuole copiare il know-how elvetico? Per Finger non è nemmeno questo il proposito degli investitori cinesi. «Probabilmente vogliono semplicemente guadagnarci dei soldi», sostiene il membro dell’Elcom.

Il denaro pubblico finirà all’estero?

Per Jacqueline Badran è proprio ciò che potrebbe succedere. Mentre la Commissione dell’energia del Consiglio degli Stati pone l’accento sulla sicurezza dell’approvvigionamento, la parlamentare zurighese argomenta con motivi «d’ordine politico-istituzionale». Le infrastrutture strategiche godono di una situazione di monopolio con prezzi amministrati e quindi viene loro garantita una rendita, come le reti dell’alta tensione, oppure sono «too important to fail» (troppo importanti per fallire), spiega la consigliera nazionale del Partito socialista.

«Nei periodi di vacche grasse, i guadagni finiscono in mani private, in quelli di vacche magre, invece, è lo Stato che deve correre in soccorso. Di fatto, le aziende elettriche svizzere godono di una garanzia statale», dice Badran facendo esempio: «Facciamo l’ipotesi che i cinesi acquistino la diga della Grand Dixence. In seguito approfitterebbero del cosiddetto sistema di rimunerazione per l’immissione di elettricità [strumento finanziario per promuovere la produzione di energia, ndr]. Ciò significa, in poche parole, che questi soldi finiscono in Cina. Non è accettabile. Le infrastrutture di importanza vitale dovrebbero appartenere a chi dipende da queste infrastrutture e a chi le finanzia».

Anche fuori dalla Svizzera ci si chiede se la sicurezza nazionale sia messa in pericolo dagli investimenti esteri. «Tutti i Paesi europei hanno un’autorità di controllo che impedisce le acquisizioni indesiderate. La Svizzera è in ritardo rispetto a questa problematica», conclude Jacqueline Badran.

Traduzione dal tedesco di Luca Beti

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