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Studi clinici: verso una maggiore trasparenza?

In ogni momento in tutto il mondo sono condotti circa 70mila studi clinici, ma pochi portano novità scientifiche. AFP

Di fronte all'inarrestabile spirale dei costi sanitari, autorità, medici e pazienti contano più che mai sull'integrità degli studi clinici per valutare l'efficacia di nuove costose terapie. Ma cosa succede se i risultati di certi studi sono falsati?

Per premunirsi nell’eventualità di dover combattere un’epidemia di influenza, i governi di tutto il mondo accumulano scorte di Tamiflu, il farmaco antivirale della Roche, in quantità pari a miliardi di dollari. Eppure i medici non possono essere sicuri che questo medicamento impedirebbe un’epidemia, perché la multinazionale basilese per anni ha rifiutato di divulgare i dati degli studi.

La tattica abituale dell’industria di chiudere nel cassetto risultati indesiderati è nota come “bias di pubblicazione” o “errore sistematico di pubblicazione”. Se ricercatori clinici manipolano i risultati dei loro studi, i nuovi trattamenti non sono solo più rischiosi, ma possono anche non offrire alcun beneficio ai pazienti, avvertono dei medici scettici.

Dei ricercatori possono per esempio spostare valori di soglia per fissare obiettivi più facilmente raggiungibili o utilizzare metodi statistici ambigui per enfatizzare gli effetti positivi e minimizzare quelli collaterali. E se i risultati sono sgraditi, i dossier finiranno probabilmente nei cassetti dei ricercatori, perché a nessuno piacciono risultati negativi.

Per molti anni la Roche ha rifiutato di fornire dati dettagliati sul suo farmaco anti-influenzale Tamiflu, di cui sono state fatte scorte in tutto il mondo, sostenendo che i profani non sarebbero in grado di giudicarli correttamente. L’organizzazione di ricerca indipendente Cochrane, la quale ha sostenuto che il 60% dei dati era stato nascosto, nel 2009 ha ricevuto dei dati dalla Roche, ma non ha ancora trovato prove di bias.

Dal 2013, la Cochrane può vedere tutti gli studi relativi al Tamiflu , ma la Roche ha modificato il materiale in modo da “garantire la riservatezza del paziente e tutelare gli interessi commerciali”. La Roche oggi dice di sostenere gli appelli per una maggiore trasparenza. Su richiesta fornisce ai ricercatori i dati di studi risalenti fino al 1998. Un gruppo consultivo indipendente sta analizzando tutti i dati per individuare eventuali domande senza risposta sul farmaco contro l’influenza.

Il Ministero nipponico della sanità all’inizio di quest’anno ha sporto una denuncia penale contro la Novartis in Giappone con l’accusa di indurre in errore i consumatori attraverso la pubblicità. Il Ministero afferma che alcuni studi condotti presso università giapponesi sono stati falsificati per sostenere i benefici del farmaco contro l’ipertensione Diovan. La Novartis ha fatto sapere che sta cooperando con le autorità e che ha attuato misure correttive per rafforzare la governance.

All’inizio del 2011, l’Actelion ha annunciato che poneva fine allo sviluppo del farmaco sperimentale contro l’insonnia almorexant, a causa della possibilità di un problema di sicurezza. Secondo un articolo di Forbes del dicembre 2013, Actelion ha omesso di mettere le informazioni complete a disposizione di altri ricercatori e altre aziende che sviluppano farmaci simili per diversi anni.

“I medici hanno orrore dei risultati negativi, non li pubblicano”, dice Jean-François Cuttat. Questo chirurgo di Losanna spiega che i ricercatori preferiscono togliere di mezzo i dati che non quadrano, modificando e semplificando i risultati.

“Le società non hanno alcun interesse a pubblicare risultati sui fallimenti di alcuni farmaci trainanti (blockbuster)”, rincara Hermann Amstad, segretario generale dell’Accademia svizzera delle scienze mediche (ASSM). “E anche le riviste del ramo sono più propense a pubblicare studi con risultati positivi”.

In ogni momento in tutto il mondo sono condotti circa 70mila studi clinici, ma pochi portano novità scientifiche, perché molti servono solo a scopi di marketing, spiega l’oncologo Reto Obrist, membro del Consiglio dell’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic.

Oggi, solo poco più della metà degli studi è pubblicata. Così i risultati sono distorti e le scelte dei medici si complicano, osserva, aggiungendo che molti studi finiscono per non essere pubblicati solo perché all’industria farmaceutica non piacciono.

Tra gli scopi della nuova legge federale sulla ricerca sull’essere umano, entrata in vigore all’inizio di quest’anno, c’è proprio quello di porre rimedio ad alcuni di questi mali. Tutti gli studi clinici condotti in Svizzera devono ora essere registrati e i ricercatori devono rispettare norme etiche supplementari e pratiche commerciali leali per assicurare la trasparenza e la qualità della ricerca.

Reputazione in gioco

Oggi, la raccomandazione generale è che le aziende dovrebbero fare solo cose che non devono nascondere, indica Annette Magnin, direttrice della Swiss Clinical Trial Organisation (SCTO), piattaforma di cooperazione centrale per la ricerca clinica svizzera. Una cattiva condotta non è solo eticamente riprovevole, ma è anche un onere finanziario e danneggia la reputazione della società, osserva.

L’industria farmaceutica svizzera, che rappresenta il 6% del prodotto interno lordo del paese, in passato ha resistito alle richieste di una più ampia divulgazione e apertura, soprattutto quando si tratta di analizzare i risultati di studi clinici. Essa si fonda su un codice di condotta auto-imposto, redatto da ScienceIndustries, la sua associazione di categoria.

Ma molte aziende negli ultimi anni hanno cominciato ad esprimersi a favore di una maggiore trasparenza e recentemente hanno cambiato le loro politiche.

La Roche sta pubblicando risultati completi di studi clinici, tramite gli enti di regolamentazione, ed estendendo a ricercatori terzi l’accesso a tutti i dati degli studi clinici. Per quanto riguarda l’efficacia del Tamiflu, un gruppo di ricercatori indipendenti sta riesaminando i dati, per verificare la loro “solidità e integrità” su cui la Roche dice che è basata la sua “efficacia e sicurezza”.

“Comprendiamo e sosteniamo gli appelli affinché la nostra industria sia più trasparente sui dati degli studi clinici, con l’obiettivo di soddisfare al meglio gli interessi dei pazienti e della medicina”, ha dichiarato nel 2013 Daniel O’Day, capo della Divisione Pharma della Roche. “Al contempo, crediamo fermamente che le autorità sanitarie debbano rimanere i guardiani della valutazione e dell’approvazione dei medicamenti”.

I produttori di farmaci sottolineano che la divulgazione completa dei dati ha anche i suoi svantaggi. Esprimono preoccupazioni circa la protezione dei dati dei pazienti e la proprietà intellettuale, nel caso in cui fossero divulgati a tutti, precisa Thomas Cueni, di Interpharma. A suo parere, l’autoregolamentazione è sufficiente.

“L’industria farmaceutica ritiene di essere ben regolata”, commenta il chirurgo Jean-François Cuttat. “Ma non promette nulla di buono il fatto che le autorità condannano nuovamente le società a divulgare informazioni e a diventare più trasparenti. Questo ricorda quello che è recentemente successo nel settore bancario”.

Le aziende farmaceutiche attive negli Stati Uniti dal settembre 2013, quando è entrato in vigore il Phsyician Payments Sunshine Act, devono pubblicare i pagamenti ai medici. Cosicché le società hanno finora rivelato più di 2 miliardi di dollari di pagamenti ai professionisti della salute. Nel 1997, il Congresso americano ha approvato una legge che impone la registrazione e la pubblicazione degli studi clinici, nel 2000 le autorità statunitensi hanno messo a disposizione del pubblico degli studi clinici sul sito internet clinicaltrials.gov.

A partire dal 2015 anche per i ricercatori dell’Unione europea è previsto l’obbligo di registrare gli studi clinici prima di iniziare e di pubblicare il resoconto dei risultati entro un anno dopo la conclusione di uno studio. Il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri devono ancora approvare la nuova legislazione.

Secondo la nuova legge svizzera sulla ricerca sull’essere umano, dal gennaio 2014, le aziende devono registrare i loro studi su un portale dell’Ufficio federale della sanità pubblica, ma la pubblicazione dei risultati non è specificata.

Le aziende farmaceutiche svizzere sono inoltre invitate a rispettare il codice farmaceutico di ScienceIndustries. A differenza degli Stati Uniti, dove i dati vengono archiviati centralmente, i produttori di medicamenti in Svizzera dal 2016 dovranno pubblicare i loro conflitti di interesse sui propri siti web, ma non ci sarà alcuna sanzione in quanto la divulgazione non è prevista dalla legge svizzera.

Immagine offuscata

La condotta etica di società svizzere negli ultimi anni è stata sotto tiro. Non solo il settore finanziario è stato protagonista di vicende negative, ma anche l’industria farmaceutica ha perso parte del suo lustro, dice il consigliere di Swissmedic Reto Obrist.

Le multinazionali non possono permettersi di essere screditate. Del resto si sono già conformate ai codici internazionali di comportamento e alle legislazioni nei mercati in cui sono attive, sottolinea il segretario dell’ASSM Hermann Amstad. Ma tutte sembrano dovere espiare peccati del passato. Tutte le società farmaceutiche di riferimento hanno avuto la loro dose di critiche nei media.

Delle aziende, come la Roche nel caso del Tamiflu e la Novartis in quello del medicamento contro l’ipertensione Diovan, sono finite sotto accusa per aver abbellito i loro studi e aver omesso o ritardato la pubblicazione di dati negativi. Obrist spera che questi recenti scandali, che hanno alimentato gli appelli pubblici per una maggiore trasparenza, contribuiscano a promuovere cambiamenti necessari da tempo.

“Oggi le aziende farmaceutiche sono solo poco prima delle banche nell’indice di popolarità”, aggiunge. “Ci vorrà molto tempo per restaurare la loro immagine intaccata e riconquistare la fiducia”.

Gli Stati Uniti sono all’avanguardia in fatto di divulgazione e trasparenza nella ricerca, mentre l’Europa è in ritardo. Negli Stati Uniti è dal 1997 che le sperimentazioni di farmaci devono essere registrate e le aziende farmaceutiche devono già rivelare i loro conflitti di interesse. La Svizzera ha iniziato soltanto ora a registrarli e l’Europa seguirà il prossimo anno.

Per gli scettici, le legislazioni esistenti e previste in Europa oltre ad essere tardive, non vanno abbastanza lontano. Organizzazioni non governative come “No free lunch” e sostenitori della campagna per la trasparenza completa AllTrials avvertono che a causa delle “costose pseudo innovazioni” senza comprovati ulteriori vantaggi, i pazienti non possono più fidarsi dei loro medici.

“Le aziende farmaceutiche sostengono che i pazienti sono la loro priorità , ma i loro interessi finanziari non possono essere ignorati”, afferma David Klemperer, di “No free lunch” Germania. “Al fine di vendere prodotti in un mercato che si aggirerà sui 1’200 miliardi di dollari nel 2017, l’industria corteggia sistematicamente medici, politici e media per cercare di indebolire la presa di coscienza sulla questione dei dati falsati e abbellire la propria immagine”.

Il tempo dirà se le nuove regole riusciranno a ridurre alcune distorsioni.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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