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La Svizzera, un banco di prova per il populismo europeo?

Un terzo della popolazione mondiale perde diritti

Nikol Pashinyan wird von Bürgern in Armenien beglückwünscht
Isola di speranza in tempi turbolenti per la democrazia: l'ex giornalista Nikol Pashinyan, diventato un anno fa primo ministro in Armenia, vuole trasformare l'autocrazia post-sovietica in una democrazia liberale a tutti gli effetti. Copyright 2018 The Associated Press. All Rights Reserved.

Tendenze autocratiche continuano a progredire a livello mondiale: mentre nel 2008 c'erano 44 democrazie a pieno titolo, nel 2018 erano appena 39. Lo dimostra il nuovo rapporto annuale V-Dem, il più completo confronto internazionale delle democrazie. Ma la democrazia non è in caduta libera, sottolineano gli autori.

Questo articolo fa parte di Dear Democracy , la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta. 

Per il 2018, i ricercatori hanno registrato 24 democrazie gravemente colpite da una tendenza autocratica. Tra loro ci sono India, Brasile e Stati Uniti, tre grandi paesi anche per numero di abitanti.

Complessivamente circa 2,3 miliardi di persone, ossia un terzo della popolazione mondiale, vivevano in paesi con poteri politici più autocratici. Nel 2016 erano solo 415 milioni di persone.

Sistemi politici

Democrazie liberali o complete: diritti fondamentali garantiti, Stato di diritto, separazione dei poteri

Democrazia illiberale o difettosa: elezioni libere ed eque. Diritti fondamentali sotto tiro, come la libertà di stampa.

Regimi ibridi: elezioni, ma manipolate. Diritti fondamentali sotto tiro, come la libertà di stampa. Compromessi Stato di diritto e separazione dei poteri. Persecuzione di oppositori politici.

Autocrazia: monarchie assolute o dittatura. Quasi nessun vero pluralismo di partito. Elezioni manipolate. Solo media statali o media vicini allo Stato. Censura, persecuzione di oppositori.

Nella panoramica globale, nel 2018 vi erano 99 democrazie e 80 autocrazie, ossia paesi in cui vengono minati regolarmente lo Stato di diritto, le libertà fondamentali e la separazione dei poteri.

Questi dati figurano nel rapporto 2019 dell’Istituto V-Dem dell’Università svedese di Göteborg. Con oltre 3000 ricercatori in tutto il mondo, il V-Dem, acronimo di Varieties of Democracy, è il più grande programma internazionale di studi sulle democrazie e ogni anno redige un importante confronto internazionale.

Manipolazione come fonte di pericolo

Nonostante la progressiva tendenza all’autocratizzazione, il numero di persone che vivevano nel 2018 in democrazie era superiore a quello del secolo scorso, sottolineano gli autori del rapporto.

Ai loro occhi, una delle maggiori sfide per le democrazie è costituita oggi dalla manipolazione di elezioni e media, come pure dalla lotta contro lo Stato di diritto e la società civile. Un altro pericolo è legato alla crescente “polarizzazione tossica”, ossia la volontà di dividere la società attraverso discorsi di odio.

Secondo l’inchiesta del V-Dem, il 70% dei regimi autocratici utilizza Internet per manipolare l’opinione pubblica.

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“Niente panico”

Nonostante questi e altri problemi, come i disavanzi nelle casse dello Stato, le democrazie si dimostrano molto solide, dichiara Anna Lührmann, videdirettrice dell’istituto V-Dem. “Non dobbiamo lasciarci prendere dal panico”.

La politologa si dice tuttavia preoccupata per la continua scelta di “uomini forti”. “Ma non abbiamo ancora raggiunto un punto di crisi in cui le democrazie consolidate cadono come in un domino”, osserva Anna Lührmann.

Cose positive lontano dal pubblico globale

Secondo la politologa tedesca, ci sono stati anche molti segnali positivi nell’ultimo anno. Tra questi, l’elezione del presidente Sooronbay Jeenbekov in Kirghizistan. “È stato il primo trasferimento pacifico del potere da un leader democraticamente eletto ad un altro in Asia centrale”.

21 paesi sono diventati più democratici negli ultimi dieci anni. Tra questi, Armenia, Tunisia, Georgia e Burkina Faso.

Storie di successo, come la Tunisia, il Bhutan, le Figi e altre democrazie non tradizionali, hanno dimostrato che la democrazia può ancora conquistare nuovi sostenitori.     

V-Dem

Varieties of Democracy è il più grande programma di ricerca internazionale e di confronto delle democrazie.

Coinvolge 18 responsabili di progetto, 170 coordinatori nazionali e 3000 esperti nazionali.

Valutano la qualità dei sistemi politici di 202 paesi sulla base di oltre 470 criteri.

Oggi, il database contiene quasi 27 milioni di dati.

L’Istituto V-Dem ha sede presso l’Università di Göteborg.

I ricercatori hanno anche registrato un andamento positivo a livello locale e regionale. In particolare, la democrazia elettorale è in crescita in quest’ambito.

Viktor Orbán e le conseguenze

Gli autori prestano particolare attenzione all’Ungheria. Nel 2010 il primo ministro Viktor Orbán ha degradato il paese da democrazia liberale a democrazia elettorale. Da allora ha continuato a promuovere l’erosione della democrazia in settori quali la diversità dei media e la libertà della scienza.

L’Ungheria è quindi “sul punto di crollare in un’autocrazia elettorale”, secondo il rapporto. Se questo crollo dovesse effettivamente verificarsi, l’Ungheria sarebbe la prima ex democrazia liberale a compiere il passo verso un regime ibrido.

Orbán mantiene buoni contatti con i leader conservatori europei e con il presidente americano Donald Trump. Gli autori temono che questi legami possano portare ad un ulteriore deterioramento della democrazia.

Il V-Dem ha anche stilato una sorta di lista rossa. I dieci paesi con i maggiori rischi di cadere nelle mani di autocrati entro il 2020 figurano in questo elenco. Tra questi, Filippine, Fiji, Mali e Guatemala. Gli autori temono che “all’interno dello spettro dei regimi democratici ci sarà un allontanamento dalla democrazia liberale”.

All’altra estremità della scala, Norvegia, Svezia, Danimarca, Estonia e Svizzera sono in testa all’indice della democrazia liberale.

Traduzione di Armando Mombelli

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