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Lavoratori svizzeri in salute e meno stressati

Le condizioni di lavoro in Svizzera continuano a essere tutto sommato buone. Secondo uno studio presentato dalla SECO, 9 dipendenti su 10 sono soddisfatti, sebbene gli standard si siano ridotti in dieci anni. I dati sono in parte contestati dai sindacati.

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La Segreteria di Stato dell’economia (SECOCollegamento esterno) ha presentato lunedì i risultatiCollegamento esterno della sesta indagine europea sulle condizioni del lavoro e i rischi potenziali per la salute, condotta in 35 paesi.

L’89% degli intervistati in Svizzera sostiene di essere in buona salute: un risultato che posiziona il paese al di sopra della media europea.

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Mal di schiena, di testa e al collo

Ai primi posti, tra i problemi che affliggono la forza lavoro elvetica, figurano il mal di schiena – che ha colpito il 36% dei lavoratori rimasti a casa – il mal di testa e i dolori muscolari e al collo.

Il sondaggio ha preso in esame le risposte di 1000 lavoratori dipendenti nella Confederazione, che vi partecipa per la seconda volta. Lo studio, che a livello europeo è stato condotto su 43’000 da EurofondCollegamento esterno, ha lo scopo di fotografare le condizioni di lavoro e segnalare i margini di miglioramento.

Viene sottolineato ad esempio che sempre più persone soffrono di dolori alle mani e ai polsi e questo per delle posizioni del corpo errate e che si potrebbero facilmente correggere. Rispetto al 2005 è pure aumentata la quota dei lavoratori che affermano di dover effettuare movimenti ripetitivi, una situazione invece rimasta stabile in Europa.

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È rientrato nella media europea, invece, lo stress sul posto di lavoro, uno dei fattori che incidono di più sulla qualità della vita dei dipendenti.

Lavoratori sotto pressione

Reagendo allo studio, i sindacati fanno notare che i risultati evidenziano quanto denunciano da anni: i dipendenti sono sotto pressione, rilevano in note distinte l’Unione sindacale svizzera (USS), Unia e Travail.Suisse, puntando il dito contro la flessibilità ad ogni costo e gli orari imposti dall’alto.

I lavoratori sono sempre più in balia di interessi economici a breve termine, denuncia l’USS che, come gli altri sindacati constata come fra il 2005 e il 2015 sia nettamente calata la quota di lavoratori che possono decidere i propri orari di lavoro, mentre sono cresciute le esigenze di flessibilità da parte del padronato.

È una tendenza pericolosa, continua l’USS, poiché solo il 45,2% delle aziende in Svizzera valuta regolarmente i rischi dello stress sul lavoro, mentre altrove (Regno Unito, Danimarca) questo tasso è del 90%.

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