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In Svizzera non sorgeranno nuovi minareti

Il verdetto delle urne è chiaro: non potranno essere costruiti nuovi minareti nella Confederazione Keystone

Il popolo elvetico ha accettato l'iniziativa volta a impedire l'edificazione di minareti, rifiutando invece il divieto di esportare materiale bellico. Approvato pure il finanziamento speciale nel settore del traffico aereo.

La percentuale di voti favorevoli all’iniziativa sui minareti si situa al 57,5%, contrariamente a quanto pronosticato dai sondaggi effettuati nelle settimane precedenti, i quali indicavano un rifiuto popolare nella misura del 63%.

La maggioranza dei cantoni è netta: soltanto il semicantone di Basilea Città (dove risiede la maggiore comunità musulmana della Svizzera), Vaud, Neuchâtel e Ginevra hanno respinto l’iniziativa.

Il divieto d’edificazione ha raccolto i consensi maggiori nei cantoni di Appenzello interno (71,5%), Glarona (68,8%), Ticino (68,1%) e San Gallo (65,9%). Undici cantoni germanofoni hanno inoltre accettato il testo con percentuali superiori al 60%. A sorpresa, anche cantoni tendenzialmente progressisti come Zurigo e Berna figurano tra i favorevoli.

L’iniziativa sull’esportazione di materiale bellico è stata invece respinta dagli elettori svizzeri con il 68,2% di voti contrari. Nessun cantone l’ha accolta.

L’ultimo oggetto in votazione – il decreto che proponeva di destinare all’aviazione civile i proventi delle tasse riscosse sul traffico aereo – è stato plebiscitato dalla totalità dei cantoni e dal 65% dei cittadini.

Il tasso di partecipazione al voto ammonta complessivamente al 53%.

Tema scottante

Reinhard Schulze, professore di islamologia all’Università di Berna, ha dichiarato alla radio svizzerotedesca che il risultato dello scrutinio indica la volontà degli elettori di una trattamento differenziato per le varie confessioni. A suo parere, dovrà comunque essere verificata la compatibilità del responso popolare con il diritto internazionale. È infatti probabile che gli oppositori ricorreranno fino a Strasburgo, come già annunciato dagli ecologisti.

La questione dei minareti ha polarizzato l’attenzione dell’opinione pubblica. L’iniziativa popolare lanciata dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e dall’Unione democratica federale (UDF, destra ispirata alla Bibbia) chiedeva di introdurre un nuovo capoverso nella Costituzione che recita: “L’edificazione dei minareti è vietata”.

La campagna per la votazione si è infiammata in seguito alle polemiche relative al manifesto del comitato d’iniziativa. Il cartellone – sul quale sono raffigurati una donna che indossa il burqa e minareti disseminati su una bandiera rossocrociata – è stato proibito in numerosi comuni, perché giudicato offensivo nei confronti dei musulmani che vivono pacificamente in Svizzera.

Una misura che per i promotori è antidemocratica e viola la libertà di espressione. Laddove il manifesto originale è stato proibito, i fautori dell’iniziativa lo hanno sostituito con uno sul quale al posto della donna velata e dei minareti campeggiava la parola “censura”.

Armi esportabili

Il popolo elvetico ha inoltre deciso che la Confederazione può continuare a esportare armi. Il testo chiedeva alla Confederazione di proibire l’esportazione e il transito attraverso la Svizzera di materiale bellico, comprese le tecnologie che possono servire alla produzione di armamenti. La proposta sanciva pure l’obbligo per la Confederazione di sostenere per dieci anni le regioni e i dipendenti colpiti dalle conseguenze del bando.

Per i promotori si trattava di una questione etica: porre fine al “commercio della morte” e offrire alla Svizzera l’opportunità di una riconversione dell’industria bellica in una civile, conformemente alle tradizioni elvetiche di neutralità e di politica umanitaria.

Gli oppositori hanno replicato che i costi per la Confederazione sarebbero troppo elevati e che l’industria bellica non potrebbe sopravvivere solo con la produzione interna. La sicurezza nazionale risulterebbe quindi compromessa. Know-how e posti di lavoro andrebbero inoltre persi anche per l’industria civile.

L’iniziativa era sostenuta da una coalizione capeggiata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito e composta da una trentina di partiti di sinistra, ecologisti, sindacati, organizzazioni pacifiste per la difesa dei diritti umani, pacifiste e femministe.

Il cherosene non infiamma

Praticamente mai dibattuto durante la campagna e osteggiato soltanto dai Verdi, il terzo oggetto in votazione è stato accettato dai due terzi dei votanti.

Il decreto federale proponeva di destinare all’aviazione civile i proventi delle tasse riscosse sul traffico aereo. I fondi saranno utilizzati per rafforzare la sicurezza tecnica, la protezione contro attacchi terroristici e la lotta all’inquinamento fonico.

Il progetto governativo aveva ottenuto un vasto consenso già in parlamento. Gli ecologisti avevano invece giudicato insufficienti i mezzi riservati per finanziare le misure di protezione dell’ambiente e di riduzione dell’inquinamento fonico.

Particolarmente favorevoli al decreto i cittadini ginevrini (72,5%) e zurighesi (69,2%): entrambi i cantoni possiedono infatti un aeroporto internazionale.

swissinfo.ch

Il 29 novembre l’elettorato svizzero ha votato su tre temi. Due iniziative popolari, denominate rispettivamente “Contro l’edificazione di minareti” e “Per il divieto di esportare materiale bellico” e un decreto federale, concernente la creazione di un sistema di finanziamento speciale per compiti connessi al traffico aereo.

Tutti i tre oggetti comportano una modifica costituzionale. Perciò, per essere avallati, necessitavano della doppia maggioranza del popolo e dei cantoni.

Governo e parlamento avevano raccomandato di respingere entrambe le iniziative e approvare il decreto. Oltre che sui tre temi federali, in 16 cantoni gli elettori sono stati chiamati a esprimersi su 21 oggetti di carattere regionale.

L’iniziativa popolare permette ai cittadini svizzeri di proporre una modifica della Costituzione. Per essere valida, il testo deve essere sottoscritto da almeno 100’000 aventi diritto di voto nell’arco di 18 mesi.

Il parlamento può decidere di accettare direttamente l’iniziativa, di rifiutarla o di allestire un controprogetto. In ogni caso, viene comunque organizzato un voto popolare. Per essere adottata, l’iniziativa deve ottenere la doppia maggioranza: quella dei cittadini e quella dei cantoni.

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