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Italia a mano armata

Le licenze di porto d’armi ad uso sportivo sono fortemente aumentate in Italia negli ultimi anni. Una scorciatoia per avere più facilmente una pistola o un fucile da tenere in casa per sentirsi più sicuri?

Il testo di modifica della legge sulla legittima difesa approvato lo scorso 4 maggio alla Camera è ancora in attesa dell’approvazione definitiva in Senato, il provvedimento è voluto dai centristi di Alfano e dal Pd. La sinistra parla di “Far West”, la destra considera le modifiche ancora troppo poco incisive. Anche Matteo Renzi non è contento del testo e vorrebbe cambiamenti in Senato. Il provvedimento, se approvato nella forma attuale, fornirebbe una scriminante ai reati di eccesso di legittima difesa che avvengono nel proprio domicilio durante le ore notturne, smontando il principio di proporzionalità tra reazione ed aggressione, regolato dall’articolo 52 del codice penale italiano.

La necessità di mettere mano alla norma nasce dall’aumento del senso di insicurezza dei cittadini italiani. Difficile dire se si tratti di un aumento reale del pericolo o di un aumento della diffidenza provocato da un’eccessiva eco delle propagande populiste in tema di sicurezza, che di certo non giocano a favore di un’analisi puntuale del problema, né tantomeno aiutano a scongiurare la deriva verso un contesto in cui ci si possa sentire legittimati a farsi giustizia da soli.

Quasi un italiano su 10 ha un’arma

Di fatto nel paese negli ultimi anni la detenzione di armi da fuoco da parte dei cittadini è aumentata. A fornire i dati mediante un rapporto annuale è l’Eurispes, un ente privato italiano che si occupa di studi politici, economici e sociali. Secondo l’ultimo rapporto in Italia una famiglia su sei possiede un’arma, un mini esercito di 4 milioni di nuclei familiari con in testa Lombardia e Piemonte, subito dietro il Lazio. Secondo una stima del Ministero dell’Interno, gli italiani armati sono 4 milioni e ottocentomila, ovvero l’8,4% della popolazione.

In Italia si può avere accesso ad un arma da fuoco in tre modi, per difesa personale, per la caccia (uso venatorio) e per l’uso sportivo. Il primo, il cosiddetto “porto d’armi per difesa personale” è molto difficile da ottenere, le regole sono stringenti, infatti le licenze di questo tipo sono in calo. Anche la caccia è in flessione in Italia. A mantenere alto il numero di nuove licenze è il porto d’armi ad uso sportivo. Grazie a quest’ultimo il numero delle licenze negli ultimi sette anni è aumentato del 30%. Così come sono aumentate le munizioni testate e immatricolate ogni anno al Banco nazionale di prova per le armi da fuoco.

Una scorciatoia?

Maurizio Marinelli, direttore del Centro Studi Sicurezza Pubblica e presidente dell’Associazione Nazionale Polizia di Stato con sede a Brescia – distretto di produzione della famosa Beretta – conferma la preoccupazione che si semplifichi un problema molto complesso e lancia l’allarme di non abbassare la guardia sul tema della legittima difesa, sul corretto uso e l’appropriata detenzione di armi da fuoco.

È strano, sostiene Marinelli, che i permessi per andare a caccia siano calati mentre quelli per esercitarsi al poligono di tiro sono cresciuti così fortemente. Difficile pensare che si tratti solo di un massiccio interesse per lo sport del tiro. In Italia ottenere il porto d’armi da fuoco per difesa personale è molto difficile e le licenze di questo tipo sono in calo, bisogna fare attenzione che la licenza sportiva non venga usata come una scorciatoia per l’accesso alla pistola o al fucile da tenere in casa per sentirsi più sicuri.

Fabiano Visintini, titolare dell’armeria Red Point si confronta quotidianamente con queste tematiche. Con i suoi clienti discute spesso delle normative che regolano il suo lavoro. La modifica della legge ha provocato dibattiti accesi anche nella sua armeria.

Visintini assicura che tutte le persone che frequentano il suo negozio sono estremamente informate, consapevoli dei rischi, e che tutto il suo lavoro è controllato e gestito dalla Questura. “Non c’è nessuna corsa selvaggia all’armamento”, afferma. Anzi il settore registra a suo dire un calo. La sua azienda esiste da cinquant’anni ed è l’unica nella zona. Non molti anni fa ve ne erano cinque.

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