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In Africa arriva la procreazione assistita a basso costo

In Africa i bambini non mancano di certo, ma il tasso di sterilità è comunque elevato Reuters

Una fecondazione assistita per meno di 300 dollari? È ormai possibile in alcuni paesi africani, grazie a una fondazione con sede a Lugano che finanzia dei centri specializzati in Tanzania, Sudafrica e Sudan.

L’infertilità e la sterilità di coppia non sono una specificità dei paesi industrializzati. Il problema è acuto anche nelle regioni in via di sviluppo, dove vi è sì un tasso di natalità elevato, ma anche un tasso di sterilità molto alto.

Secondo un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità pubblicato nel 2004, più di 186 milioni di donne sposate in età riproduttiva nei paesi in via di sviluppo soffrono d’infertilità primaria o secondaria (quella insorta dopo una gravidanza per ragioni diverse).

In sei dei 47 paesi presi in considerazione nello studio, il tasso d’infertilità primaria tra le donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni supera il 4%. Le percentuali più alte si ritrovano nell’Africa sub sahariana, con punte del 10,5% nella Repubblica Centrafricana e del 7,3% in Camerun. L’infertilità secondaria colpisce invece oltre il 35,8% delle donne in Uganda, il 33,7% nella Repubblica Centrafricana e il 33,5% in Costa d’Avorio. A titolo di paragone, negli Stati dell’America latina i tassi sono compresi tra il 10 e il 15% circa.

Stigma

“In certe regioni l’infertilità è considerata una vera e propria stigma. Una donna che non riesce a procreare – indipendentemente dal fatto che la ‘colpa’ sia del marito – viene spesso rifiutata dalla società. Spesso può soltanto sopravvivere di elemosina o prostituendosi e la percentuale di suicidi tra le donne considerate sterili è molto alta”, spiega il dottore Luca Gianaroli, direttore dell’Istituto internazionale di medicina della riproduzione di Lugano e presidente dell’European Society of Human Reproduction and Embriology (ESHRE).

“Partendo da questa constatazione ci siamo detti che era giunto il momento di far approfittare anche queste popolazioni delle metodiche che abbiamo contribuito a sviluppare”, aggiunge il medico italiano, che nel 2007 ha deciso così di dar vita alla fondazione Low Cost IVF Foundation, assieme ad altri tre luminari della procreazione assistita, gli australiani Alan Trounson e Ian Cooke e la finlandese Outi Hovatta.

Da qualche mese è cosa fatta. La fondazione è infatti riuscita ad aprire dei centri ad Arusha, in Tanzania, e a Città del Capo, in Sudafrica. Un terzo centro aprirà i battenti in ottobre a Karthum, in Sudan.

Problema dei costi

Il principale problema da risolvere era naturalmente quello legato ai costi, che in Europa o in America raggiungono facilmente i 10’000 franchi per un trattamento di fecondazione in vitro.

“Abbiamo dovuto ripensare le metodiche, semplificare le tecniche e ridurre le indicazioni cliniche, il che vuol dire che non tutti i pazienti possono essere sottoposti a questi trattamenti”, spiega Gianaroli.

Ad esempio, per la stimolazione ovarica sono utilizzati dei medicinali poco costosi, al posto delle forme ricombinanti delle gonadotropine impiegate nelle cliniche occidentali. I complessi incubatori cellulari ad anidride carbonica, che servono a coltivare gli embrioni prima del trasferimento in utero, sono invece rimpiazzati da piccole capsule di plastica.

“Nei paesi occidentali, il 90% delle attrezzature di punta dei laboratori servono solo al 10% circa delle coppie infertili. Scartando questo 10% eliminiamo già buona parte di questi costi elevati. Inoltre acquistiamo materiale monouso in quantità ragionevole e non ci rivolgiamo al mercato europeo, ma ad esempio a quello indiano. Bisogna infine tener conto che i salari del personale medico e i costi delle infrastrutture in Tanzania o in Sudan sono ben inferiori rispetto ai nostri”, aggiunge il ginecologo italiano.

“Neocolonialismo procreativo”?

Grazie a queste misure di contenimento dei costi, i centri sostenuti dalla Low Cost IVF Foundation sono in grado di proporre una fecondazione assistita per una cifra che si aggira attorno ai 300 dollari. “Questa somma resta pur sempre elevata per la popolazione media – precisa Gianaroli –, ma nello stesso tempo diventa interessante se i governi locali vogliono fornire un aiuto reale”.

La creazione di questi centri non mancherà di suscitare qualche controversia dal punto di vista etico. Recentemente, in un commento pubblicato sul quotidiano della Conferenza Episcopale italiana Avvenire, Roberto Colombo ha definito il progetto “neocolonialismo procreativo”. “Non sarebbe più ragionevole – si è chiesto il giornalista italiano – investire risorse per iniziative di aiuto alimentare e sanitario e di educazione familiare e sociale capaci di rimuovere le cause maggiori di sterilità”, ossia infezioni a trasmissione sessuale, carenze alimentari e igieniche e mutilazioni genitali.

Una critica che Gianaroli respinge con fermezza: “Indipendentemente da cosa si pensa di queste metodiche, credo che il fatto di non capire quanto sia drammatica la vita di una donna sterile in Africa significhi dimostrarsi ignoranti”.

Daniele Mariani, swissinfo.ch

1977: Robert Edwards e Patrick Steptoe riescono per la prima volta a trasferire un embrione ottenuto con una fecondazione in vitro nell’utero di una donna. Il primo essere umano nato grazie a questa tecnica è Louise Brown, che viene alla luce il 25 luglio 1978.

1982: La banca del seme della California rende accessibile lo sperma dei suoi donatori alle donne nubili e a quelle omosessuali.

1983: Prima gravidanza ottenuta grazie all’impianto di un embrione congelato.

1989: Primi tentativi riusciti di diagnosi preimpiantatoria.

1992: Prima gravidanza ottenuta con la tecnica dell’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo.

1996: Nascita del primo mammifero clonato, la pecora Dolly.

2000: Determinazione parziale della sequenza del genoma umano

2003: Delle cellule simili agli ovuli sono prodotte a partire da cellule staminali.

2004: In Giappone nasce Kaguya, una topolina riprodotta con la tecnica della partenogenesi, ossia senza l’intervento di spermatozoi.

2005: Una donna di 66 anni mette alla luce il suo primo figlio grazie a un dono di sperma e di ovuli.

2006: Nascita di topi concepiti con spermatozoi coltivati in laboratorio.

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