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Importazioni da record di oro russo

Lingotti d oro.
Ad agosto sono entrati in Svizzera 5,6 tonnellate di oro proveniente dalla Russia per un valore di 312 milioni di franchi. Keystone / Martin Ruetschi

Nonostante l’embargo, ad agosto l’oro russo è arrivato in grandi quantità in Svizzera. Secondo le autorità federali sarebbe tutto regolare.

Lo scorso 3 agosto il Consiglio federale ha varato il divieto di importazione di oro russo, allineandosi alle sanzioni imposte dall’Unione Europea in risposta all’invasione dell’Ucraina. Una decisione entrata immediatamente in vigore. Eppure, come si evince dal rapporto mensile sul commercio estero stilato dall’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC), ad agosto in Svizzera è comunque stato importato un quantitativo di metallo prezioso (oltre 5,6 tonnellate per l’esattezza) per un valore di 312 milioni di franchi. Si tratta, secondo i dati ufficiali, del valore più alto dall’inizio della guerra.

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L’UDSC riferisce che l’oro proveniente dalla Federazione è arrivato in Svizzera per il tramite del Regno Unito e che “rispettava le condizioni di legge” al momento dell’importazione. Su precisa richiesta della RSI, funzionari hanno spiegato che si trattava di “spedizioni che soddisfano le condizioniCollegamento esterno applicabili al momento della loro importazione in Svizzera. Poiché le merci sono state esportate dalla Federazione Russa prima del 4 agosto 2022, – spiega l’UDSC – non sono nemmeno soggette al divieto di importazione dell’oro e dei prodotti in oro di origine russa deciso dal Consiglio federale.”

Quante ordinazioni e quando sono state eseguite e quali sono i cantoni di provenienza? Domande che abbiamo rivolto all’amministrazione federale, che tuttavia non ha risposto “per ragioni legali”, spiega l’UDSC.

Mai così tanto oro russo

Le cifre della Confederazione rivelano inoltre che da gennaio ad agosto, è stato importato oro dalla Russia per un valore di quasi 830 milioni di franchi (per un totale di oltre 21 tonnellate): si tratta di un record negli ultimi cinque anni per quanto attiene al valore e ben il 35% in più rispetto al 2021. Una tale cifra, stando ai dati storici conservati da Berna ed elaborati dalla RSI, non era mai stata così alta nei primi otto mesi dell’anno. Questa somma, che si spiega anche con l’aumento del prezzo del metallo prezioso quest’anno, è stata inoltre raggiunta nel pieno del conflitto in Ucraina, nonostante pressioni politiche e internazionali.

“Cifre preoccupanti”

Si tratta di un dato “estremamente alto”, sostiene Marc Ummel di Swissaid, “sono cifre elevate e preoccupanti”. Allo stesso tempo, spiega ai nostri microfoni il responsabile del settore materie prime in seno all’ONG, “sappiamo che si tratta di oro transitato nel Regno Unito, ma non sappiamo quando. Supponiamo quindi che si tratti di oro prodotto e raffinato prima delle sanzioni”.

Ummel ritiene inoltre che, in merito a queste importazioni, si pone una questione etica: “Prima delle sanzioni, in marzo, c’era stato un blocco spontaneo anche in Svizzera, poi le ordinazioni sono riprese con quantità elevate sino alle oltre 5 tonnellate di agosto. Quindi, attualmente, nonostante la guerra c’è ancora chi era ed è interessato all’oro russo”.

“Oro destinato alla banche”

La Svizzera è leader mondiale nel settore dell’affinaggio e del commercio di questo metallo prezioso: si stima che le cinque raffinerie presenti nella Confederazione – in Ticino e Romandia – lavorino fino al 70% dell’oro estratto in tutto il mondo. Tuttavia, le ingenti quantità d’oro finora importante non sembrano essere destinate a queste aziende. Christoph Wild, presidente dell’Associazione svizzera dei fabbricanti e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP), spiega che analizzando la statistica appare chiaro come “la stragrande maggioranza di quest’oro non era destinata all’affinaggio ma ad altri usi”. Quali? “Probabilmente era destinato a una o più banche o a investitori istituzionali”, risponde, aggiungendo che si tratta comunque di oro “di provenienza legittima”.

Il prezzo dell’oro è fortemente aumentato negli ultimi mesi toccando quasi i 2’000 dollari l’oncia, ricorda Wild, per questo le cifre sul valore delle importazioni sono in crescita. Tutto legale, quindi. Ma anche opportuno? La risposta è complessa, spiega Christoph Wild, poiché anche se si tratta di oro russo, se prodotto e immesso nel circuito in precedenza non significa che la sua compravendita non sia eticamente corretta.

“I nostri membri hanno il dovere di conoscere la provenienza dell’oro che affinano e trasformano, – aggiunge – ma se proviene da una sorgente legittima, che non sottostà a sanzioni, non si pongono particolari problemi; anche se russo, può trattarsi di oro in circolo da decenni, che non ha niente a che vedere con la produzione fresca a partire da febbraio (quando il presidente russo Vladimir Putin decise di invadere l’Ucraina, ndr.) o dopo il varo delle sanzioni”.

Russia secondo produttore mondiale

La Russia è il secondo produttore di oro al mondo e si stima che dal suo territorio arrivi il 10% del totale che viene estratto ogni anno. Questo metallo prezioso rappresenta inoltre la seconda voce, dopo l’energia (petrolio e gas) delle esportazioni russe, stando ai dati dell’ Observatory of Economic ComplexityCollegamento esterno, che stima in 18,7 miliardi di dollari i ricavi generati dall’export nel 2020 (ultimi dati consolidati). Le sanzioni – varate dall’UE il 21 luglio scorso e riprese dalla Svizzera dopo due settimane – sono state quindi pensate per incidere sul finanziamento dell’offensiva in Ucraina, nonché per impedire agli oligarchi di convertire i loro beni, aggirando le sanzioni.

“Serve più trasparenza”

L’embargo attuale riguarda quindi solo l’oro di nuova estrazione o raffinato. “Si tratta di norme chiare – commenta ancora Marc Ummel di Swissaid – ma resta da capire come le autorità vigileranno su questo divieto”. Il mercato dell’oro è stato spesso accusato di essere poco trasparente e non sembra quindi così scontato impedire realmente che l’oro prodotto o raffinato in Russia dopo lo scoppio della guerra non arrivi in Svizzera transitando prima da altri paesi. La filiera è opaca, conclude Ummel: “Non è obbligatorio dichiarare l’origine primaria, ma basta quella dell’ultimo importatore. Per questo è necessaria maggiore trasparenza sull’oro: per capire chi si nasconde realmente dietro”.

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