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Imparare dal sorriso a metà di Zeinabu

Parecchie etnie, ma nessun problema alla "Maison" di Massongex swissinfo.ch

Unico nel suo genere, il centro «La Maison» in Vallese ospita bambini malati venuti da lontano. La sua idea? Garantire a tutti il diritto di vivere.

Grazie al progetto finanziato da Terre des hommes, centinaia di giovani pazienti sono potuti giungere in Svizzera per curare gravi malattie e malformazioni.

Ad Abbas mancano soltanto due reti per vincere la partita. La concentrazione è altissima: gli occhi del giovane africano proveniente dal Togo seguono ogni traiettoria della pallina bianca del calcetto. Su e giù, su e giù. Tiro. Parata. Ancora un tiro. Gol!

Di fianco al tavolo da gioco, la prodezza di Abbas passa inosservata. Sul materassino verde, tra pupazzi di peluche e cestini di giocattoli, l’attenzione è tutta per i grossi mattoncini Duplo, disseminati un po’ ovunque. Sparsi qua e là nel locale anche una quindicina di bambini: qualcuno con una bambola in mano, altri seduti placidamente per terra.

Fuori piove, una giornata grigia. L’atmosfera all’interno della sala ricreativa dell’edificio principale della «Maison» (La casa) è però allegra e i giovani ospiti del centro di Massongex, nel canton Vallese, si divertono.

Sfortunatamente, non sono qui per svagarsi. «Accogliamo bambini dall’estero che necessitano di cure», spiega a swissinfo Philippe Gex, da 5 anni direttore del progetto gestito dalla sezione vallesana di Terre des hommes (Tdh).

Il diritto di vivere

Ogni anno sono circa 200 i bambini di età compresa fra 1 e 15 anni che non potendo ricevere le cure appropriate nel loro Paese, sono trasferiti in Svizzera dall’organizzazione umanitaria elvetica.

Per molti, la possibilità di subire un intervento chirurgico in uno dei due ospedali universitari della Svizzera romanda (Losanna e Ginevra) è l’unica alternativa al tragico destino riservato loro altrimenti dalle malattie che li affliggono (cardiopatie, malformazioni).

In provenienza soprattutto dall’Africa, i giovani malati sono accolti alla «Maison», dove una ventina di persone qualificate li assiste prima e dopo il ricovero in ospedale.

Il centro di Tdh non offre solamente sostegno sanitario e psicologico. Vuole dare molto di più: «Il diritto di vivere», ci dice Gex, ricordando quanto sancito dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia dell’ONU, ratificata da Berna nel 1997.

Un centro unico

Sono le 15.30: è l’ora della scuola per i grandi. I più piccoli sono invece attesi dall’educatrice nell’edificio accanto.

Abbas deve interrompere la sua partita e mentre la piccola Hajar – grandi occhi neri che spuntano da sotto un berretto blu – cerca le sue calze, i collaboratori del centro danno prova di tutta la loro pazienza aiutando i più impacciati con giacche, sciarpe e guanti. Abiti insoliti, per chi è abituato al caldo della savana.

«Non credo che nel mondo esistano altri luoghi come questo», afferma Gex, spiegando che altrove si fa piuttosto ricorso a famiglie di accoglienza. «L’integrazione di un bambino malato e di un’altra cultura in una famiglia è però difficile. Alcuni genitori si legano inoltre troppo al piccolo, ciò che rende traumatico il momento del distacco».

I piccoli della «Maison» – che mediamente soggiornano in Vallese per 3 mesi – non hanno, al contrario, nessuna voglia di rimanere: tutti sono impazienti di ritrovare famiglia e amici. D’altronde, sono qui per essere curati, non adottati.

Lezioni di umanità

Sotto la pioggia battente ci spostiamo verso l’asilo. Qualcuno mi tende la mano. È Zeinabu, nigeriana. Una bambina uguale a tutte le altre, eppure così terribilmente diversa. Il Noma (una cancrena facciale diffusa in Africa) le ha segnato per sempre il viso: il suo bel sorriso è ora interrotto a metà da un profondo solco.

Bella o brutta da vedere, qui non ha nessuna importanza: «Abbiamo spesso notato – sottolinea Gex – come i bambini si guardino senza pregiudizi, andando al di là dell’aspetto fisico. C’è una solidarietà straordinaria che riduce notevolmente i casi di rifiuto verso chi soffre di grossi handicap».

Accanto a lezioni di umanità per gli adulti, i piccoli della «Maison» offrono anche una grande speranza ai bambini svizzeri. Le loro malattie hanno infatti permesso alla ricerca clinica di effettuare grandi passi in avanti; basti pensare che il 50% dei pazienti operati al cuore a Losanna e Ginevra proviene dai programmi di Tdh.

A questo proposito, il direttore del centro sottolinea che «i progressi in campo medico sono una conseguenza indiretta e non la causa del progetto di Tdh; i bambini non sono assolutamente delle cavie!».

Un piccolo (grande) aiuto

Seduti in cerchio sui divanetti di stoffa nell’ampia stanza che funge da giardino d’infanzia, i bambini hanno voglia di intonare «la canzone della mucca». Ma l’abbiamo cantata già stamattina, esclama l’educatrice. Non fa nulla. A loro piace.

Dietro ai bambini che cantano in coro, un po’ in disparte, colui che qui tutti chiamano «papà»: forse anche Philippe Gex si starà chiedendo che cosa ne sarà di tutti questi bambini, una volta rientrati nel Paese d’origine.

Sebbene le nostre antenne locali restino a disposizione nel caso di necessità – ci spiega – non vogliamo che bambini e famiglie diventino dipendenti dai nostri servizi; ognuno dovrà seguire la propria via. Qui non facciamo altro che fornire un piccolo aiuto a chi ne ha bisogno.

swissinfo, Luigi Jorio, Massongex

Nel 1963, il consigliere comunale di Monthey, Paul Veillon, risponde all’appello del fondatore di Terre des hommes, Edmond Kaiser, trovando 30 famiglie disposte ad accogliere una sessantina di bambini vittime della guerra d’Algeria.

Ai piccoli algerini fanno seguito giovani vietnamiti e cambogiani.

Il sistema delle famiglie di accoglienza manifesta presto degli inconvenienti: i bambini si attaccano troppo ai nuovi genitori ed il momento del rimpatrio è vissuto con estrema sofferenza.

La sezione vallesana di Terre des hommes decide così di acquistare e trasformare una vecchia clinica privata, la quale diventa «La Maison» nel 1970.

Da allora, ha accolto circa 4’500 bambini.

La Maison di Massongex (Vallese) è costituita da 6 edifici su un’area di 10’000 m2.
Ogni anno accoglie circa 200 bambini.
I giovani pazienti provengono da una ventina di Paesi, soprattutto dall’Africa (in particolare da Marocco, Senegal, Togo e Madagascar).
Accanto a scuola ed asilo, i bambini partecipano ad attività manuali, educative e sportive.
2,7 milioni di franchi il budget annuo.

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