La televisione svizzera per l’Italia
La nuova immigrazione italiana in Svizzera

Perché Zurigo attira così tanti talenti italiani

persone davanti a edificio
Angela Bonato e Giovanni Spitale in Italia non sono riusciti a trovare impiego come ricercatori. © Urs Jaudas/tages-anzeiger, All Rights Reserved

Oggi sono soprattutto ricercatori, giuristi e medici che si trasferiscono in Svizzera dall'Italia - e considerano Zurigo la città perfetta. Vi proponiamo qui la traduzione italiana dell'articolo di Sandro Benini apparso il 4 gennaio sul quotidiano Tages-Anzeiger.

Da più di mezz’ora, Elena Osto e Alessandro Tulli sono seduti in una pizzeria zurighese e non è ancora stata pronunciata una parola positiva sull’Italia. “È terribile come il mio Paese stia perdendo il suo potenziale intellettuale”, dice la donna, 42enne cardiologa e ricercatrice all’ospedale universitario di Zurigo. “L’Italia è una nazione in declino”, le fa eco il suo coetaneo giurista presso una grande compagnia di assicurazioni. 

Tornare in Italia per Natale, visitare la famiglia, incontrare vecchi compagni di studi – questo sì. Ma ritornare definitivamente? “Solo se la situazione migliorasse di molto”, risponde Elena Osto che, dopo aver completato un soggiorno di ricerca di un anno e mezzo a Zurigo nel 2005, ha deciso di emigrare in Svizzera una volta conseguita la laurea in medicina, ottenendo in seguito anche la naturalizzazione.

“Ma la situazione non migliora, anzi, è il contrario”, dice Alessandro Tulli, che abita a Zurigo da oltre 10 anni. Padre di due figli, la sua procedura di naturalizzazione è ormai completata e non solo parla bene tedesco (come Osto), ma ha anche un talento per il dialetto zurighese.

Persona sorridente
“Qui a Zurigo sono diventato vice amministratore nel giro di due anni. In Italia, non avrei potuto neanche sognarmelo”. Alessandro Tulli, giurista. © Urs Jaudas/tages-anzeiger, All Rights Reserved

Osto e Tulli appartengono a una nuova generazione di immigrati italiani che differisce parecchio da quella degli anni ’60 e ’70. In quell’epoca arrivavano soprattutto persone che lavoravano nelle fabbriche, nei cantieri edili, nella ristorazione e nel settore alberghiero.

È vero che lo storico e specialista di migrazione Toni Ricciardi, che insegna all’Università di Ginevra, fa notare come sia aumentato considerevolmente non solo il numero di immigrati altamente qualificati, ma anche quello di persone con un basso livello di formazione. Tuttavia, circa il 40% degli immigrati registrati presso il consolato italiano di Zurigo dichiara di aver completato gli studi universitari o almeno il liceo.

Questo non può essere verificato. È comunque significativo che nel XX secolo la maggior parte della diaspora italiana venisse dal sud della Penisola, mentre oggi la regione di origine più rappresentata è la Lombardia, con le sue molte università e il suo settore terziario sviluppato.

Una vita di incertezze

Alessandro Tulli non è lombardo, ma di Roma. Ha ancora il tono di voce energico e gioviale tipico degli abitanti della capitale italiana nonostante i dieci anni passati a Zurigo e questo è subito evidente quando si rivolge al cameriere (italiano), ordinando un bicchiere di vino siciliano e pasta alla carbonara.

Non gli era andata così male dopo gli studi di giurisprudenza, racconta. Una volta ottenuto il diploma aveva infatti cominciato a lavorare in Italia presso la società di consulenza finanziaria Ernst & Young. Era solo che i suoi colleghi in altri Paesi guadagnavano cinque volte di più, dice.

E poi c’era la fastidiosa sensazione di non poter sfruttare tutto il suo potenziale e, anche se ci fosse riuscito, questo sarebbe successo al rallentatore, dopo enormi sforzi, delusioni e compromessi. Aveva paura di passare la vita nell’incertezza. “Qui, sono diventato vice amministratore nel giro di due anni. In Italia, non avrei potuto neanche sognarmelo”.

Persona sorridente
“È terribile come il mio Paese stia perdendo il suo potenziale intellettuale”. Elena Osto, cardiologa e ricercatrice. © Urs Jaudas/tages-anzeiger, All Rights Reserved

Anche Elena Osto dice che avrebbe potuto lavorare e fare carriera presso l’università in Veneto dove ha studiato, ma avrebbe dovuto creare da sé le condizioni per la ricerca sperimentale e la coltura cellulare, quando a Zurigo ha trovato già la situazione ideale.

Sulla parete del laboratorio di Schlieren, dove conduce esperimenti e supervisiona gli studenti, è appesa una targa che celebra l’ultimo progetto del suo team, finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica.

Il lavoro, che si è concentrato sull’influenza dell’acido biliare sull’equilibrio del metabolismo e la salute cardiovascolare, è stato insignito del premio internazionale “Young investigator Award”, indica una placchetta a forma di stella.

“L’Italia riesce a formare scienziati eccezionali, capaci di affermarsi a livello internazionale. Il fatto che non riusciamo ad impiegare molti di loro direttamente in patria è una delle anomalie del mio Paese.”  Giulio Alaimo, Console generale italiano di Zurigo

Una presenza più alta di quanto indichino le statistiche

Le principali ragioni della nuova immigrazione italiana sono la crisi finanziaria e quella dell’eurozona, nel 2008 e nel 2011, che hanno colpito l’Italia più duramente di tutti gli altri paesi europei, con l’eccezione della Grecia. Attualmente il Pil pro capite dell’Italia è inferiore rispetto al periodo precedente alla crisi. Nel 2019, la crescita economica è stata minima e la disoccupazione giovanile del 30% è il doppio rispetto alla media UE. “Molti giovani in Italia sono disperati”, osserva Alessandro Tulli

Secondo i dati della Segreteria di Stato della migrazione (Sem), gli italiani nel cantone Zurigo rappresentano la seconda comunità straniera dopo quella tedesca. Ma è il gruppo che è cresciuto di più negli ultimi due anni. Bisogna considerare, inoltre, che la presenza italiana è molto più elevata di quanto mostrino i dati, poiché chi ottiene la cittadinanza svizzera o chi ha la doppia cittadinanza, ad esempio molti italiani di seconda generazione, non rientra nelle statistiche.  

Secondo la Sem, gli italiani sono comunque la comunità straniera più rappresentata in Svizzera, con circa 320’000 persone. Se si guarda al registro dell’Ambasciata di Italia a Berna, che considera anche chi ha la doppia nazionalità, si contano oltre 650’000 persone.

“Lascia perdere”

Angela Bonato (28 anni) dopo gli studi in microbiologia all’Università di Padova ha lavorato senza paga per sei mesi in un laboratorio. La sua speranza di ottenere una borsa di studio per la tesi di dottorato non si è realizzata. Quando ha voluto partecipare al concorso per conseguirla, seguendo una procedura che avrebbe dovuto essere trasparente e “pulita”, un impiegato dell’Università le ha detto: “Lascia perdere, le borse sono già state assegnate, concorso o meno”. Adesso sta svolgendo il suo dottorato al Politecnico di Zurigo (Ethz).

Persone in stazione
Stazione di Zurigo, 1964. Lavoratori italiani ritornano in patria per le festività natalizie. Negli anni ’60 e ’70 si trattava soprattutto di persone che lavoravano nelle industrie, nell’edilizia e nel settore alberghiero. Oggi, gli immigrati italiani sono spesso altamente qualificati. Keystone / Str

Il marito, Giovanni Spitale (32 anni), ha studiato filosofia in Italia e non ha trovato lavoro, anche se la sua tesi è stata pubblicata da una prestigiosa casa editrice ed è utilizzata come strumento didattico universitario. Oggi, è ricercatore in bioetica all’Università di Zurigo.

La coppia è seduta a un tavolo vicino all’entrata dell’Ethz. Tutt’e due rispondono velocemente e con precisione alle domande, sia che riguardino il loro percorso o le lacune dell’Italia. Provano molta rabbia nei confronti del governo e della burocrazia italiana, dice Bonato, per l’inutile pignoleria, l’impenetrabilità, la confusione. E anche per la mentalità di molti compatrioti: “Questo modo di avanzare con sotterfugi o grazie alle amicizie o alle parentele … Quel modo di essere pronti a barare un po’, a infilarsi davanti agli altri” – aspetti che naturalmente, interviene il marito, sono anche una conseguenza del sistema.   

Perlomeno, questo aiuta i giovani a sviluppare una certa agilità intellettuale e una capacità di adattamento utile anche all’estero.

“Siamo contenti di aver ottenuto tutti e due un posto di ricercatore qui a Zurigo e di non dover quindi avere una relazione a distanza”, dice Spitale.

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Edificio principale dell Ethz

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Il Politecnico di Zurigo è sempre più italiano

Questo contenuto è stato pubblicato al La presenza di studenti, staff e professori di nazionalità italiana all’Eth continua ad aumentare. Ma come si trovano gli italiani a Zurigo?

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Più professori e docenti all’Università e al Politecnico

Sollecitato dal Tages-Anzeiger, l’Ethz risponde: “Il numero di professori e collaboratori scientifici provenienti dall’Italia è cresciuto in modo eccezionale: 20% in più dal 2013 al 2018. Nello stesso periodo, il numero totale di queste posizioni è aumentato del 5%”. La tendenza è simile presso l’Università di Zurigo, dove negli ultimi tre anni il numero di professori italiani è aumentato del 26% e quello di assistenti del 16% (per un totale di 268 persone).

Quello che per Zurigo è un arricchimento scientifico, culturale ed economico, in Italia è considerato una minaccia per il futuro del Paese, la perdita di una forza lavoro dinamica e giovane. In altre parole: una “fuga di cervelli”.

Dal 2008, secondo i dati dell’Istat, l’Italia ha un saldo migratorio negativo di circa 420’000 persone. Due terzi degli emigrati hanno un diploma intermedio o superiore e la proporzione di detentori di una laurea universitaria è aumentata del 40% dal 2013 al 2017.

“È devastante per l’Italia, una vera catastrofe”, dice Toni Ricciardi, un italo-ginevrino ricercatore nell’ambito della migrazione che ha studiato all’Università di Napoli ed è quindi, a sua volta, “un cervello in fuga”.

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“Stiamo perdendo milioni di euro in introiti fiscali perché gente che si è formata grazie alle risorse di questo Paese decide di partire. Questa ‘fuga di cervelli’ è la vera emergenza migratoria”, ha dichiarato qualche tempo fa l’allora Ministro dell’educazione Lorenzo Fioramonti, sottintendendo che questo fenomeno sia per l’Italia più drammatico dell’arrivo di migranti dall’Africa.

Fioramonti ha presentato le dimissioni il mese scorso perché dell’opinione che il governo stia investendo troppo poco nell’educazione.

Il più brillante cervello italiano che è approdato a Zurigo è probabilmente il professore di matematica dell’Ethz Alessio Figalli. Tra i molti riconoscimenti internazionali che ha ricevuto, spicca la Medaglia Fields (nel 2018), considerata il Premio Nobel della matematica.

La sua assistente ci ha comunicato che non ha tempo per le interviste.

Lo sgomitare tedesco è loro estraneo

Un manager di una grande compagnia elvetica ha dichiarato al Tages-Anzeiger: “Gli italiani hanno una reputazione eccellente nelle aziende. Sono considerati creativi, flessibili, giocatori di squadra, spiritosi. Lo sgomitare ambizioso per la quale sono spesso conosciuti i tedeschi è loro estraneo”.

 “Finalmente vivo in una meritocrazia!”  Alessandro Tulli, giurista

Il console italiano a Zurigo, Giulio Alaimo, durante una discussione nel suo ufficio dice: “Siamo coscienti di stare perdendo molti lavoratori giovani e di valore. Ma le missioni diplomatiche possono fare poco in proposito.”

Per quantificare almeno in parte il cosiddetto “brain-drain”, l’ambasciata e i consolati tengono un registro dei compatrioti che lavorano in Svizzera come medici, docenti universitari o svolgono altre professioni accademiche.

Alaimo sottolinea: “È evidente che il sistema educativo quasi gratuito italiano riesce a formare scienziati eccezionali, capaci di affermarsi a livello internazionale. Il fatto che non riusciamo ad impiegare molti di loro direttamente in patria è una delle anomalie del mio Paese.”

L’Italia sta cercando di attirare nuovamente sul suo territorio i lavoratori emigrati offrendo grandi incentivi fiscali. Un espatriato italiano che ritorna in Italia paga la metà delle tasse per un periodo di 10 anni. Nel sud, il ribasso può arrivare al 90%. Ma questo non aiuta molto. Osto e Tulli sono d’accordo nell’affermare che ciò che conta per loro sono le opportunità di guadagno e l’attrattiva del lavoro, non le tasse.

I cervelli italiani sembrano apprezzare Zurigo

Figalli, Osto, Tulli, Spitale, Bonato, Ricciardi – appartengono tutti a un’élite cosmopolita, altamente formata, sicura di sé, che il giornalista e saggista britannico David Goodhart chiama gli “Anywheres”, in contrapposizione ai “Somewheres”. Anche Simona Scarpaleggia, ex direttrice di Ikea Svizzera, è una di loro. O Giovanna Chiara, presidente del Rotary Club di Zurigo. O ancora Fabiola Gianotti, prima donna alla guida del Cern di Ginevra.

Gli “Anywheres” sono ricercati ovunque nel mercato globale del lavoro, i “Somewheres” hanno difficoltà a cambiare lavoro, lingua, ambiente culturale a causa delle loro qualifiche basse. Spesso, trascorrono tutta la vita nel luogo dove sono nati.

Orientarsi in un luogo è una cosa, viverci un’altra. I cervelli italiani sembrano apprezzare molto Zurigo. Hanno letto che i loro compatrioti di precedenti generazioni sono stati spesso odiati, che la popolazione autoctona fosse loro ostile. Ma non l’hanno vissuto sulla propria pelle, nessuno li ha chiamati “Tschingg” insultandoli, anzi. “Gli zurighesi sono fan dell’italianità”, dice Tulli. Al massimo si sono dovuti confrontare con i clichés sull’Italia, spiega Osto, a cui dicono spesso che è una persona “riservata per essere un’italiana”.

Per spezzare gli stereotipi, Alessandro Tutti dice  che arriva sempre cinque minuti in anticipo agli appuntamenti.

Una scelta tra “affetti e carriera”

Ciò che gli italiani trovano attraente a Zurigo è quello che mancava loro in Italia. Pronunciano frasi come: “Finalmente vivo in una meritocrazia” (Tulli). “Ho consegnato la mia patente italiana e il giorno dopo ho ricevuto per posta la patente svizzera, incredibile!” (Spitale). “Posso discutere della mia dichiarazione dei redditi con un funzionario al telefono, pazzesco” (Tulli). “Gli svizzeri sono aperti e simpatici” (Bonato).

Aperti e simpatici, gli svizzeri? Davvero? Beh, presentarsi a casa di qualcuno senza avvertire qui non va tanto bene. E il tram, che a Zurigo parte senza nessuna pietà sotto il naso di un aspirante passeggero con il fiato corto, in Italia avrebbe aspettato. Le critiche riguardano piccolezze.

Nell’ambiente globale in cui gli espatriati italiani con un diploma universitario si muovono, le peculiarità nazionali non hanno un ruolo importante. Quello di cui gli svizzeri si lamentano quando parlano dei propri compatrioti, come la diffidenza e la goffaggine nello stringere relazioni, gli italiani lo prendono alla leggera dato che nella loro quotidianità hanno a che fare con persone di molte nazionalità diverse.

Tulli vede anche qualcosa di buono nella presunta freddezza zurighese. Le relazioni che stringe a Zurigo si sviluppano lentamente, ma sono permanenti. “Chi dice che Zurigo è fredda confonde la freddezza con la moderazione e la profondità”.    

A un certo punto, gli espatriati italiani iniziano a dire qualcosa di buono sulla propria patria – parlano del clima, la cultura, le città, la storia, la cucina. Nessuno di loro esclude che un giorno potrebbe tornare in Italia.

La sensazione è di essersi lasciati alle spalle qualcosa di importante è palpabile e vi è la consapevolezza che l’Italia stessa ha bisogno delle loro capacità. Spitale, che ha studiato filosofia, conclude: “L’Italia ci ha costretto a scegliere tra gli affetti e la carriera”.

Link: l’articolo originale del Tages-AnzeigerCollegamento esterno

Traduzione dal tedesco, Zeno Zoccatelli

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