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Immigrazione e asilo: verso una fortezza Europa?

Andrea Ostinelli, swissinfo

Le politiche comunitaria e svizzera in materia d'immigrazione e asilo sono state al centro del VII Dialogo della Fondazione "Jean Monnet", venerdì sera, all'Università di Losanna.

Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione europea, Carlo Sommaruga, consigliere nazionale socialista e Philippe Leuba, consigliere di Stato vodese, sono stati gli ospiti della Fondazione per l’Europa, chiamati a riflettere su questo tema d’attualità che divide l’opinione pubblica del Vecchio continente. «Tre personalità, tre punti di vista, tre sensibilità politiche distanti e complementari», ha riassunto il moderatore del colloquio, José María Gil-Robles, già presidente del Parlamento europeo e attuale presidente della fondazione Monnet.

Solidarietà e responsabilità

Il Commissario europeo Barrot, titolare del portafoglio Giustizia, libertà e sicurezza, ha spiegato che la Commissione ispira la propria azione a due criteri paralleli: solidarietà e responsabilità. Ricordando «le giovani energie che ho visto a Malta e a Lampedusa e il loro desiderio di futuro, un futuro che desiderano costruire in Europa», Barrot ha detto che «immigrazione solidale significa farsi carico dei 1,8 milioni di migranti verso l’Ue che ogni anno aspirano a condizioni di vita migliori».

«Dal 2005, un approccio concertato e globale dell’immigrazione europea vuole coniugare immigrazione regolare, lotta all’immigrazione irregolare e politiche dell’integrazione» mediante «politiche migratorie che garantiscano vantaggi condivisi per i Paesi di provenienza e d’arrivo, come per esempio si fa con i partenariati per la mobilità, uno strumento per gestire i flussi migratori con i Paesi d’origine».

Sul fronte dell’asilo «nel 2008 in Europa sono state depositate 240mila domande, e sono in continua progressione». L’impatto dei richiedenti non è uniforme, e anche questo è un problema: se la media europea è di 0,5 domande ogni mille abitanti, a Malta il dato è esponenziale (9 per mille).

«Entro il 2012 saranno predisposti una procedura d’asilo unica e un unico regime per la protezione internazionale», ha promesso Barrot. L’obiettivo è di far funzionare la solidarietà comunitaria, così da conseguire «una ripartizione più equa dei richiedenti l’asilo all’interno dell’Unione». Lo stesso vale per i rifugiati: «Sarò obbligato a proporre un progetto di redistribuzione. Sarà però difficile», ha messo le mani avanti il commissario.

Solidarietà è la parola chiave anche con i Paesi terzi: «Non possiamo essere soli ad assicurare il rispetto della Convenzione di Ginevra», per questo sono stati messi a punto programmi di protezione regionale finanziati dall’Ue.

Un continente sempre più vecchio

Dati di Eurostat alla mano, Barrot ha rammentato che nel 2030 per ogni cento residenti in età lavorativa ce ne saranno quaranta che percepiranno una pensione di vecchiaia. «Per evitare lo squilibrio occorre un’immigrazione giovane, regolare, inserita in un quadro armonizzato. Bisogna fare concorrenza agli Stati Uniti per accogliere questo tipo di forza lavoro». Regole comuni sono già state adottate per l’accesso dei lavoratori qualificati e in tal senso l’Europa si sta dotando di una carta blu, sulla falsariga della ‘green card’ statunitense.

«Una politica responsabile vuol dire lotta all’immigrazione irregolare; irregolare e non illegale», ha puntualizzato il vicepresidente della Commissione Ue, probabilmente prendendo le distanze dalla recente penalizzazione dell’immigrazione clandestina votata dal parlamento italiano.

«Contrastare l’immigrazione irregolare (le stime parlano di mezzo milione di persone ogni anno) è un imperativo democratico, oltre che un modo per migliorare l’integrazione dei regolari». Ma i dati 2008 sui controlli alle frontiere mostrano una piaga in aumento (+20% rispetto al 2007). Per arginare il fenomeno si punta molto su FrontEx, l’agenzia di coordinamento per il controllo delle frontiere esterne. «L’Europa soffre la crisi, avverto dei ripieghi identitari, dei rigurgiti di xenofobia – ha messo in guardia Barrot. Ma non dobbiamo dimenticare i nostri valori: solidarietà, responsabilità, apertura».

Nel suo intervento, Carlo Sommaruga ha ricordato che «il fenomeno migratorio non è mai stato così ampio ed è destinato ad aumentare». I dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni parlano chiaro: più di 200 milioni di migranti internazionali; 30 milioni di ‘sans-papiers’ di cui 3 in Europa e 80-100mila in Svizzera. «Per la maggior parte lavorano nelle nostre economie», ha lanciato Sommaruga. Che da europeista convinto sostiene che per gestire questa realtà la Confederazione trarrebbe solo vantaggio da un’adesione all’Ue. Il parlamentare socialista non ha lesinato critiche, in particolare rispetto alla «penalizzazione della solidarietà ai sans-papiers» e al degradarsi delle condizioni di vita di quanti si ammassano alle frontiere esterne dell’Europa, per esempio in Ucraina.

Legalità, per un’integrazione possibile

Philippe Leuba, consigliere di Stato vodese, ha portato l’esperienza di chi giorno per giorno affronta i problemi concreti: «La politica d’asilo ha un costo per il contribuente: 700mila abitanti pagano 80 milioni di franchi all’anno per il suo finanziamento». Piu in generale, Leuba ha rivendicato una «politica solidale, certo, ma anche responsabile ed esigente: gli immigrati devono essere accolti in un contesto d’integrazione possibile». «Il 30% dei 700mila abitanti del Canton Vaud è di origine straniera e non ci sono ghetti. Se questo è possibile, è nel rispetto della legalità», afferma fiero il capo del Dipartimento dell’interno.

Su un punto sembrano concordare tutti: la politica delle migrazioni non potrà essere coronata da successo senza una riflessione sui problemi dello sviluppo, senza una participazione degli Stati d’origine. Unire più saldamente la politica migratoria a quella esterna e d’aiuto allo sviluppo sarà un passo avanti decisivo, per la Svizzera come per l’Europa.

Andrea Ostinelli, swissinfo.ch

Creata da Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’Europa unita, nel 1978, la Fondazione che porta il suo nome si trova nel campus universitario di Losanna.

Depositaria dei suoi archivi, la Fondazione è un luogo di memoria, di ricerca, di riflessione e di studio sulle questioni legate alla riconciliazione e all’integrazione europee. Il metodo di lavoro di Jean Monnet, fautore del progetto di Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), pietra angolare della costruzione europea, è tuttora oggetto di studio accademico e fonte d’ispirazione per gli attori della politica europa.

Tra gli scopi di quest’istituzione indipendente, riconosciuta di pubblica utilità dalle autorità svizzere, si annoverano l’analisi e la riflessione ad alti livelli sulla situazione dell’Europa e l’individuazione di soluzioni ai problemi rispettivi – svizzeri e comunitari – nella prospettiva dell’interesse comune.

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