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Il Ticino, un supermercato del doping?

La chiusura della farmacia di Chiasso per traffico di doping costituisce un caso unico negli ultimi trent'anni. Keystone

Il caso di un farmacista di Chiasso, finito in manette per un traffico di prodotti dopanti con vaste diramazioni in Italia, rilancia la questione del Ticino come crocevia per questo commercio illecito.

Alcuni anni fa, la Svizzera, e il Ticino in particolare, erano già stati additati per l’estrema facilità con la quale ci si poteva procurare sostanze dopanti.

L’inchiesta avviata dal Ministero pubblico del canton Ticino ha potuto accertare che il farmacista di Chiasso, arrestato a fine settembre e scarcerato a metà ottobre, ha venduto “prodotti ad uso dopante, segnatamente efedrina, per un quantitativo superiore alle centomila dosi, nonché complessivamente 150 confezioni fra eritropoietina (EPO), agenti anabolizzanti, ormoni e sostanze analoghe, sostanze vendute illegalmente siccome non sorrette da prescrizioni mediche. La maggior parte di questi prodotti dovrebbe essere finita in Italia, acquistata da sportivi non identificati”. A inizio ottobre il governo ticinese ha deciso la chiusura della farmacia di Chiasso.

Il farmacista Paolo Coduri era già finito nel mirino della procura di Bergamo alcuni mesi fa. Il suo nome era apparso in un’inchiesta che aveva portato all’arresto del culturista comasco Vittorio Facchinetti.

Caso Frigo

Il ruolo svolto da qualche farmacia ticinese nel mercato del doping era già balzato agli onori della cronaca qualche anno fa: nel 2001 il ciclista Dario Frigo – appena ‘pizzicato’ per doping – aveva ammesso di essersi procurato prodotti dopanti in due farmacie di Lugano e Chiasso.

Un paio d’anni prima, dopo lo scandalo Festina che aveva portato alla luce un sistema di doping generalizzato organizzato dalla squadra stessa, un settimanale francese aveva dal canto suo sollevato un polverone, dimostrando la facilità di procurarsi dosi di EPO a Ginevra.

La Svizzera è un supermercato di prodotti dopanti? Secondo Alessandro Donati, uno dei massimi specialisti mondiali della lotta antidoping, la Confederazione ha ricoperto in passato un ruolo molto negativo, poiché nelle farmacie elvetiche era estremamente agevole procurarsi sostanze dopanti.

Legge antidoping

“Dal 2002 la situazione è cambiata moltissimo con la modifica della legge federale sullo sport”, afferma Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale ticinese. La lotta al doping è ormai menzionata a chiare lettere nella legge. L’articolo 11 vieta infatti “la fabbricazione, l’importazione, la mediazione, lo smercio, la prescrizione e la dispensazione di prodotti a scopo di doping”.

“In altre parole – spiega Zanini – se un farmacista vende a un ciclista professionista una sostanza che si trova sulla lista svizzera dei prodotti dopanti oggi è punibile penalmente”.

Presa di coscienza

Negli ultimi anni vi è stata una presa di coscienza da parte dei farmacisti, sostiene Ennio Balmelli, portavoce dell’Ordine dei farmacisti ticinesi: “Rispetto a 10-15 anni fa siamo più consapevoli ed informati su questa problematica. Inoltre non bisogna dimenticare che sono cambiate le leggi e sono aumentati i controlli”.

“Molti magari hanno favorito il doping senza saperlo”, ci dice dal canto suo un farmacista luganese. “Basta che qualcuno arrivi con una prescrizione per dell’eritropoietina, tu ti fidi e poi magari la ricetta è fatta dal medico della squadra. Come farmacista non ho fatto niente di illegale, ma…”.

Il principio della buona fede e la possibilità che lo sportivo inganni il farmacista è un’eventualità che naturalmente deve essere presa in considerazione. Secondo Giovan Maria Zanini, pur in presenza di una prescrizione medica ogni farmacista ha però il dovere di compiere degli accertamenti.

Dovere di controllo

“Se il farmacista ha dei sospetti, se capisce che il paziente non può avere la malattia per la quale è indicato il prodotto, se non verifica scrupolosamente la ricetta, è colpevole per lo meno di negligenza, o – se come farmacista non poteva non immaginarsi che il ‘paziente’ è uno sportivo che si dopa – può essere chiamato a rispondere davanti alla giustizia”.

Vi è poi una questione di quantità, osserva Ennio Balmelli. Gli ormoni per la crescita sono un medicamento in commercio per una patologia ben precisa e molto rara.

“È chiaro che se su 177 farmacie in Ticino ce ne sono 175 che vendono due confezioni all’anno in media e altre due che ne smerciano 50 c’è qualcosa che non funziona. In questi casi il farmacista cantonale – che può domandare ai grossisti le quantità fornite ai clienti – chiede naturalmente alla farmacia in questione di giustificarsi”.

Una sola mela marcia?

Alessandro Donati non è però convinto che il caso del farmacista di Chiasso sia un’eccezione: “Dalle mie informazioni la situazione non è completamente cambiata, e non parlo solo del Ticino, ma di tutta la Svizzera; sicuramente però è maggiore il numero delle farmacie che si rifiutano di fornire farmaci dopanti”.

Il procuratore Luca Maghetti, incaricato dell’inchiesta sul farmacista di Chiasso, non esclude che vi sia effettivamente un problema. “La ragione è semplice: i prodotti dopanti non sono vietati in assoluto, ma relativamente vietati. Un farmaco non può essere venduto solo in assenza di una prescrizione medica. L’Italia, la pressione della Lombardia e dei suoi sette milioni di abitanti, crea certamente un rischio, una tentazione per il farmacista, anche perché nella Penisola la legislazione è forse un po’ più severa”.

La farmacia di Chiasso potrebbe del resto non essere l’unica coinvolta in un traffico di prodotti dopanti. Luca Maghetti non vuole commentare: “Ci sono degli elementi che stiamo raccogliendo ma di cui per ora non vorrei parlare”.

swissinfo, Daniele Mariani

Il Tribunale federale, il più alto organo giudiziario svizzero, in una sentenza emessa nel maggio scorso ha confermato il verdetto di colpevolezza pronunciato in prima istanza nei confronti di un farmacista di Ginevra, resosi colpevole, tra l’altro, di infrazione alla Legge federale che promuove la ginnastica e lo sport. Tale legge contiene delle disposizioni contro il doping.

Il farmacista in questione, condannato a due anni e mezzo di reclusione, aveva venduto grosse quantità di prodotti anabolizzanti a dei culturisti dietro presentazione di false ricette mediche, compilate da un dottore compiacente.

La Corte ha motivato la severità della pena con il fatto che, oltre ad aver agito per desiderio di guadagno, il farmacista era venuto meno alle responsabilità che incombono a un professionista della sanità.

La magistratura ticinese ha confermato il 23 ottobre di avere pure aperto un’inchiesta nei confronti di un chimico del Luganese.

L’uomo, titolare di una ditta specializzata nel commercio di farmaci, è sospettato di aver organizzato un vasto traffico di sostanze dopanti, tra cui prodotti destinati agli animali, e di medicinali taroccati prodotti nei paesi dell’Est.

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