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Il ripido abbraccio della Valle Bavona

Caratteristiche case in pietra della Valle Bavona swissinfo.ch

La Via Alpina passa anche dalla Valle Bavona, che si apre a nord-ovest di Cavergno, in Ticino. Un solco profondo a U circondato da montagne a strapiombo e abitato solo in estate.

Prati ricavati nei luoghi più impervi, macigni ciclopici piovuti chissà da dove, case in pietra costruite sotto un masso, come funghi cresciuti al riparo da altre frane.

La Valle Bavona fino al 1500 era abitata tutto l’anno. Poi cambiamenti climatici importanti, alluvioni, inverni rigidissimi e ripetute valanghe ne determinarono lo spopolamento. Ma rimase meta della transumanza estiva.

Ogni centimetro di terreno andava sfruttato, al limite delle possibilità umane, anche a costo di costruire le case nelle zone meno attraenti, per non occupare i prati.

Là dove osavano i più poveri e temerari ora osano anche le Ferrari

“Una donna…assicura che lei e i suoi quando salivano sull’alpe non mettevano mai le calzature…non tanto per la povertà quanto piuttosto per la pericolosità del sentiero”, riporta Plinio Martini in “Nessuno ha pregato per noi”.

Un luogo impregnato di storie di stenti e di disgrazie, descritte dallo scrittore con particolare pathos nel romanzo “Il fondo del sacco”. Oggi la valle è meta di escursionisti, rocciatori, turisti in moto, in mountain-bike e perfino in Ferrari. Ne ho contate una decina parcheggiate vicino ad una locanda ai piedi di una cascata.

Eppure si tratta ancora di sviluppo sostenibile, la valle, territorio protetto, non è certo meta del turismo di massa.

In mezzo alla bellezza selvaggia della valle, le case si stringono una all’altra, per l’esigenza di sfruttare al massimo il terreno coltivabile, ma anche perché la gente, senza televisione, passava più tempo insieme.

Gli spazi pubblici comuni erano una specie di salotto all’aperto in cui si parlava, si pregava e si raccontavano storie.

Contrasti estremi

Sopra la valle c’è l’importante centrale idroelettrica di Robiei. Ma i bavonesi, quasi per spirito di ripicca, contro chi aveva ridotto il loro fiume roboante ad un rigagnolo, hanno detto no all’elettricità della centrale del boom economico. E illuminano le case con pannelli solari e generatori.

Sui sentieri impervi della transumanza, da cui regolarmente precipitavano persone e animali, ora si inerpicano appassionati di trekking, alla ricerca della fatica della ripidezza, per muscoli stressati dall’immobilità forzata dei lavori d’ufficio.

“Quando 30 anni fa proponevo la riattazione dei sentieri storici, mi ridevano in faccia”, ricorda Germano Mattei, architetto e segretario della Fondazione Valle Bavona. Ora vengono da tutta Europa per questi sentieri estremi.

Volontari per mantenere percorribili i sentieri

La fondazione è nata negli anni ’90, per proteggere attivamente non solo il paesaggio monumentale, ma anche gli elementi antropici della valle. Dunque si occupa non solo della preservazione architettonica, ma anche del disboscamento delle zone inselvatichite, o dello sfalcio, lavori che a volte vengono svolti da volontari.

“Negli anni ’90 avevamo 280mila metri quadrati di terreni falciati, ora ne abbiamo 480mila”, sottolinea Mattei, che mette in rilievo come all’inizio gli abitanti fossero sospettosi rispetto agli impegni ecologici impliciti nella fondazione, e temevano restrizioni “verdi” troppo onerose.

“Ho visto una grande maturazione nella gente: vicino alle norme di protezione è stato importante mostrare loro che c’è un organismo che li può aiutare. Noi ad esempio diamo un contributo per lo sfalcio. 50mila franchi l’anno di sostegno ai contadini”.

Sono una trentina, di cui solo due a tempo pieno. Gli altri sono contadini “part-time”, ingegneri o impiegati della centrale idroelettrica: gente che non riesce a stare a lungo lontano da queste terre.

Proprio come Germano Mattei, che ogni volta che viaggia, da New York, alla steppa russa, è preso dalla malinconia per il rude abbraccio delle sue montagne selvagge.

swissinfo, Raffaella Rossello, Val Bavona

Itinerario rosso, tappa no. 91
Da Fontana (616 m.s.m.) a San Carlo Val Bavona (938 m.s.m.), fino Robiei (1991 m.s.m.)
Ca. 6 ore e 30 di cammino

La Via Alpina è la prima rete di sentieri che collega gli otto Stati alpini.

In questa tappa la Valle Bavona: isolata e abbandonata in passato rivive grazie alla protezione attiva del paesaggio, delle case e dell’agricoltura.

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