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Il Reno si è ripreso dalla catastrofe di Schweizerhalle

Tonnellate di anguille morte nel Reno dopo la catastrofe chimica di Schweizerhalle del 1986 Keystone

Grazie alle misure di risanamento, 20 anni dopo il disastroso incendio che distrusse un deposito del gruppo chimico Sandoz, il Reno è tornato in buona salute.

La catastrofe ecologica di Schweizerhalle del 1986 ha scosso il mondo politico e l’opinione pubblica. Inoltre, la cooperazione transfrontaliera ha portato i suoi frutti.

“Oggi la qualità dell’acqua del Reno è relativamente buona”, afferma Anne Schulte-Wülwer-Leidig, aggiungendo che “perfino i salmoni possono di nuovo vivere nel fiume”. Secondo la viceresponsabile della Commissione internazionale per la protezione del Reno (CIPR), questa situazione è da ricondurre ai rapidi provvedimenti presi dopo la catastrofe in materia di salvaguardia e di risanamento delle acque.

Il 1° novembre di 20 anni fa, un incendio distrusse un deposito dell’azienda chimica basilese Sandoz a Schweizerhalle, nel cantone di Basilea Campagna. Venti tonnellate di insetticidi, fungicidi ed erbicidi si riversarono nel Reno, provocando un inquinamento del fiume fino in Olanda, con “drammatiche conseguenze per la fauna e la flora”, precisa l’esperta del CIPR.

Mentre l’odore acre infestò la regione suscitando paura tra la popolazione – i disastri chimici di Seveso (1976) e di Bhopal (1984) erano ancora in tutte le memorie – l’acqua si tinse di rosso, provocando la morte di non meno di 150’000 pesci e di numerose altre forme di vita acquatiche. La scia di veleno si diffuse fino a 500 chilometri più a nord.

Nei giorni che seguirono la catastrofe, più di 1’200 persone si recarono dal medico. Soffrivano per la maggior parte di disturbi della respirazione e di irritazioni agli occhi.

Le immagini delle anguille morte, raccolte con delle forche, fecero il giro del mondo. Con Schweizerhalle fu tutta l’immagine della chimica svizzera che andò in frantumi.

“Programma d’azione Reno”

La catastrofe scosse il mondo politico e l’opinione pubblica. Una settimana dopo l’incendio, oltre 10’000 persone sfilarono per le strade della città renana e catene umane si formarono su tutti i ponti del fiume per chiedere ai politici di attivarsi.

“E ciò è stato fatto”, afferma Anne Schulte-Wülwer-Leidig, riferendosi in particolare al “Programma d’azione Reno”, un programma coronato da successo il cui principale obiettivo era di far sì che simili catastrofi in futuro non si riproducano. Inoltre, l’inquinamento del Reno doveva essere drasticamente diminuito.

Circa 60 miliardi di euro (95 miliardi di franchi) sono stati stanziati per un programma d’azione transfrontaliero con investimenti in impianti di depurazione.

Concretamente, gli obiettivi erano di ridurre del 50% i prodotti tossici riversati nel fiume e del 70% i metalli pesanti. Il traguardo è addirittura stato superato. L’acqua del Reno oggi è di nuovo idonea al consumo.

Metalli pesanti


Tuttavia non tutti i problemi sono stati risolti. Alcuni metalli pesanti, come lo zinco, il rame, il cadmio, nonché alcuni pesticidi e composti d’azoto, continuano ad inquinare il Reno.

Inoltre, esperti del dicastero dell’ambiente e dell’energia di Basilea e dell’Istituto per la protezione dell’ambiente e del territorio dell’Università di Basilea fanno notare che la temperatura dell’acqua è aumentata in media di tre gradi. Le cause sono principalmente da ricondurre all’aumento della temperatura dell’aria, alle acque di scarico e ai numerosi impianti di aria condizionata.

Un altro problema riguarda la presenza di sostanze ormonali, come ad esempio residui della pillola contraccettiva, che possono provocare malformazioni tra i pesci.

Fino all’incendio del deposito della Sandoz del primo novembre 1986, una simile catastrofe era inimmaginabile. Oggi si è molto più consapevoli dei rischi.

Oggi potrebbe accadere ancora? “Cerchiamo naturalmente di minimizzare i rischi”, conclude Anne Schulte-Wülwer-Leidig, “ma non si può di certo escludere degli incidenti”.

swissinfo, Susanne Schanda
(traduzione ed adattamento di Daniele Mariani)

Dopo la catastrofe, la multinazionale chimica Sandoz, che nel 1996 si è fusa con la Ciba-Geigy dando vita alla Novartis, ha versato risarcimenti in Svizzera, Francia, Germania e Olanda per un totale di 43 milioni di franchi.
Nel 1987, l’azienda ha creato un fondo dotato di 10 milioni di franchi che è servito a finanziare progetti di ricerca sull’ecosistema del Reno.
In seguito al disastro, sono state colmate delle lacune legislative in materia di protezione dell’ambiente e di gestione dei rischi.

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