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Il rapporto di Dick Marty approvato dal Consiglio d’Europa

Il senatore svizzero Dick Marty durante il dibattito al Consiglio d'Europa Reuters

A Strasburgo il Consiglio d'Europa ha adottato martedì il rapporto di Dick Marty sul traffico di organi umani prelevati ai detenuti in Kosovo. Lodando il lavoro "eccellente" e "difficile" realizzato dal senatore svizzero, i parlamentari hanno chiesto l'apertura di un'inchiesta europea.

Con una risoluzione approvata a grande maggioranza – 169 voti favorevoli, 8 contrari e 14 astensioni –  i membri dell’istituzione parlamentare europea hanno accordato la loro fiducia al rapporto pubblicato nel dicembre scorso da Dick Marty, che denuncia il traffico di armi, droga e organi umani condotto tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 in Kosovo.

I responsabili di questo traffico avrebbero detenuto illegalmente e assassinato centinaia di persone. A numerosi prigionieri, per la maggior parte serbi, sarebbero stati prelevati organi, che venivano venduti all’estero per dei trapianti.

Un’attività criminale che, secondo il rapporto, si è sviluppata grazie “ad un gruppo ristretto, ma incredibilmente potente, di personalità dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK)”. Tra i capi di questo gruppo – chiamato Drenica – vi sarebbe stato Hashim Thaci, cofondatore dell’UCK e attuale primo ministro del Kosovo.

Rispetto del popolo kosovaro

Diversi membri del Consiglio d’Europa hanno lodato il rapporto di Dick Marty, che nelle ultime settimane ha dovuto sopportare pesanti attacchi da parte della comunità albanese residente in Kosovo e all’estero. Lo stesso Hashim Thaci, uscito vincitore in dicembre dalle prime elezioni legislative tenute in Kosovo, ha paragonato il senatore svizzero al ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels.

Dinnanzi all’assemblea parlamentare di Strasburgo, Marty ha illustrato le ragioni che lo hanno spinto a fare i nomi dei dirigenti kosovari, sospettati di essere coinvolti nei crimini denunciati dal rapporto. “Senza nomi, l’accusa sarebbe stata generica, arbitraria e tutto un popolo si sarebbe sentito attaccato e offeso. La verità e il rispetto per il popolo kosovaro e per le vittime dei crimini esigevano di dare un nome ai responsabili”.

“Le vittime erano serbe, ma vi erano anche kosovari albanesi considerati traditori o appartenenti a gruppi rivali. Per noi sono innanzitutto e soltanto esseri umani”, ha dichiarato Marty. Il senatore ticinese ha tenuto a sottolineare la totale volontà di indipendenza del rapporto, che non relativizza neppure i crimini commessi dal regime dell’ex presidente serbo Slobodan Milosevic durante il conflitto in Kosovo. “Il rapporto non è né contro il popolo kosovaro, né contro quello serbo”.

La paura dei testimoni

A Strasburgo, i parlamentari hanno sottolineato in particolare il coraggio manifestato da Dick Marty nel seguire una difficile pista di indizi sul traffico di organi umani. Questo rapporto dimostra il notevole lavoro fornito dai membri del Consiglio d’Europa, ha dichiarato il parlamentare francese Claude Greff.

A chi, come l’Albania, ha attaccato il rapporto, asserendo che non contiene altro che accuse infondate, Dick Marty ha risposto dichiarando di “aver trovato i testimoni” e che le “loro ricostruzioni sono attendibili”. I testimoni sono tuttavia riluttanti a intervenire in un procedimento giudiziario, in quanto temono per la loro incolumità, ha indicato il senatore ticinese.

Dick Marty ha criticato a tale riguardo l’assenza di misure e garanzie di sicurezza per i testimoni in Kosovo. “La loro paura è giustificata”, ha affermato Dick Marty, tenendo conto della “scandalosa” situazione messa in luce dal rapporto redatto dal parlamentare del Principato di Monaco Jean-Charles Gardetto sulla protezione dei testimoni dei crimini di guerra nei paesi dell’ex Jugoslavia. 

Inchiesta internazionale

Nel suo rapporto, Marty si rammarica inoltre del fatto che le organizzazioni internazionali attive in Kosovo dopo la fine del conflitto del 1998/1999 abbiano “privilegiato un approccio politico pragmatico”, invece di procedere ad un “esame approfondito” delle accuse. Il senatore svizzero raccomanda pertanto alla Missione europea di polizia e giustizia (Eulex) di indagare in modo approfondito sul caso.

Nella risoluzione approvata martedì, il Consiglio d’Europa chiede ai paesi membri di fornire tutto il sostegno necessario per permettere a Eulex di condurre un’inchiesta sui crimini menzionati nel rapporto. La missione civile dell’Unione europea Eulex è stata istituita nel 2008 per promuovere lo Stato di diritto in Kosovo, dopo la proclamazione della sua indipendenza.

I parlamentari riuniti a Strasburgo sollecitano inoltre le autorità albanesi e kosovare a collaborare “senza riserve” all’inchiesta delle autorità europee. Da parte sua, il primo ministro Hashim Thaci ha assicurato, in una lettera inviata al Consiglio d’Europa, che il suo governo “coopererà pienamente” a un’inchiesta trasparente e indipendente, la quale “permetterà di dimostrare che queste accuse sono prive di fondamento”. Il Kosovo, che ha proclamato la propria indipendenza nel 2008, non fa parte del Consiglio d’Europa.

Nuove accuse del Guardian

Sempre martedì, il quotidiano britannico “Guardian” ha rilanciato le accuse nei confronti di Hashim Thaci. Secondo il giornale, il primo ministro kosovaro sarebbe uno dei “pesci grossi” della criminalità organizzata in Kosovo, assieme a Dzavit Haliti, uno dei più stretti collaboratori di Thaci.

Le accuse si basano su un documento riservato della Nato, al quale il “Guardian” ha avuto accesso. Da parte sua, la tv pubblica serba Rts afferma che tali informazioni sono la prova che gli americani e le altre forze occidentali erano a conoscenza dei contatti di Thaci con la criminalità kosovara.

L’accusa di un traffico di organi espiantati a prigionieri di guerra serbi era stata lanciata la prima volta pubblicamente già nel 2008 da Carla Del Ponte, ex procuratrice del Tribunale penale internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia, nel suo libro “Io e i criminali di guerra”.

1974: lo statuto di autonomia del Kosovo, riconosciuto dalla Seconda guerra mondiale, viene ancorato nella Costituzione della Federazione jugoslava

 

1989: il presidente serbo Slobodan Milosevic annulla lo statuto di autonomia e invia l’esercito in Kosovo per sedare le proteste.
 
1998: decine di migliaia di kosovari abbandonano le loro case in seguito ad un’offensiva condotta da Belgrado contro l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK).
 
1999: la Nato lancia una serie di attacchi aerei contro la Serbia per porre fine al conflitto tra le forze serbe e gli indipendentisti albanesi. Dopo oltre due mesi di bombardamenti, soldati della Nato vengono stazionati in Kosovo e la provincia viene posta sotto il protettorato dell’Onu.
 
2007: il leader separatista Hashim Thaci vince le elezioni parlamentari e preannuncia la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo.
 
2008: diventato primo ministro, Hashim Thaci dichiara in febbraio il Kosovo uno Stato «indipendente, sovrano e democratico». Pochi giorni dopo, la Svizzera riconosce l’indipendenza del Kosovo e instaura relazioni diplomatiche e consolari con questo nuovo paese dei Balcani.

2010: il Partito democratico del Kosovo di Hashim Thaci vince le prime elezioni legislative dall’indipendenza del Kosovo.

Tra il Kosovo e la Svizzera sussistono stretti legami dagli anni ’90, quando le tensioni e la situazione economica precaria nell’ex provincia serba hanno spinto decine di migliaia di kosovari a cercare rifugio o lavoro sul territorio elvetico.

In Svizzera vivono attualmente tra 150’000 e 170’000 cittadini kosovari, ossia quasi il 10% della popolazione residente in Kosovo. Di questi, circa 10’000 sono di originese serba, rom o slava.

La Confederazione è uno dei più importanti paesi donatori del Kosovo. Tra il 1999 (anno del conflitto tra serbi e kosovari) e il 2010 le autorità elvetiche hanno stanziato circa 700 milioni di franchi per sostenere lo sviluppo e la stabilità politica ed economica del Kosovo.

La Svizzera partecipa inoltre dal 1999 alla missione di pace delle truppe internazionali KFOR (Kosovo Force), guidate dalla Nato. Ogni anno fino a 220 soldati svizzeri della Swisscoy sono stazionati in Kosovo.

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