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Il peso della ragione tra la Svizzera e Hezbollah

Sheik Naïm Kassem è uno dei fondatori del movimento Hezbollah e il numero due del Partito di Dio Pierre Vaudan

Considerato dagli americani come un gruppo terrorista, Hezbollah è diventato la principale forza politica del Libano. Una realtà che la Svizzera vive serenamente. Colloquio esclusivo con il numero due del movimento.

Ambasciatore da poco più di due anni a Beirut, François Barras è formale: nella propria azione diplomatica, la Svizzera coltiva “logiche relazioni” con i membri di Hezbollah. “Abbiamo regolari contattati con deputati e ministri, nel quadro dei differenti dossier che trattiamo. Relazioni – spiega il diplomatico – che non costituiscono un problema poiché Hezobollah è una delle forze politiche del Libano”.

Il fatto che il Dipartimento di Stato americano consideri Hezbollah come un gruppo terrorista, non concerne la Svizzera. La funzionaria dell’ambasciata Carine Carey – ex portavoce della responsabile della diplomazia svizzera Micheline Calmy-Rey – precisa che “il nostro Paese non considera Hezbollah alla stregua di un’organizzazione terrorista poiché, contrariamente al caso di Al Qaida, non esiste alcuna risoluzione dell’ONU in tal senso. La Svizzera, in merito, segue esclusivamente le raccomandazioni dell’ONU”.

Una possibile vittoria elettorale

Ma chi è Hezbollah, tanto odiato dagli americani e guardato con diffidenza dagli europei? Nelle piazze libanesi, e più generalmente arabe, è considerato un movimento di resistenza “eroico”, dopo la “divina vittoria” contro lo Stato ebraico nel 2006.

Fondato tra i ranghi dei musulmani sciiti in seguito all’invasione israeliana in Libano, nel 1982, il Partito di Dio ha da sempre avuto per vocazione la lotta contro Israele. Dal 1992, tuttavia, Hezbollah si è posizionato sullo scacchiere politico libanese partecipando alle prime elezioni legislative.

Oggi è rappresentato da diversi deputati e ministri e potrebbe far parte della maggioranza dopo le legislative dell’anno prossimo. Il movimento intende comunque conservare la propria capacità e forza militare e continuare a combattere Israele. Un ruolo che in Libano rischia di creare qualche problema; del resto il disarmo di Hezbollah è pure stato oggetto di una risoluzione dell’ONU.

Lo sguardo di Sheik Naïm Kassem

Nel tentativo di meglio comprendere le intenzione di Hezobollah in Libano, abbiamo ottenuto un colloquio esclusivo con Sheik Naïm Kassem, il numero due di Hezbollah e uno dei fondatori del partito. Egli non vede nessuna contraddizione tra l’essere nel contempo movimento politico e gruppo di resistenza.

“Occorre distinguere chiaramente – spiega a swissinfo Sheik Naïm Kassem – il duplice asse della nostra azione, ossia la resistenza contro Israele e il lavoro politico. La nostra resistenza ha permesso nel 2000 di liberare il sud del Libano e nel 2006 di respingere gli attacchi del nemico. Ma non abbiamo mai usato le armi per fare crescere la nostra politica”.

Una posizione però contraddetta dall’operazione militare avviata lo scorso mese di maggio da Hezbollah a Beirut e nella sua periferia. “Si è trattato – risponde il politico di un incidente isolato. Siamo stati confrontati con un dilemma”.
“Il Partito del futuro [il movimento pro governativo di Saad Hariri, ndr] aveva consentito l’ingresso a Beirut di duemila combattenti, che si era premurato di armare. L’obiettivo era quello di tendere una trappola alle forze di resistenza alimentando gli scontri interni che sarebbero poi serviti come pretesto per esigere il disarmo di tutti. Abbiamo dunque pianificato un’operazione preventiva”.

Nessuno Stato islamico

In Libano i detrattori di Hezbollah non sono pochi: viene accusato di avere un’agenda nascosta e di volere realizzare uno Stato islamico nel Paese del Cedro. Ipotesi seccamente respinta da Sheik Naïm Kassem.

“Siamo evidentemente convinti che la creazione di uno Stato islamico sia la via migliore. Ma nel Corano c’è scritto a chiare lettere: ‘nessuna costrizione in materia religiosa’. Un simile stato – sottolinea il politico – non potrebbe dunque essere imposto con la forza. Il Libano, del resto, è un caso particolare e siamo convinti che non solo sia impossibile, ma anche inappropriato la creazione di uno Stato islamico, considerato il carattere multiconfessionale del paese”.

L’ambasciatore svizzero François Barras ritiene piuttosto infondate le accuse in questione. “Nella regione – commenta – gli sciiti rappresentano una minoranza. In base alle mie informazioni, credo che un Libano multiculturale e pluralista rappresenti per la loro sicurezza una migliore garanzia che non uno Stato islamico”.

Pronti a rispondere

Per quanto riguarda il braccio di ferro con Israele, Naïm Kassem mostra una risolutezza assoluta: “Se Israele cede le Fattorie di Shebaa in favore dello Stato libanese, allora possiamo considerare il nostro paese liberato. Resta tuttavia un problema: l’aggressività dello Stato di Israele. Se dovesse decidere di attaccare nuovamente il Libano, chi potrebbe impedirglielo”?

Per l’altro responsabile, Hezbollah non ha altra scelta se non quella di conservare la propria forza militare come punto d’appoggio per l’esercito libanese. Una pace globale con Israele non figura nell’agenda politica del Partito di Dio. Anzi, il numero due annuncia una prossima rappresaglia in risposta all’assassinio, lo scorso febbraio a Damasco, di Imad Moughnieh, capo militare di Hezbollah.

Che dire della presunta dipendenza di Hezbollah dall’Iran? Naïm Kassem relativizza: “In Libano ogni confessione ha dei punti di riferimento all’estero. I cristiani, per esempio, riconoscono l’autorità dei papi. Il nostro punto di riferimento religioso è l’Ayatollah Khamenei. Ma siamo totalmente indipendente da Teheran nei nostri orientamenti e scelte”.

E se israeliani e americani decidessero di colpire le istallazioni nucleari iraniane? “Se un tale attacco dovessero prodursi – commenta con tono grave Naïm Kassem – nessuno sarà in grado di controllare la situazione. Il fuoco consumerà l’intera regione”.

swissinfo, Pierre Vaudan, Beirut
(traduzione e adattamento dal francese Françoise Gehring)

1982-1995: creazione di Hezbollah dopo l’invasione israeliana
1983: attacchi suicidi contro le caserme americane (241 morti) e francesi (58 morti) a Beirut
1990: fine della guerra “civile”
1992: prima partecipazione di Hezbollah alle elezioni legislative
2000: la guerriglia costringe gli israeliani a lasciare il sud del Libano
2005: Hezbollah entra a fare parte del governo Libanese
2006: nel mese di febbraio Hezbollah firma un documento di intesa con la Corrente patriottica libera del generale cristiano Michel Aoun.
2006: nel mese di luglio l’attacco di una pattuglia israeliana da parte di Hezbollah, scatena una guerra di 33 giorni che devasta il Libano. Al nono giorno del conflitto, Condoleeza Rice (Segretaria di Stato degli Stati Uniti) dichiara che si tratta “dei dolori legati al parto del nuovo Medioriente”.
2009: l’opposizione libanese spera di conquistare la maggioranza nel corso delle elezioni legislative

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