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Il parlamento svizzero rafforza la lotta contro i gas ad effetto serra

Le misure previste dal parlamento toccano questa volta in modo più incisivo anche il settore dei trasporti, che genera quasi un terzo delle emissioni di CO2 in Svizzera. Keystone / Gaetan Bally

Con la nuova legge sul CO2, il parlamento vuole rispondere in modo più efficiente all’emergenza climatica e adempiere gli obbiettivi dell’Accordo di Parigi. La Camera del popolo ha approvato una serie di misure per ridurre i gas responsabili del surriscaldamento del pianeta, tra cui una nuova tassa sui biglietti aerei.

Messa in ombra, come tutti gli altri temi, dalla pandemia di coronavirus, l’emergenza climatica non è scomparsa dall’agenda politica svizzera ed ha rifatto in questi ultimi giorni la sua apparizione sui banchi del parlamento con il dibattito alla Camera del popolo sulla revisione totale della Legge federale sul CO2. 

“Il 2020 resterà nella memoria per la straordinaria situazione provocata dalla pandemia. Ma sarà probabilmente ricordato anche per la sua situazione climatica”, ha avvertito la ministra dell’ambiente Simonetta Sommaruga durante il dibattito.  “Alla fine di maggio, Meteo Svizzera ha riferito di aver registrato temperature record in questo Paese per gli ultimi dodici mesi consecutivi. Nel nostro Paese, stiamo vivendo situazioni meteorologiche estreme”.

La legge attuale sul C02 regola le misure di riduzione dei gas responsabili del surriscaldamento del pianeta fino alla fine del 2020, conformemente agli impegni assunti nel quadro del Protocollo di Kyoto. Con la revisione di questa normativa, governo e parlamento intendono gettare le basi della politica climatica svizzera per il periodo 2021 – 2030.

Prosperità e benessere in pericolo

Tre anni fa, con la ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima, la Svizzera si era impegnata a ridurre del 50% le emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030, rispetto ai valori del 1990. Questo obbiettivo, però, non potrà di certo essere raggiunto con la legge oggi in vigore. Negli ultimi anni tali emissioni hanno registrato un calo, ma potranno venir dimezzate solo se saranno adottate misure molto più incisive.

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Nel 2018 un primo tentativo di revisione della legge era naufragato alla Camera del popolo, in seguito alle resistenze della maggioranza di destra dei deputati, che aveva annacquato il progetto presentato dal governo. Nell’autunno scorso, l’”effetto Greta” ha però innescato un’ondata verde alle elezioni per il rinnovo dei membri del parlamento. Le forze di centro e di sinistra dispongono ora di una maggioranza di seggi sufficiente al Consiglio nazionale per imporre un cambiamento di rotta.

“Non fare nulla non è un opzione”, ha dichiarato Simonetta Sommaruga, ricordando come la crisi climatica non sia meno globale e grave di quella generata dal coronavirus. “È una crisi che ci sta già costando molto; una crisi che presenta il potenziale o il rischio di incidere massicciamente sulla nostra qualità di vita e di mettere in pericolo la nostra prosperità; una crisi che già oggi si fa sentire”.

Misure su tutti fronti

Il nuovo progetto di legge prevede misure di riduzione per tutti gli agenti responsabili dei gas ad effetto serra. E, questa volta, non verrebbe risparmiato neppure il settore dei trasporti, che genera ancora oggi la più alta quota di emissioni – quasi un terzo del totale. Le prescrizioni imposte da alcuni anni alle case automobilistiche per ridurre i consumi di carburante sono state vanificate dall’aumento dei chilometri percorsi e dal crescente acquisto di veicoli più potenti.

Finora, le forze di destra erano riuscite ad opporsi con successo a un prelievo ecologico consistente sui carburanti, facendo tra l’altro valere che su benzina e diesel gravano già ora tre tasse, il cui importo corrisponde a circa metà del prezzo pagato alle stazioni di rifornimento. La nuova legge prevede, tra l’altro, di imporre agli importatori di carburanti quote più alte di compensazione delle emissioni di CO2, che farebbero aumentare fino a 10-12 centesimi il prezzo della benzina nei prossimi anni.

La revisione della normativa sul CO2 tocca direttamente anche il settore aereo, con l’introduzione di una nuova tassa sui biglietti, i cui proventi verranno impiegati per alimentare il fondo per il clima e, per oltre metà, ridistribuiti alla popolazione – ad esempio per ridurre i premi delle casse malati. L’importo di questa tassa dovrebbe situarsi tra 30 e 120 franchi per passeggero, a seconda della distanza percorsa e della classe di viaggio.

È pure previsto un aumento della tassa sul CO2 applicata ai combustibili (nafta), in modo da spingere i proprietari a ridurre i consumi energetici e ad adottare sistemi di riscaldamento più ecologici. Ancora oggi quasi due terzi di tutti gli edifici sono riscaldati con combustibili fossili. Questo settore figura così al secondo posto tra gli agenti produttori di gas ad effetto serra, con una quota del 22%.

Diverse misure toccheranno anche l’industria, un settore che ha già compiuto dei progressi negli ultimi due decenni e che oggi genera circa un quinto delle emissioni (terzo rango). La Camera del popolo esige infine che almeno il 75% delle riduzioni delle emissioni debba avvenire in Svizzera, mentre il governo e la Camera dei Cantoni hanno optato per un 60%.

No a divieti e ridistribuzioni statali

Dopo il parziale ripensamento del Partito liberale radicale (PLR) sulla politica climatica, questa volta la revisione della legge sul CO2 è stata combattuta quasi soltanto dai membri dell’Unione democratica di centro (UDC). Questi ultimi hanno proposto di respingere il progetto, ritenendo che le misure di riduzione del CO2 imposte finora abbiano avuto solo “un piccolo effetto” e che con la nuova normativa si rischia di cadere in un “socialismo arretrato, con sempre più divieti e ridistribuzioni statali”. Secondo il partito di destra, gli obbiettivi di riduzione potrebbero essere raggiunti in modo più efficiente con sostegni limitati a investimenti della popolazione e dell’economia in nuove tecnologie.

“I costi complessivi della legge sul CO2 ammonteranno a un totale di 30-40 miliardi di franchi per l’economia, ma anche per la popolazione svizzera, entro il 2030. Questi costi saranno interamente trasferiti al consumatore”, ha dichiarato il deputato dell’UDC Mike Egger. “Con questo disegno di legge si crea una società a due livelli in Svizzera e si accresce ulteriormente il divario tra popolazione urbana e rurale. Così facendo, si mette in pericolo il benessere – quel benessere che ci permette di discutere di politica climatica. Nei paesi più poveri, la politica climatica non è la priorità, ma qualcosa di completamente diverso”.

“Oggi, mentre la tragica pandemia di coronavirus non è ancora alle nostre spalle, le persone e le imprese si trovano ad affrontare difficoltà finanziarie molto gravi. È davvero questo il momento di aggiungere nuove tasse?”, ha chiesto il collega di partito Pierre-André Page, per il quale la Svizzera fa già abbastanza per la protezione climatica. “L’Accordo sul clima di Parigi del 2017 non prevede sanzioni per i Paesi che non rispettano i loro impegni. Tuttavia, una politica climatica degna di questo nome può avere successo solo se tutti i Paesi, soprattutto i più grandi inquinatori, partecipano alla lotta. Gli Stati Uniti, con i loro 5 miliardi di tonnellate di CO2, hanno annunciato il loro ritiro da questo accordo. Il nostro Paese, la Svizzera, non può influenzare il clima globale da solo”.

Maggiore indipendenza energetica

“Cara UDC, l’era dei combustibili fossili sta per finire. Quanto prima la Svizzera riuscirà a passare alle energie rinnovabili, tanto meglio sarà il suo futuro. Potete lanciare un referendum. È un vostro diritto, perché qualcuno deve rappresentare gli interessi della lobby del petrolio. Ma smettetela di far paura alla gente con previsioni dei costi completamente errate”, ha risposto il deputato socialista Beat Jans, in difesa della legge. “L’uscita dal petrolio rende l’approvvigionamento della Svizzera più rispettoso del clima, resistente alle crisi e indipendente. I 5-13 miliardi di franchi che ogni anno trasferiamo all’estero per l’acquisto di petrolio potrebbero essere molto utili qui in Svizzera”.

“Se oggi siamo preoccupati per i nostri anziani, che sono le prime vittime del coronavirus, allora dobbiamo essere altrettanto preoccupati per i nostri figli, che subiranno tutto l’impatto della crisi climatica”, ha sottolineato la deputata dei Verdi Delphine Klopfenstein Broggini. “Dobbiamo imparare dalla crisi del coronavirus, che ha aumentato la nostra fragilità a causa della mancanza di sovranità. Dobbiamo creare posti di lavoro in Svizzera e garantire la nostra sicurezza energetica, invece di dipendere da petrolio, gas o carbone stranieri. Cerchiamo di essere lungimiranti, prima che sia troppo tardi”.

La revisione della legge sul CO2, considerata insufficiente da diverse organizzazioni ambientaliste, ritorna ora nelle mani della Camera dei Cantoni che ha già approvato la maggior parte di queste misure.

Il servizio del telegiornale della Radiotelevisione svizzera:

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