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Il parlamento svizzero dice addio all’atomo

Le centrali atomiche non hanno più futuro in Svizzera: governo e parlamento puntano ora sulle energie rinnovabili Keystone

La Svizzera chiuderà progressivamente le centrali atomiche e non rilascerà nuove autorizzazioni: entrambe le Camere del parlamento sono d’accordo sul principio dell’abbandono del nucleare. Ma la sua concretizzazione non è per domani.

È stato un “compromesso nel compromesso”, elaborato all’ultimo minuto dalla commissione preparatoria della Camera dei Cantoni, che oggi ha consentito di ottenere anche il nullaosta della maggioranza dei senatori su questa decisione di fondo. Una decisione che va nella direzione tracciata in maggio dal governo, poi confermata dalla Camera del popolo in giugno, ma che rallenta il ritmo di marcia.

Socialisti e verdi avrebbero voluto un abbandono rapido e incondizionato. La stragrande maggioranza dei democratici di centro (UDC, destra conservatrice) e dei liberali radicali (PLR, centro) non ne volevano sapere affatto di dire addio all’atomo. I popolari democratici (PPD, centro) erano divisi.

Alla fine una proposta di compromesso, elaborata dalla commissione preparatoria alla vigilia della sessione straordinaria alla Camera dei Cantoni, ha trovato una ampia maggioranza di senatori consenzienti. Al testo della mozione per un abbandono del nucleare, approvata lo scorso giugno dalla Camera del popolo, è stata aggiunta una clausola che stipula che “non sarà emanato alcun divieto di tecnologie”. Inoltre si precisa che la ricerca nucleare continua e che il governo istituisce una vigilanza che renda conto dei progressi in questo campo.

In questo modo si vuole garantire alla Svizzera la possibilità di ritornare sulla decisione dell’abbandono qualora un giorno si trovassero nuove tecnologie nucleari sicure. Questo non è possibile saperlo oggi: non si possono fare previsioni, ha argomentato il relatore della commissione Filippo Lombardi. Secondo il senatore PPD ticinese, inoltre, la Svizzera per restare all’avanguardia ha bisogno “di persone formate e della ricerca”.

I tempi si allungano

Secondo il verde ginevrino Robert Cramer, invece, si tratta di un segnale sbagliato. “Oggi il nostro paese ha bisogno di inviare un messaggio senza ambiguità alle cerchie economiche e agli investitori per impegnarsi in modo deciso nelle energie rinnovabili e nel risparmio energetico”, ha affermato.

Al contrario, le modifiche creano una divergenza con la Camera del popolo, che è “fonte di confusione e incertezza”, ha denunciato. E soprattutto allungano i tempi, poiché il testo modificato dovrà essere nuovamente sottoposto alla Camera bassa. Questa potrà pronunciarsi solo nella prossima sessione parlamentare, in dicembre.

“Dibattito semantico”

Un’inutile perdita di tempo, dettata da tatticismi preelettorali, biasimata anche dal liberale radicale Raphaël Comte, secondo il quale “il dibattito energetico è stato trasformato in un dibattito semantico”. Il senatore neocastellano ha osservato che, “invece di dibattere per o contro l’abbandono del nucleare, dobbiamo prendere posizione su testi estremamente simili, con differenze sottili, che ognuno interpreta a modo suo”.

“Bisogna finirla con questa saga che dura da troppo tempo e permettere al legislativo di mettersi al lavoro”, ha tuonato anche il socialista neocastellano Didier Berberat. Infatti, il vero dibattito sarà quello sulle disposizioni legislative, al momento in cui il governo presenterà al parlamento le proprie proposte concrete.

A quel punto, saranno ancora possibili ribaltamenti di situazione. Per cui, hanno sottolineato diversi oratori, sia sul fronte degli oppositori dell’energia nucleare che su quello dei sostenitori, le modifiche introdotte nella mozione sono superflue. Ma queste servono a offrire uno spiraglio di speranza alle cerchie nucleari, senza inimicarsi quella maggioranza di popolazione che nei sondaggi si esprime per l’abbandono dell’atomo.

Quando ormai mancano solo tre settimane e mezzo alle elezioni federali del 23 ottobre, partiti e candidati giocano le loro carte. La pressione della campagna elettorale è stata evocata da diversi senatori. C’è anche chi ha messo in dubbio le vere intenzioni di alcuni colleghi. In ogni caso, solo una minoranza di coloro che si ricandidano per la prossima legislatura non ha approfittato dell’occasione di profilarsi, rinunciando a prendere la parola in un dibattito su cui erano puntati tutti i riflettori.

L’abbandono del nucleare pone la Svizzera di fronte a una grande sfida, poiché questa fonte energetica costituisce attualmente quasi il 40% della produzione elettrica del paese.

Per compensare la futura mancanza di energia atomica, la Camera dei Cantoni per ora ha adottato alcune misure che puntano sull’efficacia energetica. Fra gli altri, il governo dovrà fare esaminare tutte le illuminazioni pubbliche e sostituire le lampade che non rispondono ai criteri di efficienza entro la fine del 2020.

Dal canto suo, la ministra dell’energia Doris Leuthard ha dichiarato ai senatori che “è giunta l’ora di puntare sulle energie rinnovabili in modo da recuperare il ritardo fin qui accumulato”. I senatori discuteranno domani degli incentivi in questo campo. Oggi l’energia idroelettrica rappresenta oltre il 55% dell’elettricità prodotta in Svizzera, mentre le altre energie rinnovabili (solare, eolica…) costituiscono appena il 2%.

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