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Il miracolo della neve

Una foto della serie «Snow Management» di Jules Spinatsch, esposta a Coira. Museo d'arte grigione

Candida coltre o pericolosa valanga, fonte di guadagno o di problemi: tre musei di Coira offrono sguardi diversi ad un fenomeno tipicamente invernale.

In una coproduzione inedita, i tre musei cantonali del capoluogo dei Grigioni guardano la neve con l’occhio della scienza, della storia e dell’arte.

Gli eschimesi hanno una miriade di parole per descrivere la neve. È la necessità di definire il proprio ambiente vitale che porta alla precisione del linguaggio. La neve che cade non è infatti uguale a quella soffiata dal vento o a quella già caduta.

Ma se questo vale nel lontano nord, come si presenta il rapporto fra vita e neve nelle Alpi? A questa domanda cerca di dare una risposta il progetto realizzato a Coira: in concomitanza con l’apertura degli impianti sciistici, il Museo d’arte grigione, il Museo retico e il Museo di storia naturale presentano tre approcci e molti spunti di riflessione su un fenomeno che definisce tanta parte della realtà della regione.

Fenomeno fisico

«La neve, in fondo, non è che acqua gelata», suggerisce Jürg P. Müller, direttore del Museo di storia naturale. Eppure, senza riprendere fiato, continua entusiasta: «Ma è anche uno straordinario ambiente vitale, ancora poco studiato».

Intorno ad un larice divelto dalla furia di una valanga si possono contare fino a 200 specie di insetti; con gli insetti arrivano i piccoli mammiferi e il ciclo della vita riprende con entusiasmante vigore anche dopo la catastrofe.

Gli uccelli migratori evitano con cura il freddo dell’inverno, ma altri animali invece sanno adattasi: l’ermellino e la lepre cambiano il pelo, mimetizzandosi alla perfezione nel mutato ambiente vitale.

Ingegno umano

Certo anche gli uomini sanno proteggersi dal freddo, ma il loro rapporto con la neve è ambivalente; questo è il messaggio dell’esposizione al Museo retico. Nei locali del palazzo settecentesco si scontrano caparbietà, timori e fantasie umane.

In passato i contadini usavano la stagione fredda per far scivolare a valle il legname dei boschi. Slitte e racchette da neve garantivano lo spostamento su un terreno gelato. Ma la neve era anche simbolo di morte: ex voto e ripari antivalanghe dimostrano il bisogno di protezione spirituale e concreta dalla furia della natura.

«Oggi invece la neve è il grande affare della regione», costata il direttore del Museo retico Jürg Simonett. Basta citare alcune fra le località turistiche invernali più note: St. Moritz, Klosters e Davos si trovano nei Grigioni.

E se la neve non arriva, ci si ingegna per non deludere i turisti, per esempio producendo l’agognata coltre con dei cannoni. La località di Savognin è stata fra i pionieri delle piste a tutti i costi. Negli anni Settanta l’immagine della lunga lingua bianca in un paesaggio brullo suscitava scalpore; oggi l’innevamento artificiale è la norma un po’ ovunque.

Ma la neve si vuole sulle piste, non sulla strada: le squadre tecniche della regione dispongono di una flotta di spazzaneve, nei loro magazzini si accumulano sale e ghiaia.

Dalla cabina di pilotaggio di un gatto delle nevi allo storico manicotto per scaldare le delicate mani della dama d’epoca, le impressioni che il Museo offre spaziano nei secoli e nella percezione dell’ambiente.

Visione estetica

Il Museo d’arte ci insegna invece che la neve è anche oggetto per una riflessione artistica. In verità a scoprirla sono stati i popoli del Mediterraneo. È lì che l’eccezionalità, per esempio legata al «miracolo della neve» di Roma, trova una prima espressione pittorica.

Con il romanticismo e la scoperta dei paesaggi alpini, la neve entra nel canone artistico. L’esposizione propone 200 anni di visualizzazione dell’inverno bianco in sezioni tematiche.

Giovanni Segantini e i Giacometti sono accostati in maniera «poco ortodossa», ammette la curatrice Isabelle Chappuis, a opere contemporanee, come il congelatore di Roman Signer che permette di conservare la neve vera anche dentro al museo.

Interdisciplinarità coinvolgente

Il trittico proposto a Coira è un esperimento di collaborazione fra musei pubblici che fin ora – analogamente a ciò che avviene nel resto della Svizzera – hanno seguito strade separate. Le tre istituzioni hanno mandati diversi e una tradizione indipendente. Il progetto è dunque un’innovazione a livello nazionale per dimensione e varietà di approccio.

Non è un caso che la politica abbia fatto sua da subito l’iniziativa dei responsabili dei musei. Il capo dicastero della cultura grigione, Claudio Lardi, ha infatti sostenuto con un credito straordinario il progetto «Neve, cosa meravigliosa» e guarda con soddisfazione al risultato.

«La neve è il tema del nostro territorio – afferma a swissinfo il consigliere di Stato – e meglio di così non si poteva inaugurare la stagione invernale».

swissinfo, Daniele Papacella, Coira

L’esposizione nei tre musei di Coira è aperta dal 19 novembre 2004 al 27 febbraio del 2005.
Un serie di manifestazioni accompagna l’evento: si proiettano film, si visitano impianti di risalita, si costruiscono gli iglù come gli eschimesi.
Non mancano i percorsi didattici per tutte le età e un catalogo interdisciplinare in più lingue. I contributi sono firmati da geografi, biologi, artisti e storici e linguisti.

In controtendenza, il progetto dei tre musei grigionesi è stato realizzato senza il sostegno di sponsor privati.

Il governo cantonale ha preferito coprire tutte le spese con il fondo della lotteria, evitando la presenza ingombrante di chi sponsorizza la cultura piazzando poi con poco scrupolo il proprio marchio.

«Lo Stato – ricorda il consigliere di stato Claudio Lardi – è il primo sponsor della cultura e praticamente sempre contribuisce in maniera più importante di quanto facciano gli sponsor privati. È giusto che questo impegno sia visibile».

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