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Il libro “rimosso” di Jung

Un'illustrazione del Libro rosso AP Photo/W.W. Norton & Company, Inc.

Dopo oltre 79 anni esce dall'ombra il favoleggiato manoscritto di Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica. Realizzato tra il 1914 e il 1930, il 'Libro Rosso' è la testimonianza più intima del viaggio dello psicanalista svizzero negli abissi della sua psiche.

Il grande psichiatra e psicanalista Carl Gustav Jung (1875-1961) non occultò mai l’esistenza del ‘Libro Rosso.’ Fece anzi esplicito riferimento al suo contenuto in alcuni saggi e a pochi eletti regalò anche la fotocopia di alcune pagine.

Tuttavia, sebbene alcuni sostengano che avesse pensato anche a pubblicarlo, Jung era consapevole di quanto questo diario potesse essere mal compreso, se di esso scrisse “agli osservatori superficiali sembrerà una follia”.

Sta di fatto che dopo la sua morte avvenuta nel 1961, il carattere intimo dei materiali contenuti nel libro, convinse gli eredi a tenerlo segreto: prima nei cassetti di case private e dal 1984 nel caveau dell’United Bank of Switzerland.

A indurli a cambiare idea ci è voluta la caparbia dello storico della psicologia di origine indiana Sonu Shamdasani, professore all’University College di Londra e coordinatore del progetto ‘Philemon series’ che mira alla pubblicazione di tutte le opere inedite di Jung.

La presentazione al pubblico

Così nel 2007 il Libro Rosso ha lasciato il suo nascondiglio alla Bahnhofstrasse di Zurigo per essere studiato e reso pubblico. E recentemente la casa editrice americana W.W. Norton ne ha presentato la prima edizione in copia anastatica accompagnata da traduzione e testo critico in inglese, curate tra gli altri anche da Shamdasani.

Presentato dall’editore come “il più importante inedito della storia della psicanalisi” il libro è stato salutato dal New York Times Magazine come “Il Santo Graal dell’inconscio”. Ma il grande interesse del diario-confessione di Jung è dimostrato soprattutto dal successo delle vendite: nonostante i 195 dollari del prezzo di copertina, la prima edizione è già esaurita e ne è programmata una seconda per dicembre.

Dagli inizi di ottobre il manoscritto originale si trova invece esposto per la prima volta al pubblico in una teca del Rubin Museum of Art di New York che gli ha dedicato il posto d’onore nella mostra celebrativa “Il Libro Rosso di C.G.Jung. Creazione di una nuova cosmologia”.

Immagini interlocutrici

Rilegato con una copertina di pelle rossa, il Liber Novus -più noto però come Libro Rosso-, è un testo di grande dimensioni che per il suo formato (ca. 29.5 x 39 cm), la grafia gotica, i fregi di capoverso e delle bordure e i coloratissimi disegni, ricorda moltissimo gli antichi manoscritti medioevali.

In questo volume Jung trascrisse per 16 anni, corredandole da interpretazioni, le principali visioni, fantasie, immagini e riflessioni intime che ebbe a partire dal 1913, anno della rottura con l’amico e maestro Sigmund Freud.

“Il Libro Rosso è una specie di dialogo interiore in cui Jung pratica quella che più tardi chiamò, immaginazione attiva”, spiega lo psicanalista junghiano Daniele Ribola. “In questo libro Jung si mette in relazione con le immagini che emergevano dalla sua fantasia e anche dal suo inconscio, trattandole come fossero degli interlocutori.”

Un pellegrinaggio alla ricerca dell’anima

Negli anni successivi alla separazione da Freud, Jung visse un periodo di profonda crisi esistenziale durante il quale il magma del suo inconscio esplose in incontenibili e debordanti visioni. “Si scatenò un flusso incessante di fantasie, e feci del mio meglio per non perdere la testa”, ricorda egli stesso nel libro autobiografico “Ricordi, sogni, riflessioni” (1961).

Il primo di questi episodi si manifestò nell’ottobre del 1913 nel corso di un viaggio in treno verso Sciaffusa durante il quale ebbe una visione apocalittica in cui scorse un’alluvione di melma, macerie e morti invadere la terra dalla Russia fino alle Alpi.

Il succedersi di questi fenomeni lo indussero a intraprendere un confronto diretto con il proprio inconscio e ad analizzare la nascita e il processo dei propri pensieri. Dopo ogni viaggio nel profondo annotava le sue visioni in una serie di quaderni (noti come Libri Neri) e poi rielaborava alcuni di questi materiali nel Libro Rosso completandoli con disegni e mandala che rappresentavano il processo di sviluppo della sua coscienza.

Utilizzando l’immaginazione attiva – metodo che ai suoi detrattori fece dire che egli fosse fondamentalmente uno psicotico -, Jung tenne a bada e insieme alimentò il confrontò con il suo mondo interiore popolato di fantasmi, demoni, figure mitologiche, archetipi e simboli. E proprio nel corso di questa difficile e tormentata esplorazione intima giunse ad elaborare il meglio di tutta la sua teoria psicanalitica.

Un delirio o un libro profetico?

Sonu Shamdasani ha dichiarato (Sole 24 ore, 17.10.09) che “non ci possono essere molti lavori inediti che hanno già avuto un’influenza così vasta sulla storia sociale e intellettuale del Ventesimo secolo come il Libro Rosso, o Liber Novus. Da lui ritenuto il lavoro che avrebbe contenuto il nucleo della sua opera successiva, esso da tempo è considerato come la chiave per comprenderne la genesi.”

Anche se in una forma più letteraria che scientifica, effettivamente quest’opera anticipa tutti i grandi temi di Jung – il processo di individuazione, l’ombra e l’inconscio collettivo, gli archetipi e il sé- ma è difficile capire o prevedere quanto questa pubblicazione favorirà una rilettura della sua opera, visto che tra gli stessi junghiani le opinioni sono già molto diverse.

“Questo libro è la testimonianza di un percorso estremamente originale dal quale traspare l’enorme cultura di Jung, però non credo che per la sua natura sarà un libro fondamentale per la psicanalisi proprio perché è difficilmente decodificabile”, afferma Daniele Ribola.

“È un po’ come prendere un’immagine puramente onirica: dipende dall’interpretazione che se ne fa. Credo che questo libro avrà lo stesso destino: ci saranno persone che lo considereranno un delirio e altre un libro profetico. Io penso che non sia né l’una né l’altra cosa.”

swissinfo, Paola Beltrame, Berna

Figlio di un pastore protestante, Carl Gustav Jung nasce nel 1875 a Kesswil nel canton Turgovia. Nel 1900 si laurea in medicina e inizia a lavorare nell’ospedale psichiatrico di Zurigo.

Si avvicina alla psicanalisi e per alcuni anni è uno degli allievi prediletti di Sigmund Freud, ma con la pubblicazione del libro ‘Trasformazioni e simboli della libido’ (1912) vengono alla luce i suoi dissensi teorici con il maestro e nel 1913 il loro rapporto si interrompe.

Teorico dell’inconscio collettivo e di quella che verrà definita psicologia analitica, Jung affianca l’intensa attività terapeutica a studi approfonditi di mitologia, religione, letteratura di culture ed epoche diverse.

Muore nel 1961 a Bollingen vicino a Zurigo nella sua casa sul lago.

Scritto tra il 1914 e il 1930, il Libro Rosso è composto da 205 pagine manoscritte in tedesco con citazioni latine, corredate da oltre 120 coloratissime illustrazioni dello stesso Jung. Ha un formato di 29.5 x 39 cm ed è rilegato con una copertina in pelle rossa.

Riemerso dalle cassette di sicurezza della United Bank of Switzerland di Zurigo nel 2007, il manoscritto è stato recentemente pubblicato in copia anastatica con traduzione inglese, dall’editore americano W.W.Norton. La versione italiana sarà pubblicata da Bollati Boringhieri non prima della fine del 2010.

Aperto alla pagina 179, l’originale è ora esposto in una mostra celebrativa al Rubin Museum of Art di New York dove rimarrà fino al 25 gennaio 2010. Prima di tornare in Svizzera, farà tappa anche alla Library of Congress di Waschington.

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