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Il lato oscuro di Heidi

Tutto bello e bucolico? Noi ne dubitiamo Corrado Mordasini

Tre ottimi motivi contro il parco tematico Heidiland

La notizia è di pochi giorni fa: a Tannenboden (canton San Gallo) è stato presentato un progetto per creare un parco dei divertimenti dedicato ad Heidi che è forse il personaggio letterario svizzero più famoso nel mondo. Investimento: 100 milioni. Bruscolini.

Finora la notizia ha avuto praticamente solo reazioni di interesse misto a curiosità, perciò ci sentiamo in dovere, nel nostro piccolo, di fare da contraltare, mettendo qualche puntino sulle “i” (che, come sapete, in “Heidi” sono ben il 40% delle lettere).

Ecco quindi i tre principali motivi per NON fare Heidiland.

1. Heidi porta sfiga

Iniziamo dal più importante, svelando il poco conosciuto ma pericolosissimo lato oscuro di questa bimbetta apparentemente innocente di 5 anni: Heidi porta più jella di un gatto nero che passa sotto una scala rompendo uno specchio.

Stiamo parlando di una bambina il cui papà muore spiaccicato sotto una trave, la cui mamma decede di crepacuore, seguita in brevissimo tempo dalla nonna.

Una o due domande se le dovrebbe fare.

Tant’è che la zia Dete, facendo uno più uno, piuttosto di portarsela dietro a Francoforte, pensa bene di sbolognarla nel posto più fuori dal mondo possibile: una baita isolatissima sulle Alpi svizzere, dove il povero nonno, che fa vita da eremita e non parla con nessuno, la accoglie ignaro di tutto.

Fortunatamente il nonno sembra immune ai maligni poteri di Heidi, che però in breve colpiscono il suo migliore amico, Peter, che (ovviamente) è poverissimo, perché (ovviamente) non ha più il papà e la cui nonna è (ovviamente) cieca.

Una cecchina, sta Heidi.

Poi la bambina finisce davvero a Francoforte (con la recalcitrante zia Dete che fa ogni sorta di scongiuri) e chi è la sua migliore amica? Clara, ragazzina poliomielitica, bloccata su una sedia a rotelle.

E vai così.

Però, per fortuna, le due hanno una premurosa Tata che si occupa di loro. Una perfetta istitutrice germanica di nome Rottenmeier, che a confronto il direttore di Auschwitz era un tipo mite e comprensivo.

Tornata in Svizzera dal nonno, Heidi ha la brillante idea di portarsi dietro Clara. Ovviamente le Alpi svizzere, note perché ci si trovano bene solo gli stambecchi, sono il posto ideale per un’inferma su una sedia a rotelle. E infatti appena arrivata, la sedia, che avendo le rotelle è ovviamente soggetta alla forza di gravità, inizia a precipitare lungo un pendio, chiaramente diretta verso un dirupo. Clara si salva per un pelo.

Ora, alla luce di questi fatti, chiediamoci: che futuro può avere un parco dei divertimenti dedicato alla più grande jettatrice della letteratura? Voi ci andreste?

2. Impossibile far soldi

Oltretutto il parco sarebbe un buco nell’acqua finanziario. Sia perché con la sfiga di Heidi la cosa è matematica, sia perché non ha atout economici. È vero che le boutiques potrebbero far dei bei soldoni vendendo cornetti rossi e ferri di cavallo, ma poi? Nei ristoranti che offri al pubblico? Acqua di fonte e formaggio di capra?

3. Parco poco attrattivo

In tutti i parchi dei divertimenti ci sono le attrazioni tematiche: le montagne russe supersoniche, la strada ferrata del Far West, l’ascensore spaziale. Heidi cos’ha da offrire? La corsa con le caprette? La gara di mungitura? La casa dell’orrore della signorina Rottenmeier?

Via, dai, il Parco di Heidi non si può fare. Non s’ha da fare. Per il bene di tutti.

Se proprio si vuole un parco svizzero, lo si dedichi a Guglielmo Tell: gara di tiro con la balestra, viaggio in barca sul lago in tempesta, e birra a fiumi. Vuoi mettere?

Gino Ceschina

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Illustrazione di Corrado Mordasini

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