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Niente armi svizzere ai paesi in guerra civile

Primo piano di un cannone da carro armato; attorno, sfocato, ambiente industriale e un operaio
Il governo riconosce che non è il momento di allentare le restrizioni all'esportazione. © KEYSTONE / EQ IMAGES / Moritz Hager

Il Consiglio federale rinuncia alla revisione dell'Ordinanza sul materiale bellico, che avrebbe consentito l'esportazione verso paesi con conflitti interni in corso. Determinante è state la pressione delle proteste in Svizzera.

La decisione, anticipata dal ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann, trova conferma mercoledì in un comunicatoCollegamento esterno del governo.

L’intento era di adeguare i criteri di autorizzazione a quelli di Stati europei comparabili ma la riforma, scrive l’esecutivo, non gode più dell’appoggio politico necessario, in particolare nelle Commissioni della politica di sicurezzaCollegamento esterno alle Camere.

Una guerra è una guerra

Attualmente, l’Ordinanza sul materiale bellicoCollegamento esterno vieta l’export se il Paese di destinazione è coinvolto in un conflitto armato, che esso sia interno o internazionale.

Il governo avrebbe voluto la possibilità di concedere un permesso se non vi è motivo di credere che il materiale bellico sia utilizzato in un conflitto armato interno. Paesi devastati dalla guerra civile come la Siria e lo Yemen erano stati esplicitamente esclusi dalla deroga.

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Schneider-Ammann ammette che la pressione esterna ha avuto un peso sulla decisione. Così come lo ha verosimilmente avuto la mutata situazione internazionale.

“Abbiamo discusso e soppesato molto i pro e i contro e siamo giunti alla conclusione che non è molto realistico né molto intelligente continuare il processo di liberalizzazione in un tale momento”, ha dichiarato ai quotidiani “24 Heures” e “La Tribune de Genève”.

Verso l’Arabia Saudita

Per quanto il ministro non metta la rinuncia in diretta relazione con la morte atroce a Istanbul del giornalista saudita Jamal Khashoggi, ucciso da agenti di Riad, l’atteggiamento della Svizzera in materia di export bellico è cambiato.

“L’Arabia Saudita riceverà al massimo ciò che è stato negoziato e firmato per pezzi di ricambio e munizioni”, ha detto Johann Schneider-Amman.

Un’impresa già titolare di un’autorizzazione è stata sensibilizzata al problema e ha confermato che non ne farà uso, riferisce l’agenzia Keystone-ATS. La Segreteria di Stato dell’economiaCollegamento esterno (SECO) ha inoltre incaricato la dogana di respingere le dichiarazioni d’esportazione concernenti l’Arabia Saudita.

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Al momento, domande di esportazioni nuove o pendenti non saranno trattate. Anche i pezzi di ricambio la cui esportazione è già stata autorizzata, non saranno al momento inviati.

Un successo del fronte contrario

Il prospettato allentamento delle norme sulle esportazioni aveva trovato l’opposizione di un’alleanza formata da esponenti di diversi partiti (destra esclusa) nonché di ambienti ecclesiastici e organizzazione umanitarie. Anche il presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Peter Maurer, aveva stigmatizzato pubblicamente la decisione.

L’Alleanza aveva annunciato il lancio di una “iniziativa di correzione” nel caso il Parlamento non avesse fatto tornare sui suoi passi il Consiglio federale. Erano già state trovate 25’000 persone pronte a raccogliere 4 firme ciascuna, così da ottenere il totale di 100’000 sottoscrizioni necessarie per un’iniziativa popolare.

RUAG, l’impresa di armamenti della Confederazione, si è detta molto delusa del ripensamento. Il presidente del cda Remo Lütolf ha evocato ripercussioni sull’occupazione e un indebolimento dell’industria svizzera, sostenendo che altri paesi europei neutrali, come la Finlandia, hanno normative più ragionevoli.

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