Prospettive svizzere in 10 lingue

Il giuramento

Un momento di raccoglimento per ricordare il "Sacco di Roma". Keystone Archive

Come tradizione vuole, il 6 maggio, in Vaticano giurano fedeltà al Santo Padre le nuove reclute.

In tal modo commemorano il tragico sacrificio di 147 soldati svizzeri, morti durante il sacco di Roma del 1527, per salvare il Papa dalla violenza dei Lanzichenecchi.

Quest’ anno saranno 32 i militi ad essere ammessi nel piu’ piccolo esercito del mondo.

In questa occasione si registra un fatto insolito. Fra le reclute che presteranno giuramento anche Dahni Bachmann, un giovane lucernese di origine indiana già diventato un richiamo per media e turisti.

Uno svizzero “diverso”

Alto quasi due metri, il giovane, adottato in tenere età, parla un perfetto “schwitzerduetch”.

“Mi sento assolutamente svizzero” ha detto a swissinfo, per me essere qui è come per tutti gli altri miei colleghi: fare un esperienza unica al servizio del Papa.”

La curiosità della gente e dei media non sembra impressionarlo più di tanto. “All’ inizio la cosa mi ha un po’ infastidio, ma poi mi ci sono abituato. Anche alcuni miei colleghi erano un po’ perplessi quando sono arrivato ma poi la camerateria, la lingua e gli stessi riferimeni culturali, hanno fatto il resto”.

Chi sono?

Il contingente elvetico formato da giovani provenienti da tutti i cantoni svizzeri, è di 110 militi compresi 4 ufficiali, un capellano e 26 sottoufficiali.

Negli ultimi anni, soprattutto dopo la strage del 1998, la Guardia svizzera ha incontrato diversi problemi di effettivi, tanto che sono stati richiamati in servizio alcuni ex-militi per completare i ranghi.

Recentemente, è stata affidata a un’ agenzia di relazioni pubbliche elvetica, il compito di far conoscere meglio la Guardia svizzera e di reclutare nuovi candidati attraverso campagne stampa.

Un lavoro duro

Se il lavoro per i militi è sicuramente stressante (ore e ore a presidiare gli accessi Vaticani, lunghi turni di guardia nelle stanze pontificie e durante gli incontri pubblici o le celebrazioni del Papa) è anche vero che nella caserma i giovani soldati ricevono corsi di lingue e di infomatica e hanno la possibilità di formarsi come guardie del corpo professionali.

Acquisizioni spesso utili per poi inserirsi (dopo i due anni minimi di ferma) nel mondo del lavoro in Svizzera, nel campo della sicurezza privata o nei corpi di polizia.

Italofoni banditi dal servizio

Se negli ultimi anni il numero di italofoni presso la Guardia pontificia raggiunge mediamente l’11 per cento del totale, la presenza, in particolare ticinese, è relativamente recente.

Fino al 1920 circa, dal corpo venivano infatti esclusi gli italofoni. “Le ragioni sono poche chiare” dice a swissinfo il neo-comandante Elmar Maeder.

“Si suppone che all’epoca – visto che le origini di questo esercito sono storicamente svizzero-tedesche – si volesse evitare un’eccessiva italianizzazione. Addirittura era poco gradito che i militi, durante la loro ferma romana, imparessero l’italiano”, spiega Maeder.

Forse erano anche questioni di sicurezza a suggerire questa formula. Meno contatti si avevano con l’esterno, più facile sarebbe stato garantire la riservatezza del corpo e dei suoi compiti.

Paolo Bertossa, Roma

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