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Il gas di scisto fa discutere anche in Svizzera

Le proteste popolari contro l'estrazione di gas di scisto in Francia hanno avuto conseguenze politiche AFP

Vietando a titolo cautelativo la controversa tecnica di fratturazione idraulica, la Francia ha recentemente messo uno stop al gas di scisto. Il dibattito sulle conseguenze ecologiche dello sfruttamento di questo gas naturale comincia ad agitare anche la Svizzera.

Acqua di rubinetto che si infiamma al contatto con un accendino e cittadini americani costretti ad installare cisterne d’acqua in giardino a causa dell’inquinamento delle falde freatiche. Sono alcune immagini scioccanti del documentario “Gasland”, nominato agli ultimi Oscar. Colpevole designato: il gas di scisto, che da meno di un decennio è diventato la fonte preferita di approvvigionamento di gas negli Stati Uniti.

“Nel corso degli anni 2000, l’impennata dei prezzi del petrolio e importanti progressi tecnologici hanno reso possibile lo sfruttamento di gas di scisto a costi equivalenti o addirittura inferiori a quelli dei giacimenti convenzionali”, spiega Vincent Beuret, economista dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFE).

Nel momento della messa in causa dell’energia nucleare e della volontà di guadagnare indipendenza nell’approvvigionamento energetico, il gas di scisto sembra una manna per i dirigenti dei paesi non produttori di petrolio.

Fratturazione nociva

Ma da qualche mese, la resistenza si sta organizzando. L’impatto ecologico della risorsa considerata “pulita” viene alla luce. In causa c’è la tecnica di estrazione detta fratturazione idraulica.

Per spezzare le rocce molto compatte in cui è intrappolato il gas, si iniettano ad alta pressione nel sottosuolo enormi quantità di acqua mista a sabbia e prodotti chimici. Un metodo che gli ambientalisti considerano dannoso per le acque sotterranee. Un altro problema: dal 20 al 40% dell’acqua risale in superficie sotto forma di fanghi tossici.

La protesta si è dapprima manifestata negli Stati Uniti e in Canada, pionieri nello sfruttamento del gas di scisto. Poi è stata la volta del Sudafrica, che ha deciso una moratoria sulle nuove domande per l’esplorazione. La rivolta si è quindi estesa anche al Vecchio Continente.

In Francia, gli ambientalisti e gli abitanti dell’Ardèche e dell’Aveyron hanno denunciato con forza i progetti di trivellazione della società Schuepbach Energy LLC, diretta dal texano di origine svizzera Martin Schüpbach. Le loro contestazioni si sono fatte sentire a Parigi: alla metà di maggio, l’Assemblea nazionale francese ha adottato una proposta di legge che vieta la tecnica della fratturazione idraulica.

Il “no” di Friburgo

Tutto questo trambusto ha conseguenze anche in Svizzera. Il cantone di Friburgo alla fine di aprile ha deciso di “sospendere tutte le ricerche di idrocarburi sul territorio friburghese, per una durata indeterminata”. Un voltafaccia, poiché nel 2008, Martin Schüpbach aveva ottenuto il permesso di esplorare un quarto della superficie del cantone. Friburgo motiva la nuova decisione con volontà di concentrarsi su energie rinnovabili, come quella solare, da biomassa o idrica.

I gestori non sono certamente contenti. “È una reazione di panico”, spiega Werner Leu, geologo consulente per l’azienda Schuepbach. Le autorità dicono di voler fare a meno dei combustibili fossili, ma dipendiamo nella misura dei due terzi da queste energie. Inoltre, siamo ancora nella fase delle valutazioni, la strada per ottenere un permesso di trivellazione è estremamente lunga e piena di regole molto rigide da seguire”.

Geologo presso l’università di Friburgo, Jon Mosar ritiene invece “coraggiosa tale decisione politica”. A suo avviso, “il gas di scisto è una goccia d’acqua che non fa altro che ritardare il problema del nostro eccessivo consumo di energia”.

Pericolo di sismi

Jon Mosar ha cominciato a interessarsi del gas di scisto 3 o 4 anni fa, con l’arrivo della compagnia Schuepbach a Friburgo. Secondo il ricercatore, i rischi della fratturazione idraulica non sono trascurabili: “Le fratturazioni non sono limitate alle rocce che si vogliono raggiungere. Parte dei prodotti iniettati finisce nelle rocce circostanti. Da lì, potrebbe raggiungere le acque sotterranee e inquinarle per un lungo periodo”.

Un altro rischio evidenziato dal geologo, è quello dei terremoti provocati dall’uomo, come è avvenuto a Basilea nel 2006, nel corso di una perforazione geotermica. “Friburgo è costellato di faglie di diversi chilometri. Se una trivellatrice raggiunge una di queste faglie, potrebbe generare terremoti”, insiste Jon Mosar.

Rischio teorico, dato che al momento è vietata qualsiasi trivellazione sul territorio friburghese. Werner Leu, tuttavia, afferma che la società Schuepbach è ancora in attesa di una risposta definitiva “e non ha preso alcuna decisione circa una possibile cessazione delle sue attività in Svizzera e in Europa”.

Diverse incognite

Leu è convinto “che le cose si calmeranno presto e si potrà presto discutere con calma di questa fonte energetica d’avvenire”. Di opinione contraria è Jean-Marc Hensch, direttore dell’Associazione svizzera dell’industria del gas. “L’esiguità del territorio e i costi di queste trivellazioni fanno sì, a mio parere, che questo tipo di estrazione alta pressione idraulica non abbia futuro in Svizzera”, ha dichiarato al quotidiano ginevrino Le Temps.

Secondo Werner Leu, è impossibile determinare sia le riserve disponibili nel sottosuolo elvetico, sia il costo di future estrazioni, poiché non è ancora stata fatta alcuna perforazione esplorativa. La densità abitativa sull’Altopiano svizzero, a suo avviso, non sarebbe un problema: “Si possono praticare 6-8 trivellazioni da un’unica piattaforma. Ci vuole pochissimo spazio”.

E per quanto riguarda il rischio di inquinamento? Sarebbe possibile estrarre gas da scisti senza utilizzare sostanze chimiche? “Non posso rispondere categoricamente a questa domanda. Ma i timori non sono giustificati. In Nord America, sono stati usati vecchi impianti di trivellazione con tubi corrosi e poco profondi, per nulla adeguati allo sfruttamento del gas di scisto”, osserva.

Nessun divieto nazionale

La società Schuepbach ha presentato un’altra domanda di concessione nel cantone di Vaud. “È attualmente all’esame”, spiega Werner Leu. A differenza della Francia, in Svizzera non sono in ballo una moratoria o un divieto a livello nazionale. Il governo federale “segue l’evoluzione della situazione, ma non prevede di promulgare nuove norme. La responsabilità dell’approvvigionamento di gas del paese incombe alle società del gas”, spiega Matthieu Buchs, portavoce dell’UFE.

Le polemiche degli ultimi mesi sembrano tuttavia aver inferto un duro colpo ai difensori del gas di scisto. Almeno in Occidente. Le organizzazioni ambientaliste temono che le multinazionali ora si rivolgano a paesi meno rispettose dell’ambiente, in particolare la Cina, che avrebbe le maggiori riserve al mondo.

Definizione. Il gas di scisto o “shale gas” fa parte delle cosiddette fonti non convenzionali di gas naturale sfruttabili commercialmente. La classificazione si riferisce alle tecniche di trivellazione e di estrazione, non al gas stesso, in quanto è il metano. Esso è intrappolato in una roccia molto compatta alla base della sua formazione ad una profondità di 2000-3000 metri.


Estrazione. Una miscela di acqua, sabbia e sostanze chimiche viene iniettata ad altissima pressione per fratturare la roccia e liberare il gas. La sabbia e le sostanze chimiche servono a stabilizzare gli interstizi creati e a fare salire il gas nei pozzi di captazione.

Problemi. La tecnica di fratturazione idraulica richiede diversi milioni di litri di acqua per ogni foratura, che non possono essere riutilizzati. Inoltre l’acqua iniettata nel sottosuolo contiene sostanze chimiche che potrebbero contaminare le falde freatiche. Circa un terzo delle acque risale alla superficie sotto forma di fango carico di sostanze chimiche che deve essere trattato.

Scisti che contengono gas sono presenti soprattutto sull’Altopiano svizzero, un’area che si estende dal Lago Lemano al Lago di Costanza. Diverse società stanno attualmente conducendo test. Secondo la società Gaznat, il potenziale è di decine di miliardi di metri cubi, mentre il consumo annuale di gas in Svizzera è di 3 miliardi di metri cubi.
 
Tuttavia, “data l’esiguità del territorio e l’alta densità di popolazione, l’esplorazione e lo sfruttamento di tali giacimenti appaiono difficilmente concepibili” e la Svizzera rimarrà probabilmente al 100% dipendente dalle forniture estere di gas, ha detto Vincent Beuret, dell’Ufficio federale dell’ambiente.
 
Nel cantone di Friburgo, la società Schuepbach Energy LLC ha ricevuto nel 2008 il permesso di esplorare il sottosuolo della regione della Glâne. Il governo friburghese lo scorso aprile ha deciso di non rinnovare l’autorizzazione, che scade alla fine dell’anno.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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