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Il futuro dell’allevamento in Svizzera si decide alle urne

maiali in un prato
Maiali che scorrazzano all'aria aperta: è questa la visione dell'agricoltura propugnata dalle associazioni promotrici dell'iniziativa contro l'allevamento intensivo. Keystone / Melanie Duchene

Il 25 settembre, il popolo svizzero si esprimerà sul divieto dell'allevamento intensivo. Si tratta di una questione delicata in un Paese legato all'agricoltura e che ha già una legislazione molto severa in materia di benessere degli animali.

Di che cosa si tratta?

Delle associazioni antispeciste e animaliste hanno lanciato con successo un’iniziativa popolare per vietare l’allevamento intensivo in Svizzera. Governo Parlamento ritengono tuttavia che la legislazione attuale fornisca una protezione sufficiente per gli animali da allevamento e invitano il popolo a respingere il testo in votazione federale il 25 settembre.

Cosa chiede esattamente l’iniziativa?

L’iniziativaCollegamento esterno chiede che la tutela della dignità del bestiame e il divieto di allevamenti intensivi siano inseriti nella Costituzione svizzera. In particolare, prevede che fra 25 anni i requisiti relativi al benessere del bestiame e del pollame dovranno soddisfare almeno le direttive del marchio Bio Suisse del 2018.

Tali requisiti si applicherebbero anche alle importazioni di animali e prodotti di origine animale.

Chi ha lanciato l’iniziativa?

L’iniziativa è stata lanciata da associazioni animalisteCollegamento esterno, tra cui la Fondazione Franz Weber e Sentience Politics. Questa associazione svizzero-tedesca riunisce attivisti e attiviste antispecisti della società civile. È all’origine di un’iniziativa cantonale a Basilea Città per il riconoscimento dei diritti fondamentali dei primati, respinta lo scorso febbraio dal 74% dell’elettorato. Sentience ha anche presentato interventi per promuovere l’alimentazione vegana in diverse città della Svizzera tedesca.

L’iniziativa contro l’allevamento intensivo è sostenuta da Greenpeace, Bio Suisse, l’Associazione dei piccoli agricoltori, la Società svizzera per la protezione degli animali, Pro natura e il Partito ecologista svizzero

Quanto è diffuso l’allevamento intensivo in Svizzera?

L’iniziativa definisce l’allevamento intensivo come “un allevamento industriale che mira a rendere la produzione di prodotti animali il più efficiente possibile, compromettendo sistematicamente il benessere degli animali”. Secondo il Governo svizzero, l’allevamento intensivo così definito è già vietato dalla legislazione vigente. La Legge federale sulla protezione degli animaliCollegamento esterno stabilisce che chiunque abbia a che fare con gli animali deve tenere conto al meglio delle loro esigenze, garantire il loro benessere e non ledere la loro dignità.

In Svizzera, l’allevamento di galline in batteria è stato vietato nel 1996 e la legislazione attuale prevede dimensioni minime per gli spazi vitali accordati agli animali domestici, come pure al bestiame e al pollame. L’Ordinanza concernente gli effettivi massimi per la produzione di carne e di uovaCollegamento esterno stabilisce un limite al numero di unità per ogni specie. Ad esempio, le aziende agricole non possono tenere più di 1’500 suini da ingrasso, 27’000 polli per la produzione di carne e 300 vitelli.

Tuttavia, il comitato d’iniziativa ritiene che questi numeri siano troppo alti per garantire il benessere degli animali e che si tratti di allevamento intensivo. Imponendo le direttive di Bio Suisse, auspica che il bestiame e il pollame siano allevati in gruppi più piccoli, con più spazio e un accesso garantito all’aria aperta. Il comitato chiede che gli animali siano trattati come esseri senzienti e non più come merci.

Le persone all’origine della proposta denunciano anche gli effetti nocivi dell’allevamento intensivo sull’ambiente e sugli esseri umani: aumento della resistenza agli antibiotici, aumento del rischio di pandemie ed elevate emissioni di gas a effetto serra.

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Come si colloca la Svizzera a livello internazionale?

In Svizzera, come altrove, la maggior parte delle piccole aziende agricole familiari ha lasciato il posto a grandi aziende specializzate. Il numero di aziende che allevano bestiame si è dimezzato in 30 anni, mentre il numero medio di animali per azienda è fortemente aumentato.

Questo cambiamento strutturale è però più lento rispetto ai Paesi vicini, dove le aziende agricole sono molto più grandi e crescono più rapidamente, secondo il centro di ricerca agricola svizzero AgroscopeCollegamento esterno. Anche il numero di vacche da latte, bovini e suini per azienda è più alto in Germania, Francia e Italia. In Austria, è al contrario più basso.

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La legislazione svizzera sulla protezione degli animali è particolarmente severa e si applica anche al bestiame. Si spinge molto più in là rispetto alle leggi in vigore nei paesi dell’Unione europea, poiché non solo stabilisce dei requisiti per la costruzione e lo spazio disponibile, ma disciplina anche la formazione degli allevatori e delle allevatrici, l’alimentazione e le condizioni di trasporto.

La Svizzera si distingue anche per i suoi programmi di promozione del benessere degli animali introdotti negli anni Novanta. La Confederazione accorda un sussidio supplementare alle aziende agricole che hanno sistemi di stabulazione particolarmente rispettosi o che lasciano uscire gli animali all’aperto a intervalli regolari. Oggi, questi programmi sono applicati in quasi tutti gli allevamenti di galline ovaiole e nella maggior parte degli allevamenti di bovini e suini.

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Chi si oppone all’iniziativa per il divieto dell’allevamento intensivo?

Il Governo e la maggioranza del Parlamento raccomandano al popolo di respingere l’iniziativa. I partiti di destra e di centro non vogliono introdurre nuove restrizioni all’allevamento, considerando che la legge sulla protezione degli animali è già una delle più severe al mondo. All’iniziativa si oppongono anche il mondo economico, l’Unione svizzera dei contadini e quasi tutte le associazioni di agricoltori e agricoltrici.

Per le persone contrarieCollegamento esterno, il benessere degli animali è già una priorità assoluta in Svizzera e gli allevamenti sono condotti con numeri limitati. Temono che se l’iniziativa verrà attuata, molte aziende agricole non saranno in grado di ampliare le proprie infrastrutture e si troveranno in grande difficoltà.

Chi si oppone all’iniziativa sostiene anche che l’aumento dei costi di produzione verrebbe scaricato su consumatori e consumatrici. L’importazione di carne e uova rischia di aumentare, ciò che favorirebbe il turismo degli acquisti. Inoltre, chi si oppone afferma che l’applicazione degli standard svizzeri ai prodotti importati sarebbe impossibile, in quanto violerebbe gli impegni assunti dalla Confederazione nei confronti dell’Organizzazione mondiale del commercio.

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