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Il futuro dei ghiacciai in un mare di acqua?

Il Morteratschgletscher è stato uno dei pochi ghiacciai ad essere cresciuto Keystone

Le osservazioni condotte dai ricercatori elvetici negli ultimi due anni evidenziano che la maggior parte dei ghiacciai svizzeri si sono ulteriormente ritirati.

La diminuzione potrebbe trovare spiegazione nelle “ondate di calore” invernali che, come indica uno studio, si sono intensificate sulle Alpi.

Nonostante alcuni leggeri miglioramenti, l’ultimo quadro sulla situazione dei ghiacciai elvetici fornito dall’Accademia svizzera di scienze naturali (Assn) è piuttosto preoccupante.

Dall’analisi dei dati riguardanti i primi 90 dei 110 ghiacciai svizzeri annualmente controllati, emerge infatti che in 75 casi si è assistito ad una diminuzione della superficie, ciò che conferma l’evoluzione osservata nei decenni passati.

“È dalla fine della “Piccola era glaciale”, ovvero dalla metà del 19esimo secolo, che i ghiacciai si ritirano”, indica Andreas Bauder, membro della Commissione glaciologica dell’Assn.

Otto ghiacciai presentano tuttavia una lieve crescita, mentre gli altri sette non hanno subito modifiche.

Ad aver registrato l’accorciamento maggiore (134 metri) durante il periodo 2003-2004 è stato il ghiacciaio del Triftgletscher, nel canton Berna. Quello che si è allungato di più (oltre 10 metri) è invece il Morteratschgletscher, nei Grigioni.

Bilanci di massa

Durante la sua indagine, l’Assn ha proceduto a dei bilanci di massa per tre ghiacciai situati in Vallese, Grigioni e Ticino.

Misurando la differenza tra l’apporto di neve e la perdita di ghiaccio, questi bilanci riflettono le condizioni climatiche dell’anno precedente.

In Vallese e in Ticino si è così constatata una diminuzione della massa, mentre nei Grigioni si è osservato un leggero aumento.

Secondo l’Assn, la crescita è generalmente da ricondurre a fenomeni locali a livello della lingua del ghiacciaio. Non si tratterebbe dunque di una reazione a temperature più rigide o a piogge più abbondanti.

Il caldo d’inverno

Una delle spiegazioni della diminuzione dei ghiacciai è fornita da uno studio dell’Università di Friburgo, pubblicato sul numero di gennaio della rivista scientifica americana «Geophysical Research Letters», secondo cui negli ultimi 35 anni le Alpi svizzere sono state investite sempre più da “ondate di calura” invernali.

Le conseguenze di tali fenomeni meteorologici si manifestano con un aumento della temperatura – sono state ad esempio registrate temperature che superavano di ben 16,2 gradi la media invernale – una diminuzione delle precipitazioni e lo scioglimento del manto nevoso.

“La frequenza degli sbalzi termici è aumentata in modo sostanziale nel corso di tutto il 20esimo secolo”, indica l’autore dello studio Martin Béniston. A partire dalla fine degli anni ‘60, il fenomeno si è ulteriormente accentuato, sia in frequenza che in intensità.

“Contrariamente alle canicole, questi sbalzi di temperatura non sono generalmente considerati come un evento estremo, visto che non hanno nessun effetto immediato sulla salute, sull’agricoltura, sull’acqua o sulla domanda d’energia”, osserva Béniston.

Impatti negativi

Ricordando che tali sbalzi termici possono essere più marcati di quelli osservati durante le ondate di calore estive, come fu ad esempio il caso nel 2003, il ricercatore rileva però che, a lungo termine, le conseguenze possono comunque essere negative sul piano ambientale e socio-economico.

Durante questi periodi, le precipitazioni risultano anormalmente ridotte ed il manto nevoso diminuisce, ciò che rischia di avere un impatto non solo sulle riserve idroelettriche e sulle risorse di acqua, ma anche sugli introiti delle località sciistiche.

swissinfo e agenzie

Dei 90 ghiacciai finora osservati dall’Accademia svizzera di scienze naturali, 75 hanno registrato una riduzione durante il biennio 2003-2004.
7 hanno mantenuto costante la loro superficie.
8 presentano una leggera progressione.
134 metri l’accorciamento maggiore (ghiacciaio del Triftgletscher, canton Berna).
Oltre 10 metri la crescita più importante (Morteratschgletscher, Grigioni).

Lo studio condotto dall’Università di Friborgo si basa sui rilevamenti di dieci stazioni di MeteoSvizzera, situate ad altitudini comprese tra i 1’000 e i 3’600 metri.

Un modello di prospezione per la stazione di Säntis (San Gallo), a 2’500 metri sul livello del mare, prevede, in caso di una crescita della temperatura mondiale di 4-5 gradi, un aumento delle ondate di calore invernale dell’ordine del 30%.

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