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Il dopo Arafat è già cominciato

La morte del leader storico Arafat lascia un grande vuoto tra la popolazione palestinese Keystone Archive

Il leader storico dei palestinesi si trova tra la vita e la morte all'ospedale militare di Percy, vicino a Parigi. Una parte dei poteri potrebbe essere trasferita al suo Primo ministro.

L’analisi di due esperti svizzeri sul dopo Arafat, sulla sua successione e sull’avvenire del processo di pace in Medio oriente.

“Nonostante abbia perso il sostegno di una parte del suo popolo, Arafat è sempre rispettato in quanto l’uomo che più ha avvicinato i palestinesi al sogno dell’indipendenza”, afferma Erich Gysling, esperto della questione mediorientale.

Un’opinione condivisa anche dal deputato svizzero Daniel Vischer, che si è reso in Cisgiordania nel mese di settembre.

“Arafat ha svolto un ruolo maggiore nel cammino che ha portato i palestinesi al punto in cui si trovano ora. I successi ottenuti dal popolo palestinese sono in gran parte merito suo”, indica Vischer a swissinfo.

“Ma al di fuori dei Territori Occupati, il bilancio del lavoro di Arafat è più mitigato”, fa notare Gysling.

In qualità di leader militare dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), Arafat è stato in passato associato agli episodi di violenza ed ai dirottamenti aerei degli anni ’60 e ’70.

Negli ultimi anni però, Arafat ha assunto il ruolo di uomo di stato e di mediatore dei vari gruppo palestinesi.

Nel 1994, si è visto assegnare, assieme al Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin ed al ministro degli esteri Shimon Peres, il premio Nobel per la pace.

Speranze infrante

Le speranze di pace si sono spente dopo il fallimento dei negoziati di Camp David nel 2000. Arafat pagò l’insuccesso perdendo parte del sostegno internazionale.

Nei tre anni successivi, il leader palestinese è così diventato sempre più isolato, anche a causa del confinamento, imposto da Israele, nel suo quartier generale di Ramallah in Cisgiordania.

“Tra i palestinesi, Arafat sarà tuttavia ricordato come colui che ha condotto i negoziati con Israele e cha ha acceso le speranze di pace”, sottolinea Gysling.

“È arrivato vicinissimo all’indipendenza, ma ha fallito all’ultima tappa. Sarà probabilmente questo il sentimento generale”, ci dice l’esperto in materia.

Gysling avverte però che “la visione israeliana che lo vede il maggior responsabile dell’ondata di terrorismo non corrisponde alla realtà”.

Il naufragio del meeting di Camp David non è in effetti da imputare esclusivamente alla mancanza di apertura da parte di Arafat.

“Alcuni osservatori – indica Gysling – affermano che Israele non aveva alcuna intenzione di scendere a compromessi per quel che riguarda lo statuto di Gerusalemme ed il diritto di rimpatrio dei rifugiati palestinesi”.

Prospettive di pace

Gli analisti si dicono scettici sulle attuali prospettive di pace in Medio Oriente.

Per i palestinesi, uno dei punti fondamentali è il diritto dei rifugiati di ritornare nelle proprie case nei Territori Occupati.

“Questo è un tema sul quale i palestinesi insisteranno particolarmente durante le eventuali future negoziazioni”, sottolinea Vischer.

“Un’insistenza che rappresenta un ostacolo all’accettazione degli Accordi di Ginevra, il piano di pace avanzato dalla Svizzera”, prosegue il deputato elvetico.

Gli Accordi di Ginevra (firmati lo scorso 1. dicembre), che prevedono la suddivisione di Gerusalemme e la creazione di uno Stato palestinese, non sono infatti stati ufficialmente riconosciuti dall’autorità palestinese.

“Il testo è accolto positivamente dai palestinesi. Su un punto però, il disaccordo è chiaro: la questione dei rifugiati”, spiega Vischer.

La proposta lanciata dalla Svizzera prevede infatti che i palestinesi rinuncino al diritto al ritorno dei profughi del 1948, data di fondazione dello Stato di Israele.

Violenza e povertà

Dal canto loro, gli israeliani pretendono che l’autorità palestinese si impegni a fondo per intervenire contro i militanti terroristi e porre fine ai frequenti attentati suicidi.

“Arafat può essere accusato di non aver fatto abbastanza nella lotta alla povertà rampante nella Striscia di Gaza. Tra il 40 ed il 60% dei palestinesi vivono in condizioni di miseria e la maggior parte sopravvive con un dollaro al giorno”, afferma Erich Gysling.

“Questa situazione è una delle ragioni dell’emergenza di gruppi militanti islamici e rappresenterà la grande sfida che dovrà affrontare il successore di Arafat”, continua l’esperto.

L’avvertimento di Gysling è chiaro: “Se la situazione non cambia in modo drastico, il futuro successore di Arafat non potrà nulla di fronte ai fondamentalisti islamici”.

swissinfo, Morven Mclean
(traduzione: Luigi Jorio)

Yasser Arafat nasce a Gerusalemme il 4 o il 24 agosto 1929 (la data esatta non è conosciuta) come Muhammad Abd al-Rahman ar-Rauf al-Qudwah al-Husayni, anche conosciuto come Abu Ammar.

Dal 1993 è il leader dell’autorità palestinese e nel 1996 è eletto presidente.

Arafat è a capo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) dal 1969 e leader di Al-Fatah, la maggiore fazione dell’Olp.

Nel 1994 vince il Premio Nobel per la pace assieme al Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin.

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