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Il disastro in Giappone riaccende la vertenza sul nucleare

I cinque impianti nucleari forniscono quasi il 40% dell'energia elettrica consumata in Svizzera Keystone

Socialisti e Verdi chiedono il rapido abbandono dell'energia atomica, i partiti del centro esigono chiarimenti e la destra difende l'opzione nucleare. La catastrofe dell'11 marzo anticipa la contesa sulla politica energetica, ma una svolta radicale non è imminente all'interno del Parlamento.

Il dibattito sul futuro dell’energia atomica in Svizzera doveva costituire uno dei piatti forti della prossima legislatura. Il parlamento voleva pronunciarsi già all’inizio su tre progetti di costruzione di nuovi impianti nucleari, per sostituire i cinque attuali, la cui durata di vita giunge a scadenza entro pochi anni. Una votazione popolare era prevista nel 2013.

Il disastro in Giappone riapre però già ora con vigore la battaglia sul nucleare. Socialisti e Verdi esigono una sessione straordinaria del parlamento in giugno, moltiplicando mozioni, interpellanze e iniziative. Ai loro occhi le misure annunciate in questi giorni dal governo non sono sufficienti, dopo la catastrofe dell’11 marzo.

Lunedì la responsabile del Dipartimento federale dell’energia Doris Leuthard aveva deciso di sottoporre a nuove verifiche gli impianti in funzione e di sospendere le procedure di esame delle domande di autorizzazione per la costruzione di nuove centrali atomiche.

Rischi anche in Svizzera

“Doris Leuthard ha dichiarato che la sicurezza della popolazione ha priorità assoluta. Ora deve tradurre nei fatti queste belle parole: il governo deve seguire l’esempio delle autorità tedesche, che hanno deciso di chiudere già ora gli impianti nucleari più vecchi”, sostiene Christian Van Singer, deputato del Partito ecologista svizzero (PES).

Il PES e il Partito socialista chiedono quindi di staccare al più tardi nel 2012 la spina alle centrali di Mühleberg e Beznau I e II. “Se in Svizzera non abbiamo tsunami, siamo però anche noi a rischio di terremoti, inondazioni o uragani. O anche di panne tecniche, che non possono essere mai escluse”, aggiunge Van Singer.

A detta di Verdi e socialisti, questa misura è possibile senza ripercussioni negative per il fabbisogno di elettricità. “In Germania sono state spente quattro centrali e nessuno se ne è accorto. Non va dimenticato che in Europa viene prodotta attualmente troppa energia elettrica: l’elettricità non serve solo a generare energia, ma anche soldi”, afferma il deputato del PES Geri Müller.

Progetti in attesa

“Le tre vecchie centrali forniscono solo 8’000 gigawattora delle 26’000 prodotte dai cinque impianti attuali. Si tratta quindi di una quota poco importante del nostro consumo di elettricità. Solo con i progetti di energie rinnovabili presentati finora è prevista una produzione pari a 9’000 gigawattora”, rileva il deputato socialista Eric Nussbaumer.

“Purtroppo questi progetti si trovano in lista d’attesa, poiché la legislazione attuale frena gli investimenti nelle energie rinnovabili. Sollecitiamo quindi una rapida modifica legale: diversi studi dimostrano ad esempio che l’energia fotovoltaica potrebbe garantire un 30-35% di elettricità”, sottolinea Nussbaumer.

Un buon programma di efficienza energetica consentirebbe inoltre risparmi pari al 15% di elettricità. A detta di Verdi e socialisti, tutto questo basterebbe a sostituire entro una decina di anni anche i due impianti nucleari più recenti (Leibstadt e Gösgen). I due partiti chiedono quindi al governo di elaborare una legge per un piano di uscita dall’energia atomica.

No a decisioni affrettate

Mentre la sinistra lancia l’offensiva, i partiti del centro si ritrovano sulla difensiva e vogliono innanzitutto chiarimenti da parte del Consiglio federale. “L’11 marzo rimette in discussione la nostra politica energetica. Ci poniamo quindi degli interrogativi sulla sicurezza degli impianti attuali, sulle garanzie in caso di prolungamento della loro concessione, sui costi e le alternative di un abbandono del nucleare”, indica Pirmin Bischof deputato del Partito popolare democratico (PPD).

Domande che la frazione del PPD ha riunito in un postulato indirizzato al governo. Per il partito di centro, che si dichiara pronto ad esaminare ogni opzione, non è tuttavia il caso di adottare decisioni affrettate, prima di disporre di risposte chiare. Stesso parere da parte del Partito liberale radicale (PLR).

“Ora dobbiamo riflettere se continuare a medio o lungo termine con l’energia nucleare. Ma dobbiamo anche sapere quanto ci vorrà per rimpiazzare questo 40% di elettricità: non vogliamo importare energia atomica dai paesi vicini. E dobbiamo conoscere le alternative: finora proprio coloro che chiedono di uscire dal nucleare sono gli stessi che si oppongono continuamente per ragioni ambientali a progetti di nuove centrali idroelettriche o eoliche”, afferma il senatore del PLR Rolf Büttiker.

Situazione non paragonabile

A destra, l’Unione democratica di centro (UDC) mantiene la sua linea pro nucleare. “È ancora difficile valutare le conseguenze di quanto avvenuto l’11 marzo sia per il Giappone che per noi. Ma restiamo dell’idea che la Svizzera non sia un paese a rischio di terremoti di questa potenza e men che meno di uno tsunami. La nostra situazione non è quindi paragonabile” , dichiara il deputato dell’UDC Hans Killer.

“Siamo chiaramente favorevoli a qualsiasi nuova verifica, ma non vediamo alcun motivo per ritenere che le nostre centrali siano oggi meno sicure e neppure un’alternativa per i prossimi anni. L’energia nucleare sarà necessaria ancora tra 20 o 30 ani per garantire un approvvigionamento in elettricità del paese”.

La Svizzera dispone di 5 impianti nucleari: Beznau I (1969), Beznau II (1971), Mühleberg (1971), Gösgen (1978) e Leibstadt (1984).

I primi tre dovranno essere disattivati entro il 2020, mentre le autorizzazioni di servizio degli altri due scadono nel 2040 e nel 2045.

Queste centrali atomiche producono quasi il 40% dell’energia elettrica consumata a livello nazionale. La parte rimanente proviene quasi esclusivamente da impianti idroelettrici.

Le nuove energie rinnovabili (sole, vento, biomassa, ecc.) forniscono soltanto il 5% dell’energia elettrica e meno del 2% dell’energia complessiva consumata in Svizzera.

I tre progetti per nuove centrali nucleari – presentati dalle Forze motrici bernesi, dall’Axpo e dall’Alpiq – prevedono la costruzione di reattori ad acqua leggera, il cui rendimento è molto più elevato rispetto agli impianti attuali.

1979 – il 51,2% dei votanti respinge un’iniziativa popolare che chiedeva di sottoporre ogni progetto di costruzione di centrali nucleari al voto degli abitanti dei villaggi e nei cantoni situati in un perimetro di 30 km dall’impianto.

1984 – l’iniziativa popolare “Per un futuro senza centrali nucleari viene bocciata dal 55,0% degli svizzeri.

1990 – quattro anni dopo la catastrofe nucleare di Cernobyl, il popolo approva, con un 54,5% di sì, un’iniziativa che chiede una moratoria di 10 anni per le costruzioni o le autorizzazioni di nuove centrali nucleari. Rifiutata invece dal 52,9% dei votanti l’iniziativa “Per un abbandono progressivo dell’energia nucleare”.

2000 – gli svizzeri respingono tre proposte che miravano a promuovere progetti basati su energie rinnovabili, tramite la riscossione di tasse sulle energie fossili.

2003 – il 66,8% dei votanti silura l’iniziativa popolare per “Per una svolta energetica e la disattivazione progressiva delle centrali nucleari”. Il 58,4% rifiuta anche l’iniziativa in favore di una nuova proroga di 10 anni la moratoria per le costruzioni o le autorizzazioni di nuove centrali nucleari.

2011 – Il 51,2% dei votanti del canton Berna si è espresso in febbraio a favore di una nuova centrale a Mühleberg. Si è trattato però di una votazione consultiva, senza valore vincolante.

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