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Il diritto d’asilo più severo d’Europa

Hans Lunshof. SP

Hans Lunshof, responsabile dell'unità dell'HCR incaricata delle relazioni con la Confederazione, si dice inquieto per la revisione del diritto d'asilo in Svizzera.

L’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati (HCR) ritiene che alcune disposizioni elvetiche sono tra le più severe in Europa.

swissinfo: Come valuta l’HCR la nuova legge sull’asilo dibattuta nel Parlamento svizzero?

Hans Lunshof: L’Alto commissariato per i rifugiati ha seguito sin dall’inizio la revisione della legge sull’asilo, revisione che è diventata sempre più severa. La Svizzera però non si trova più sotto pressione a causa di un forte afflusso di rifugiati. Il contesto era quindi favorevole per una revisione più efficace e più equa.

Tuttavia, il Parlamento elvetico ha adottato delle misure che non permettono più di svolgere un esame approfondito di tutte le richieste d’asilo.

swissinfo: Quali sono i punti problematici di questa legge?

H.L.: Siamo particolarmente preoccupati per l’inasprimento delle disposizioni concernenti i richiedenti l’asilo privi di documenti di viaggio o di identità. Questi provvedimenti esistevano già nella vecchia legge, ma erano previste molte più deroghe.

Le nuove norme svizzere diventano così ancora più restrittive rispetto alle altre legislazioni europee. Vi è il rischio che l’applicazione di questa legge sia contraria alla Convenzione internazionale sui rifugiati del 1951.

swissinfo: Più che all’enunciato di questa nuova legge, l’HCR sarà dunque particolarmente attento alla sua applicazione?

H.L.: Esattamente. Siamo sempre in contatto con l’Ufficio federale delle migrazioni, con il quale abbiamo una buona cooperazione. Veglieremo affinché ogni singolo caso sia trattato in conformità con la Convenzione del 1951.

swissinfo: La preoccupano anche altri aspetti della nuova legge?

H.L.: Siamo inquieti a causa della soppressione dello statuto umanitario per tutte quelle persone che non rientrano nella definizione di rifugiato contenuta nella Convenzione del 1951. Una definizione molto stretta e limitata a motivi che non corrispondono alla realtà vissuta da numerosi rifugiati.

In effetti, in questi ultimi anni molte persone sono fuggite da regioni in preda ad una violenza generalizzata. È il caso per esempio della Bosnia durante gli anni ’80 e ’90. Spesso queste persone non sono perseguitate individualmente e perciò non rientrano nella definizione del 1951.

Però arrivano da un paese in preda alla guerra civile e necessitano di una protezione internazionale. Non possono essere respinte senza problemi nei loro paesi d’origine.

swissinfo: La nuova legge non ha tuttavia cancellato l’aiuto d’urgenza ai richiedenti l’asilo la cui domanda è stata respinta.

H.L.: Bisogna distinguere chiaramente l’aiuto per le persone la cui domanda d’asilo è stata respinta e lo statuto legale dei civili che fuggono da un paese in preda ad una violenza generalizzata.

Lo stesso Ufficio federale della migrazione riconosce che la maggior parte delle persone che hanno ricevuto un’ammissione provvisoria finiscono per restarre in Svizzera. È la realtà. Bisogna che la legge risponda creando uno statuto legale che permetta per esempio il ricongiungimento familiare.

Queste persone che hanno già subito le conseguenze di un conflitto hanno il diritto ad una vita più o meno normale. Se sono tenute in una situazione vaga e precaria, c’è il rischio che le loro condizioni di vita peggiorino ancora.

swissinfo: Cosa direte alle autorità svizzere?

H.L.: Migliorare l’accesso al mercato del lavoro per queste persone – una misura annunciata recentemente dal Governo – è un passo positivo. Manca però, lo ripeto, la possibilità del ricongiungimento famigliare.

Continueremo quindi a lavorare con le autorità elvetiche affinché la Svizzera raggiunga il livello minimo in materia di diritto d’asilo in vigore nell’Unione Europea, secondo quanto stipula la direttiva europea adottata nel 2004.

Intervista swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione: Daniele Mariani)

Stando all’HCR, il mondo contava circa 9,2 milioni di rifugiati alla fine del 2004. Un cifra in diminuzione del 4% rispetto all’inizio del 2004 e del 24% rispetto al 2000.

Alla fine del 2004, i cinque paesi d’accoglienza principali erano l’Iran (oltre un milione di rifugiati), il Pakistan (960’000), la Germania (877’000), la Tanzania (602’000) e gli Stati Uniti (421’000).

In quel momento la Svizzera dava ospitalità a circa 80’000 profughi, di cui 24’000 con lo statuto di rifugiati e 23’000 ammessi a titolo provvisorio.

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