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Il destino dei minareti sarà rivelato dalle urne

Keystone

Proibire i minareti per combattere i fondamentalismi islamici sarebbe una misura inutile, discriminatoria e controproducente. Al termine di un lungo dibattito emozionale la maggioranza della Camera bassa del parlamento svizzero ha bocciato l'iniziativa popolare che vuole vietarli. L'ultima parola spetterà al popolo.

La maggioranza del Consiglio nazionale (Camera bassa) , infatti, mercoledì non ha accolto la proposta di una minoranza della sua Commissione delle istituzioni politiche, di dichiarare nulla l’iniziativa, poiché contraria al diritto internazionale.

In nome della minoranza, il deputato socialista zurighese Andreas Gross ha sottolineato l’importanza “fondamentale” della libertà religiosa per l’ordinamento internazionale della convivenza pacifica dei popoli. La sua violazione è dunque un motivo giuridico sufficiente per dichiarare irricevibile un’iniziativa, che “mina la democrazia”, ha argomentato Gross.

La via indicata dal socialista è stata appoggiata dal suo partito, come pure dal gruppo dei Verdi. Per l’ecologista zughese Josef Lang, si tratta di lanciare un segnale chiaro: far capire che nessuno è al di sopra delle leggi e può fare tutto quello che vuole, nemmeno il popolo.

Lang ha ricordato che, con la revisione totale della Costituzione federale, nel 1999, la Svizzera è diventata uno Stato secolare di pieno diritto. Ha quindi esortato la Camera a “difendere le conquiste di questo Stato secolare e dichiarare nulla l’iniziativa”.

A far pendere l’ago della bilancia in favore della validazione dell’iniziativa promossa da rappresentanti dell’Unione democratica di centro (UDC) e dell’Unione democratica federale (UDF) hanno invece contribuito gli esponenti dei partiti di centro-destra. Pur essendo decisamente contrari a questo divieto, sia il Gruppo liberale radicale, sia quello composto di popolari democratici, evangelici e verdi liberali hanno preferito la soluzione scelta dall’esecutivo.

Costoro hanno condiviso il parere governativo e della maggioranza della commissione, secondo il quale, questo testo non viola il diritto internazionale obbligatorio.

Un dibattito fiume

La maggior parte della quarantina di oratori intervenuti durante le oltre quattro ore di dibattiti ha comunque posto l’accento sugli argomenti a favore o contro il divieto di costruire minareti in Svizzera. L’accesa discussione in Consiglio nazionale ha già fatto presagire quali saranno i toni della campagna per la votazione.

Gli oppositori hanno rilevato che questa iniziativa non rispetta disposizioni della Convenzione europea dei diritti umani, quali la libertà di religione e di convizione e il divieto di discriminazione, come pure regole analoge contenute nel Patto II dell’ONU. Essa è anche contraria a principi fondamentali ancorati nella Costituzione federale, come l’uguaglianza, la libertà di coscienza e di credo, la garanzia di proprietà, il principio di proporzionalità.

I sostenitori hanno invece ribadito di voler bandire i minareti non come simbolo di una religione, bensì come simbolo di potere e di conquista islamici. Che questo elemento architettonico non sia necessario nell’esercizio della fede musulmana è peraltro dimostrato dal fatto che “anche nei paesi islamici ci sono migliaia di moschee senza minareto”, ha affermato l’UDC solettese Walter Wobmann, che è anche il presidente del comitato d’iniziativa. “Il minareto, il muezzin e la sharia sono elementi di un’unica rivendicazione: il potere dell’islam”, ha rincarato.

Il minareto è un simbolo religioso alla stessa stregua di un campanile: vietarlo creerebbe insicurezza e odio, ha replicato la popolare democratica argoviese Ruth Humbel Näf.

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Consiglio nazionale

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Una storia che si ripete

Josef Lang ha ricordato che argomenti analoghi a quelli dei promotori dell’iniziativa nei secoli passati sono stati usati nelle lotte religiose fra cattolici e protestanti, come pure contro gli ebrei. L’ecologista ha quindi messo in guardia sul pericolo di spalancare le porte a una guerra di religioni. Un rischio evidenziato anche da altri.

“Questa iniziativa non risolve alcun problema, ma al contrario ne crea”, ha affermato la popolare democratica zurighese Kathy Riklin. Il risultato sarebbe esattamente l’opposto dell’obiettivo di combattere i fondamentalismi islamici, hanno affermato numerosi oratori, accusando i sostenitori dell’iniziativa di attizzare le paure e di far leva sulle insicurezze della gente.

Coloro che vogliono avere a tutti i costi i minareti sono persone che disprezzano i valori democratici, che non hanno nessun rispetto per le donne, ha tuonato l’UDC sangallese Jasmin Hutter, parlando di “islamizzazione strisciante” nella Confederazione. Rivelatore delle preoccupazioni femminili di fronte all’espansione islamica in Svizzera è, stando alla Hutter, il numero elevato di donne, di ogni età e partito, che hanno firmato l’iniziativa.

Le donne e l’islam

L’argomento della condizione femminile nell’islam è stato evocato anche da altri sostenitori dell’iniziativa, facendo infuriare diversi oppositori. La Chiesa cattolica non permette alle donne di diventare preti, perché non volete proibire i campanili?, ha chiesto ironicamente il popolare democratico Jacques Neirynck.

Questa iniziativa non ha nulla a che vedere con i diritti delle donne, ha dichiarato Marina Carobbio Guscetti. La socialista ticinese ha poi rilevato la contraddizione dei due partiti che sostengono l’iniziativa a volersi erigere improvvisamente a difensori dei diritti femminili, quando al loro interno non si sono mai distinti per la promozione della parità fra i sessi.

Il voto finale della Camera non ha comunque riservato sorprese. Con 128 suffragi contro 53 e 5 astensioni, l’iniziativa è stata dichiarata valida. Con 129 voti contro 50 e 7 astensioni, il Consiglio nazionale ha d’altra parte deciso di raccomandare all’elettorato di respingerla. Dapprima l’iniziativa dovrà ancora essere esaminata dal Consiglio degli Stati (Camera alta). Ma è praticamente scontato che i senatori seguiranno la stessa linea.

swissinfo, Sonia Fenazzi

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Iniziativa popolare

Questo contenuto è stato pubblicato al L’iniziativa popolare permette ai cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Per essere valida, deve essere sottoscritta da almeno 100’000 aventi diritto di voto nello spazio di 18 mesi. Il Parlamento può decidere di accettare direttamente l’iniziativa. Può pure rifiutarla o preparare un controprogetto. In ogni caso viene comunque organizzato un voto popolare. Per essere…

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3 maggio 2007: un comitato composto essenzialmente di rappresentanti dell’Unione democratica di centro e dell’Unione democratica federale (partiti di destra nazional-conservatrice) lancia l’iniziativa popolare “contro l’edificazione di minareti”. Essa chiede l’introduzione di un nuovo articolo nella Costituzione federale che sancisce tale divieto.

8 luglio 2008: i promotori depositano il testo corredato di oltre 113’540 firme valide. A sorpresa, il governo il giorno stesso dirama una presa di posizione in cui annuncia che inviterà parlamento, popolo e cantoni a respingere l’iniziativa.

27 luglio 2008: l’esecutivo elvetico trasmette il messaggio al parlamento, invitandolo a bocciare l’iniziativa senza opporle alcun controprogetto. Pur rilevando difficoltà di applicazione, contraddizioni con principi fondamentali della Svizzera e incompatibilità con alcune disposizioni internazionali, il governo giudica che il testo non viola le regole imperative del diritto internazionale. Perciò chiede di sottoporla a votazione federale, raccomandando all’elettorato di rifiutarla.

23 ottobre 2008: La commissione delle istituzioni politiche della Camera bassa, con 16 voti contro 7 e un astenuto, adotta la proposta del governo. Respinge invece due opzioni di minoranza: una chiede di approvare l’iniziativa, l’altra domanda di dichiararla nulla.

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