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Il coronavirus dà una spinta al settore turistico ticinese

persone in riva a un fiume
Il cantone a sud delle Alpi ha registrato il pienone di turisti in questi primi sei mesi del 2021. Keystone / Alessandro Crinari

Nel primo semestre dell'anno il settore alberghiero svizzero ha registrato una ripresa, anche se si è ancora lontani dai numeri pre-pandemia. Unica eccezione il Ticino, che ha ampiamente approfittato del boom della domanda indigena.

Tra gennaio e giugno nella Confederazione sono stati registrati 11,4 milioni di pernottamenti. Rispetto allo stesso periodo del 2020, la crescita è del 14%. Tuttavia, il dato è di gran lunga inferiore ai 18,8 milioni del primo semestre 2019.

Come già si sapeva, a spingere il settore sono stati principalmente gli ospiti svizzeri (+55% a 9,2 milioni), mentre è crollata la domanda estera (-45% a 2,2 milioni e -79% rispetto al 2019).

L’evoluzione dei singoli mesi si è rivelata gioco forza fortemente dipendente dalle restrizioni legate alla pandemia, con una punta del +802% per aprile. Giugno – i dati sono nuovi – presenta un incremento su base annua del 55% a 2,3 milioni di notti.

A gonfie vele in Ticino

Tornando ad osservare l’intero semestre, a livello di regioni turistiche dieci su tredici mostrano un aumento su base annua: il più marcato viene fatto segnare dal Ticino (+173% a 1,2 milioni), che è anche l’unica zona che mostra una crescita, pari al 27%, nel confronto con la prima parte del 2019. Il cantone italofono ha approfittato del boom della domanda indigena: +234% sull’arco di un anno.

Per il cantone a sud delle Alpi, questo risultato è il migliore dell’ultimo ventennio.

I Grigioni segnano +6% a 2,2 milioni, ma sono ancora in perdita rispetto a 2,7 milioni del corrispondente periodo del 2019. Ancora più marcati, nel confronto con il periodo pre-crisi, sono però i cali di Berna, Vallese, Svizzera centrale e soprattutto di realtà urbane come Zurigo e Ginevra, che hanno subito un’ulteriore perdita (rispettivamente del 24% e del 31%) rispetto ai già deboli primi sei mesi 2020.

Guardando ai paesi di provenienza degli ospiti e limitando lo sguardo al confronto semestrale fra 2021 e 2020, spicca l’arretramento di tedeschi (-20%), italiani (-21%), inglesi (-84%) americani (-78%), cinesi (-92%) e cittadini dei paesi del Golfo (-75%). In contro tendenza, oltre ai francesi (+3%), sono polacchi (+137% a 118’000 notti: è ormai la quarta comunità di provenienza in ordine di importanza), slovacchi (+29%), rumeni (+24%) e bulgari (+12%).

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