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Il cinema svizzero sulla Croisette

Per Cannes un 64esimo cartellone molto 'glamour' SP

La 64esima edizione del Festival di Cannes si è aperta mercoledì. Tra i film proposti nella selezione «Quinzaine des réalisateurs» figurano «Nuvem – Le Poisson Lune» del giovane cineasta Basil Da Cunha e «Corpo Celeste» di Alice Rohrwacher.

La Svizzera è un paese ricco e accogliente, dove c’è lavoro per tutti. Per tanto tempo, questa confortante leggenda ha alimentato l’immaginario di numerosi lavoratori emigrati europei ed è stato trasposto sul grande schermo dall’italiano Franco Brusati, che ne ha saputo ricavare una commedia graffiante, ricca di mille aneddoti tragicomici («Pane e cioccolata» del 1972).

Un tema, quello dell’emigrazione, che ha spesso appassionato i registi, come ad esempio Elena Hazanov («La Traductrice») e Fernand Melgar («La fortezza»), per citare due tra le pellicole svizzere più recenti. Una fiction e un documentario che raccontano, ognuno alla sua maniera, l’arrivo in Svizzera di stranieri e la storia di un’integrazione difficile.

Emigrazione di ritorno

Il nuovo film presentato a Cannes, intitolato «Corpo Celeste», effettua il cammino in senso inverso. Parte dal Ticino per finire in Italia, più precisamente in Calabria, dove la piccola Marta, 13 anni, dopo un’infanzia trascorsa a Lugano è appena giunta con la madre e la sorella.

Siamo nel 2010. Il film inizia appunto con l’arrivo di Marta (Yle Vianello) a Reggio Calabria, città che ha lasciato poco dopo la nascita, in seguito alla decisione del padre di trasferirsi in Svizzera. Un eldorado elvetico ormai nascosto nella memoria della giovane, che non lo evoca, ma da cui deve liberarsi se vuole trovare un suo posto in questa regione del Mezzogiorno.

«C’è stato un tempo in cui per gli italiani paesi come la Svizzera o la Germania erano sinonimi di liberazione, spiega la regista Alice Rohrwacher, 28 anni. Con la mondializzazione, molte cose sono cambiate: le condizioni di lavoro sono un po’ le stesse in tutta Europa. Conosco molti italiani, stabilitisi in Svizzera all’inizio degli anni ’90, che oggi preferiscono rientrare a casa loro».

Un rientro però non sempre facile, in particolare per la differenza sociale e di mentalità tra nord e sud. Un sud dove Marta è nata, ma dove si sente estranea. «Il film mostra come si impara a familiarizzarsi con la propria cultura, prosegue Alice Rohrwacher, nata in Toscana da padre tedesco. In Calabria, Marta è confrontata a una realtà molto diversa da quella che si era immaginata. Si trova di fronte una società che vuole avvicinarsi alla modernità ad ogni costo, mantenendo nello stesso tempo le sue vecchie tradizioni di vita cattoliche». Ed è proprio attraverso i corsi di catechismo che la ragazza dovrà imparare ad integrarsi.

«Corpo Celeste», coproduzione italo-franco-svizzera, sarà presentato a Cannes nella sezione «Quinzaine des réalisateurs», così come «Nuvem-Le Poisson Lune», cortometraggio che abbiamo potuto visionare, realizzato dal cineasta svizzero di origine portoghese Basil Da Cunha, studente alla Haute École d’Art et de Design di Ginevra.

Un cartomante e un pagliaccio

In portoghese «Nuvem» significa «Nuvola». È il nome dell’eroe, purché si possa chiamare «eroe» un giovane ‘borderline’, sorta di barbone celeste alla Beckett. Il film stravolge i punti di riferimento dello spettatore, con una sincerità toccante e un’innocenza divertente. Spetta così al pubblico ritrovare i pezzi di una vita d’erranza, quella che Nuvola (Nelson Duarte) ha perso nell’aria del tempo.

L’aria è quella di una ‘favela’ di Lisbona spazzata dal vento dell’oceano. Nuvola ha una piccola barca con la quale vorrebbe pescare un pesce luna da offrire alla giovane che ama. Prima di levare l’ancora, il giovane si perde però nei dedali di questa ‘favela’ abitata da pescatori sfaccendati, da giocatori di carte esaltati, da un cartomante e da un pagliaccio, due baluardi contro una realtà dalla quale Nuvola cerca di fuggire con tutte le sue forze.

Girato con la telecamera in spalla, il film ha il tremolio proprio dei sogni. Qualcosa ondeggia nell’immagine. E qualcosa ondeggia nella testa di Nuvola, alla ricerca di una felicità vaga. Questo dondolio e l’atmosfera surrealista che genera, fanno pensare un po’ al grande poeta portoghese Fernando Pessoa. Ne parliamo con Basil Da Cunha, che si dice «fiero del paragone», ma afferma di essersi ispirato soprattutto a Pedro Costa, cineasta pure portoghese.

Il sogno, importante per ogni vita

Come Pedro Costa, Basil Da Cunha ha scelto un modo di girare simile a quello del documentario, rimanendo vicino a una società marginalizzata per la sua mancanza di soldi, il suo colore della pelle (gli attori, non professionisti, sono originari di Capo Verde) e la sua cultura (nel film si parla creolo).

Basil Da Cunha non ha però voluto «relegare i suoi personaggi in ruoli prefabbricati». «Ho integrato al mio soggetto e ai miei dialoghi una gran parte di irreale – precisa. Era il miglior modo per andare oltre la problematica sociale. Il mio film non ha nulla a che vedere con un’opera impegnata. Non difendo la causa dei poveri o dei vagabondi, mostro solo quanto il sogno sia importante in ogni vita».

Alice Rohrwacher ha 28 anni ed è nata in Toscana, da padre tedesco e madre italiana.

La giovane si è laureata in letteratura e filosofia all’Università di Torino.

«Corpo Celeste» è il suo primo lungometraggio. È coprodotto dalla società ticinese Amka Films.

Il regista svizzero di origine portoghese è nato il 19 luglio 1985; attualmente studia alla Haute Ecole d’Art e de Design di Ginevra, sezione cinema.  

Prima di diventare membro dell’Associazione Thera Production, ha realizzato diversi cortometraggi autoprodotti.  

Il suo precedente film, intitolato

«À côté», è stato nominato per il Premio del cinema svizzero 2010. 

Ha inoltre realizzato il cortometraggio «La loi du Talion» (2008). 

Il primo regista svizzero premiato a Cannes è stato Alexandre Seiler, che nel 1963 ha ottenuto la Palma d’oro del miglior cortometraggio per «A fleur d’eau/In wechselndem Gefälle».

Nel 1973, Claude Goretta è stato invece ricompensato con il Premio speciale della giuria per il suo lungometraggio «L’invito».

In tempi più recenti, sulla Croisette si sono distinti Frédéric Mermoud («Le créneau», 2007), Ursula Meier («Home», 2008), Jean-Luc Godard («Film Socialisme», 2010) e Jean-Stéphane Bron («Cleveland contro Wall Street», 2010).

Traduzione di Daniele Mariani

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