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Il cervello e la medicina di genere

Neuroscienziati controllano l attività cerebrale di una persona durante un esperimento.
Neuroscienziati controllano l'attività cerebrale di una persona durante un esperimento nel tomografo a risonanza magnetica dell'Ospedale Universitario di Zurigo. Keystone / Martin Ruetschi

Uomini e donne non sono uguali nei sintomi, nell'incidenza e nella risposta alle cure di diverse malattie. È il tema di cui occupa la medicina di genere che analizza anche pregiudizi e generalizzazioni legate alle patologie, anche quelle cerebrali.

Lo sa bene la neuroscienziata Antonella Santuccione Chadha, che cinque anni fa ha fondato il “Women’s Brain Project”Collegamento esterno, un’organizzazione non-profit che con un team internazionale di ricercatori studia le malattie della mente e l’accesso alla medicina di precisione, con particolare riguardo a come e quanto i fattori di sesso e di genere influenzano la salute del cervello.

“Quello che noi sappiamo -spiega la medica- è che sia dal punto di vista del codice genetico, dunque del DNA, sia dell’ambiente e dello stile di vita vi sono delle differenze tra uomini e donne per certe patologie, non soltanto in termini di numero, quindi di incidenza e prevalenza di una malattia, ma anche per quanto riguarda il modo in cui la malattia progredisce e viene diagnosticata e deve poi anche essere curata”. È noto che le donne soffrono più frequentemente della malattia di Alzheimer, ma anche di depressione, ansia, emicrania, sclerosi multipla, gli uomini invece del morbo di Parkinson.

Medico, patologo clinico con profonda conoscenza delle neuroscienze e delle malattie del cervello e della mente, oltre ad essere co-fondatrice e CEO dell’organizzazione non-profit “Women’s Brain Project” è anche Head of Stakeholder Engagement presso Biogen.  Ha una vasta esperienza nella ricerca preclinica, nel trattamento dei pazienti, nello sviluppo clinico dei farmaci, negli affari medici e regolatori, ma anche nella creazione del quadro normativo internazionale per la malattia di Alzheimer. È vicepresidente di Euresearch. Dal 2018 è annoverata tra le “Top 100 Women” in Svizzera. Nel 2019 è stata eletta donna dell’anno in Svizzera dalla rivista Women in Business. Nel 2020 le è stato conferito il Premio Mondiale per la Sostenibilità, condiviso con il WBP team.

Stando ad Antonella Santuccione Chadha,  ancora oggi nella scienza queste differenze non vengono considerate a sufficienza e con il “Women’s Brain Project” si urla una verità scomoda, e cioè che le donne in passato, ma anche oggi sono sottorappresentate negli studi clinici, non solo per quanto riguarda le malattie neurologiche, ma in generale tutta la medicina.

“La Svizzera però -si rallegra la specialista- sta iniziando ad esser pioniera in questo campo. Non solo perché su nostra proposta a Basilea c’è interesse a creare un istituto di medicina di precisione che tiene conto del genere del sesso. All’Università di Berna e Zurigo si propongono corsi di studi avanzati – tra i primi a livello europeo – per capire proprio le differenze di sesso e di genere nella medicina. In Svizzera si è coscienti che occorre investire in questo ambito per migliorare la salute di tutti noi e ne sono orgogliosa.”

Antonella Santuccione Chadha è anche convinta che questo nuovo approccio aprirà delle grandi opportunità per migliorare lo sviluppo dei farmaci e delle soluzioni tecnologiche, e permetterà a medici e ricercatori di prevedere con maggiore precisione quali strategie di trattamento e prevenzione per una particolare malattia funzioneranno per quali gruppi di persone.

“Del resto con la pandemia – ricorda la dottoressa- ci si è resi conto di quanto siano importanti le differenze di genere e sesso. Il coronavirus ha una maggiore incidenza nella popolazione maschile rispetto a quella femminile, nonostante le donne siano la forza lavoro preponderante sul fronte dove vanno a prestare assistenza ai malati gravi di Covid”.

Tra gli obbiettivi del “Women’s Brain Project” vi è anche quello di sensibilizzare il vasto pubblico sull’importanza di prendersi cura della salute mentale. È noto che tutto quello che fa bene al cuore fa bene al cervello: ad esempio camminare. È poi centrale nutrirsi in maniera corretta, diminuire l’apporto di zuccheri, tenere sotto controllo patologie come il diabete e l’ipertensione.

Ed è inoltre fondamentale restare socialmente attivi. Santuccione non si stanca di ribadire: il cervello è parte di noi come il cuore, i reni, il fegato. Quando quest’ultimo si ammala, ad esempio diventiamo gialli perché subentra l’ittero. Quando si ammala il cervello cambia invece il nostro modo di comportarci, il nostro modo di funzionare. Ma questo non giustifica il fatto che vi sia una stigmatizzazione, una paura, una riluttanza a parlare di queste tematiche, che ancora troppo spesso sono un tabù.

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