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Il Caucaso scosso da un conflitto identitario

Reuters

Le ostilità nella regione hanno concentrato l'attenzione internazionale su un'area poco conosciuta in Occidente: swissinfo ha chiesto all'esperto Eric Hoesli di analizzare i vari aspetti del conflitto.

Durante gli scorsi giorni, il Caucaso è diventato teatro di un conflitto: la Georgia è intervenuta militarmente nei confronti della provincia secessionista dell’Ossezia del sud, provocando così la reazione armata della Russia in aiuto ai ribelli.

La situazione si è poi rapidamente aggravata: i combattimenti si sono estesi dall’Ossezia del sud al resto della Georgia e l’aviazione russa ha bombardato la città di Gori (a un’ottantina di km da Tbilisi); le truppe georgiane si sono ritirate per difendere la capitale da un eventuale attacco.

Martedì, il presidente russo Dimitri Medvedev ha annunciato la fine delle ostilità, affermando che il compito della Russia nella regione «è stato portato a termine». Egli ha comunque aggiunto che i soldati manterranno le posizione e, in caso di ulteriori tensioni, il Cremlino non esiterà a ricorrere nuovamente alla forza.

Il presidente georgiano Mikhail Saakhasvili ha invece annunciato l’uscita della Georgia dalla Comunità degli Stati Indipendenti, raggruppante i paesi dell’ex Unione sovietica tranne gli Stati baltici. Contemporaneamente, la diplomazia internazionale, segnatamente Nicolas Sarkozy – in veste di presidente di turno dell’Ue -, sta cercando di portare al tavolo delle trattive Mosca e Tbilisi.

Interpellato da swissinfo, Eric Hoesli – profondo conoscitore della regione – ha spiegato i retroscena di questa crisi.

swissinfo: Per quale motivo gli osseti sono stati aiutati dai russi? Quale è la relazione tra questi due popoli?

Eric Hoesli: Gli osseti sono tradizionalmente fedeli alleati della Russia, che rappresenta il grande vicino settentrionale nonché il loro maggior mercato. Da lungo tempo l’Ossezia ha stretti legami economici, intellettuali e politici con la Russia.

swissinfo: E i rapporti tra Ossezia e Georgia?

E.H.: Anche con i georgiani sussistono forti legami storici. Gli osseti controllano il più importante passo del Caucaso e si sono di conseguenza insediati lungo la parte meridionale delle montagne.

Dopo il crollo dell’Unione sovietica, le minoranze osseta e abkhaza si trovarono confrontate con una Georgia alla ricerca della propria identità, desiderosa di mostrare che il paese costituiva un’entità singola, un solo popolo e una sola lingua.

Al momento dell’indipendenza, la Georgia era guidata da un leader nazionalista che decise di porre fine allo statuto autonomo di cui godevano queste minoranze durante l’epoca sovietica, inserendole così nell’ordinamento amministrativo georgiano.

Di conseguenza, si sviluppò un conflitto tra due tipi di nazionalismo: da un lato quello georgiano – facilmente comprensibile dopo la liberazione dalla tutela sovietica –, dall’altro quello delle minoranze, meno legate alle Georgia e private della possibilità di chiedere aiuto a Mosca come avveniva in precedenza.

swissinfo: Ma la Georgia non ha recentemente tentato di migliorare la situazione di questi popoli e di accordare loro maggiore autonomia?

E.H.: Durante gli ultimi anni, da parte georgiana sono effettivamente giunte parecchie concessioni all’Abkhazia e all’Ossezia del sud. Vi sono tuttavia stati due fattori che hanno impedito uno sviluppo positivo in questo senso.

In primo luogo, l’aiuto fornito dai russi è sempre stato più immediato e in grande stile: a titolo di esempio, hanno costruito un oleodotto attraverso le montagne per rifornire gli osseti. D’altro canto, è altrettanto chiaro che Mosca ha sfruttato il conflitto a proprio favore, con il supporto dell’Ossezia.

Il secondo fattore risulta dal fatto che i georgiani hanno formulato molte promesse, ma a livello pratico la loro politica nei confronti delle minoranze lascia molto a desiderare.

swissinfo: Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili sta utilizzando la situazione attuale per aumentare la sua popolarità?

E.H.: Saakashvili ha probabilmente fatto diverse considerazioni. Egli deve aver pensato che, se gli eventi fossero precipitati e la Russia fosse intervenuta – come è stato il caso –, ciò avrebbe provato che la Georgia non è in grado di difendersi da sola contro la pressione di Mosca, e che la Nato è l’unico interlocutore da cui ottenere aiuto.

Evidentemente, agendo in tal modo il presidente corre anche un rischio importante, ossia quello di diffondere l’impressione che la Georgia non è un partner affidabile, in quanto si è assunto un enorme rischio provocando l’intervento russo.

Inoltre, lo status quo è sfavorevole alla Georgia: l’Ossezia del sud è stata de facto indipendente per oltre 15 anni.

swissinfo: Quali sono gli interessi occidentali nella regione?

E.H.: Gli interessi sono molteplici. In primo luogo, la Georgia si trova al confine con la Russia e la Turchia, ed è pure molto vicina all’Iran. Vista la sua posizione geografica, la regione è strategicamente importante, soprattutto per gli Stati Uniti.

Inoltre, la Georgia è situata sul corridoio est-ovest che costeggia la Russia, attraverso il quale possono passare le forniture energetiche senza attraversare il territorio russo.

Vi è inoltre un aspetto legato ai valori condivisi: dopo l’indipendenza, la Georgia non ha aspirato soltanto a un’integrazione economica con l’occidente, ma anche culturale e politica. Il paese desidera infatti entrare a far parte dell’Unione europea e della Nato.

Dal punto di vista della Russia, direi che l’interesse maggiore è proprio quello di impedire ai georgiani di raggiungere l’Alleanza atlantica. Per i georgiani, le sfide maggiori sono due: riacquistare l’integralità territoriale e cercare di entrare nella Nato senza il sostegno di Mosca.

swissinfo: Quale può essere il ruolo della Svizzera in questo contesto?

E.H.: La Confederazione è stata abbastanza attiva in Georgia dopo l’indipendenza. La Direzione per lo sviluppo e la cooperazione ha diversi collaboratori attivi nella regione.

La Svizzera ha molti elementi in comune con i georgiani: siamo entrambi popoli di montagna, senza particolari risorse naturali; inoltre, tutti e due i paesi sono Stati multiculturali.

Ciononostante, il margine di manovra per la Confederazione è esiguo, e la sua precipitazione nel riconoscere l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia non le ha certo assicurato un ruolo di primo piano.

swissinfo, intervista di Julia Slater
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

Gli osseti vivono sulle pendici della catena caucasica, controllando il passo principale. L’Ossezia è divisa in due parti: quella settentrionale è parte della Federazione russa, quella meridionale della Georgia.
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica e la susseguente indipendenza georgiana, l’Ossezia del sud si era a suo volta dichiarata indipendente da Tbilisi, unitamente all’Abkhazia, un’altra regione georgiana autoproclamatasi indipendente.
A partire dal 2004, il presidente georgiano Mikheil Saakachvili ha tentato con decisione di reintegrare le regioni separatiste, suscitando diversi incidenti militari sfociati nel conflitto.

Il conflitto è iniziato la scorsa settimana nell’Ossezia del sud, quando la Georgia ha tentato di riacquisire il controllo della regione separatista, provocando così la reazione militare russa a sostegno dei ribelli.

I bombardamenti hanno causato morti e feriti in numero ancora incerto nonché la fuga di migliaia di persone da ambo le parti. Il Comitato internazionale della Croce rossa e altri operatori umanitari hanno subito inviato aiuti nella regione.

Gli sforzi in favore di una tregua sono stati condotti principalmente dalle potenze occidentali: il presidente Sarkozy si è recato a Mosca e il suo piano – che prevede la fine delle ostilità, l’accesso agli aiuti umanitari e la discussione sul futuro di Ossezia e Abkhazia – è stato accettato dalla Russia.

Hoesli è nato nel 1957 nel cantone di Vaud. Dopo la laurea in diritto all’università di Losanna, ha completato gli studi specializzandosi a Ginevra nel settore dell’aiuto allo sviluppo.

Ha lavorato per numerosi giornali svizzeri ed è attualmente direttore regionale della società editrice Edipresse a Losanna.

Eric Hoesli ha soggiornato in Russia a più riprese, occupandosi tra l’altro della guerra in Cecenia. Nel 2006, egli ha inoltre pubblicato uno studio sulla situazione nel Caucaso.

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